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Fiorano: celebrazione Caduti 15 Febbraio 1945


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Domenica 14 febbraio 2010, il Comune di Fiorano Modenese si riunisce in Piazza Ciro Menotti per celebrare il 65° Anniversario dei Caduti del 15 Febbraio 1945, l’eccidio di 5 Partigiani, uccisi dai Tedeschi per rappresaglia.

Alla ore 9 in Piazza Ciro Menotti avverrà il raduno dei partecipanti e il concerto della Banda di Solignano. Alle ore 10 il corteo raggiungerà la Chiesa Parrocchiale di Fiorano per la celebrazione della Santa Messa. Alle ore 10.45 seguono la posa delle corone al Monumento ai Caduti, il saluto del Sindaco Claudio Pistoni e il concerto conclusivo della Banda di Solignano.

Racconta il dott. Giulio Roccavilla in una sua memoria: “Nella notte fra l’11 ed il 12 febbraio 1945, venne ucciso un tedesco a Fiorano in via Roma (oggi via Gramsci). In paese il mattino dopo regnavano angoscia e terrore per la probabile rappresaglia tedesca; molti uomini fuggirono sulle colline, anch’io volevo scappare ma c’era il gelo e mio padre era a letto con una grave forma di influenza. Decidemmo perciò che io mi nascondessi, come al solito, sotto le fascine in cantina. Il giorno dopo si seppe per Fiorano che forse il pericolo per il paese e per la popolazione era diminuito, ma purtroppo altri nostri fratelli stavano per essere uccisi: cinque partigiani già catturati dai tedeschi e fascisti erano stati portati da Modena a Fiorano e tenuti sorvegliati in attesa di decisioni che sembravano sempre più tragiche. E venne infatti l’orribile sera del 15 febbraio: noi eravamo già in casa per il coprifuoco, i tedeschi cominciarono a girare per il paese ed a presidiare gli incroci stradali. Io udendoli ero, già terrorizzato, nascosto in cantina. Poco dopo si sentì la sinistra mitraglia tedesca sparare nella piazza del paese e cinque nostri fratelli venivano barbaramente massacrati: fra essi un giovane di Modena che abitava vicino a casa mia, Raimondo Dalla Costa” (20 anni). Con lui furono uccisi Giuseppe Malaguti (42 anni, con moglie e tre figli), Riccò Rubes (19 anni), Filippo Bedini (25 anni), Tauro Gherardini (23 anni, con moglie e due figli).

Da quel 1945 ogni anno si ripete il pellegrinaggio dei parenti e dei fioranesi al muro ove furono legati e assassinati, dal 1976 inserito nel Monumento ai Caduti di Piazza Ciro Menotti.

Un altro testimone oculare così ha raccontato quello che ha visto: “Io avevo undici anni quando hanno fucilato quei poveretti lì contro. Abitavo lì e ho visto tutto. Arrivavo al davanzale con gli occhi e ho visto e sentito tutto. Li hanno messi in fila lì davanti e hanno sparato. Alcuni non erano neanche morti del tutto e si sentivano i loro lamenti. Faceva freddo, c’era la neve in terra. Era il 15 febbraio. E non li hanno mica portati via. Li hanno lasciati lì in terra perché tutti dovevano vederli e imparare la lezione. C’era il sangue sulla neve e questi corpi lì sdraiati… Poi, se Dio ha voluto, il Cappellano con un carro li ha caricati e portati via”.

Dal racconto dei familiari di Filippo Bedini: “Il 12 febbraio 1945 alle Ferrovie Provinciali verso sera la sorella Maria, mentre era sul treno in partenza per Castelnuovo Rangone ove era sfollata, vide arrivare dei tedeschi che scaricavano da un camion alcuni prigionieri con le mani legate. Tra questi riconobbe il fratello Filippo; scese dal treno e si avvicinò al gruppo; un tedesco le puntò il fucile contro, dicendo che erano partigiani e che venivano portati all’impiccagione. Maria supplicò per avvicinare Filippo; guardava quegli uomini muti che le facevano cenni incomprensibili e si fece forza chiedendo di poter almeno baciare il fratello. Glielo concessero purché non parlasse e lei lo baciò in silenzio poi venne allontanata. Uno sguardo di Filippo le disse che gli avrebbe fatto piacere che lei rimanesse e il suo treno partì senza di lei. Arrivò poi un altro treno sul quale i tedeschi caricarono i prigionieri. Maria li seguì salendo nel vagone merci dove erano stipate biciclette e cose varie. Il treno partì; ad ogni stazione la sorella sporgeva il capo per controllare i movimenti del gruppo di prigionieri. Alla stazione di Fiorano la presenza di molti tedeschi in attesa le fece presumere che fosse la stazione di arrivo per i cinque prigionieri. Scese mescolandosi alla folla. Filippo, per sincerarsi che la sorella fosse scesa, la chiamò ad alta voce; Maria rispose e i tedeschi si resero conto che la sorella li aveva seguiti ma non riuscirono ad individuarla in mezzo ai passeggeri. Maria vide il fratello che insieme agli altri partigiani, in testa alla colonna, veniva portato lungo la strada che dalla stazione porta al paese di Fiorano e lo seguì mescolandosi alla gente che tornava”.

Un articolo del L’Unità Democratica ricorda Raimondo Dalla Costa (Coccarda):

“Ad un certo momento sembrò che i nostri sforzi giungessero ad un risultato. Sperammo. E la gioia di poterlo riabbracciare ci fu di confonto ancora. A Fiorano avrebbe dovuto avere luogo uno scambio di ostaggi. Coccarda era tra questi. Quel giorno, ricordo, attendemmo con ansia Alberto.

Ci incontrammo con lui ad un appuntamento. Ci incontrammo con lui ad un appuntamento. Non ci parlò dell’amico. Noi comprendemmo il suo silenzio. Prima di lasciarci egli ci disse: “Non hanno voluto. Raimondo Dalla Costa è stato trucidato”.

Testimonianza dei familiari di Rubes Riccò:

“Una sera ci riunimmo e decidemmo di entrare nella Brigata Garibaldina (Remo), che operava nel comprensorio di Mirandola e nei comuni vicini. Ma le armi erano scarsissime e lui decise di andare a lavorare dove c’era uno smistamento di materiale bellico tedesco, riuscendo a portar fuori armi e bombe a mano. Dopo alcuni mesi di questo pericoloso lavoro, una spia fascista venne a conoscenza che io e cinque cugini eravamo entrati nella Brigata Remo. Rubes fu arrestato e portato nelle carceri di S. Eufemia, dove subì lunghi interrogatori e percosse di ogni tipo, ma non ha mai rivelato dove era il rifugio del GAP al quale noi appartenevamo. Prelevato dalle carceri in febbraio, fu fucilato a Fiorano”.