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Imola esplora la frontiera del teleriscaldamento


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Si chiama teleriscaldamento, e rappresenta un’alternativa – valida e competitiva – ai sistemi tradizionali di produzione e distribuzione del calore. Il principio del teleriscaldamento ricorda molto da vicino il riscaldamento centralizzato, ma si sviluppa su scala cittadina: un’unica centrale di produzione o di recupero calore al servizio di più utenze; un sistema più efficiente dal punto di vista energetico e ambientale, rispetto a tante singole caldaie domestiche. Intere aree urbane o quartieri possono essere servite con questo metodo, con una centrale di produzione da cui esce acqua calda, mentre è la rete di tubazioni a servire le singole utenze.

Innovami e Università di Bologna, insieme ad Hera, hanno concluso un progetto pilota per la realizzazione di un modello innovativo, poi testato con successo in una porzione della rete di Imola, per l’ottimizzazione dei sistemi di teleriscaldamento.

I risultati del progetto saranno presentati giovedì 17 giugno alle 11, nella sede imolese della Banca Popolare dell’Emilia-Romagna (viale Rivalta 22): “Quello che ci siamo proposti di fare – osserva Daniele Vigo, ordinario di Ricerca Operativa all’Università di Bologna (Facoltà di Ingegneria, con sede a Cesena) e responsabile del progetto – è validare la possibilità di trasferimento tecnologico, accompagnata a una precisa verifica della relativa fattibilità economica”.

Applicabili ai settori più diversi, i modelli di ottimizzazione matematica studiati dallo staff di Vigo sono stati in questo caso applicati a una rete di teleriscaldamento: “Banalmente – sottolinea Vigo – abbiamo a che fare con una o più centrali di produzione, che producono o recuperano calore e lo portano poi ai cittadini tramite una rete di tubazioni. La prima questione con cui ci siamo misurati è stata l’analisi della curva di consumo tipica dell’utente, quindi del gruppo di utenze. Alle 7 di mattina, per esempio, un privato accende il riscaldamento. Alle 8, poi, serve una gran quantità di energia perché cominciano a funzionare gli uffici e le scuole. Naturalmente questo implica una diversa funzione di produzione dell’energia nell’arco della giornata, del mese, dell’anno, in modo che la domanda di consumo da parte della rete di utenti sia sempre soddisfatta”.

Il presupposto? Agire su una rete esistente, come quella imolese, che deve evolversi allacciando nuovi clienti. È qui, osserva il responsabile del progetto, che si pone il problema dell’ottimizzazione. “Il modello matematico decide quali di questi ‘pezzi di rete’ si possono aggiungere, e con quali risultati. Quello che si può stabilire è, da un lato, quale entità minima di utenze giustifichi un determinato investimento per l’espansione della rete, e quale sia, del pari, la massima quantità di utenti che si possono allacciare stante la capacità della centrale di produzione di soddisfare pienamente la domanda di consumo aggiuntivo che si verrebbe a determinare”.

Il modello matematico risultante è stato già testato, nell’ambito del progetto, su una porzione della rete urbana di teleriscaldamento di Imola, e giudicato da Hera “capace di riprodurre accuratamente la realtà fisica di un sistema di teleriscaldamento, ritenendo di grande interesse la capacità che il modello ha di guidare le decisioni strategiche di network design legate all’eventualità di allaccio di un set di nuovi clienti”. Ancor più interessante, la flessibilità del modello: “Cambiando solo la forma di alcune relazioni e non la struttura dell’intero modello – nota Vigo – è possibile effettuare analisi decisionali strategiche diversificate, applicando facilmente il modello a scenari diversi”.

In realtà, quella della curva di consumo del singolo utente, o, per meglio dire, la “decisione della migliore strategia di erogazione del servizio ai clienti nell’arco di un concordato orizzonte temporale, tipicamente giornaliero”, rappresenta solo l’ultimo atto di un processo decisionale particolarmente pressante per una multiutility, cioè quello della decisione di allacciamento di un insieme di nuovi clienti potenziali. “Proprio su questo – nota Vigo – si è concentrato il nostro lavoro in questa prima fase del progetto”, realizzando “un’analisi dei carichi energetici che la rete può sopportare funzionale alla decisione di allacciare nuovi utenti”. Sbagliato considerare questo modello come un esercizio “astratto” di fattibilità: “Quello che noi siamo in grado di fare – precisa Vigo – è una rappresentazione accurata del fenomeno fisico, che tenga conto, ad esempio, della pressione sui nodi, della caduta di pressione sui rami. Tutti fattori che abbiamo considerato nel modello”. Da semplice “simulatore” – quale sarebbe il modello messo a punto in assenza di nuovi utenti da allacciare – il modello diventa quindi un valutatore “di un numero elevatissimo di reti potenziali, ognuna delle quali può essere analizzata anzitutto nel suo assetto termico ‘fisicamente possibile’, quindi nella modalità ottima di configurazione in funzione dei benefici globali per l’utenza e per l’ambiente”.

Insomma, partendo dal presupposto che – come dimostrano i sistemi da anni in funzione in nord Europa e in molte realtà italiane – un moderno sistema di teleriscaldamento dà risultati energetici e ambientali migliori di “n” caldaie domestiche, “la domanda che interessa al decisore è quella di come fare evolvere la rete e come farla funzionare per ottimizzare questi risultati. Abbiamo cercato – sottolinea Vigo – di rispondere a questa domanda con un prototipo, non per dimostrare semplicemente che siamo capaci di farlo, ma applicando il prototipo a una rete realistica, in partnership con Hera, una grande realtà industriale che opera in questo settore”. Una rete, in definitiva, che costi il meno possibile, che serva più utenti possibili minimizzando allo stesso tempo emissioni e relativo impatto ambientale.