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I dati 2017 dell’industria ceramica italiana


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In occasione dell’Assemblea 2018, Confindustria Ceramica ha presentato le indagini statistiche relative ai diversi comparti che compongono l’industria ceramica italiana.

Sono 222 le industrie italiane di piastrelle di ceramica, ceramica sanitaria, stoviglie e materiali refrattari attive nel 2017, che occupano 25.146 addetti (381 unità in più rispetto al 2016) e che hanno fatturato oltre 6,3 miliardi di euro complessivi.

 

Le piastrelle di ceramica prodotte in Italia.

Sono 145 le aziende presenti sul suolo italiano, dove sono occupati 19.515 addetti (+2,9%, inversione di tendenza dal 2006), che nel corso del 2017 hanno prodotto 422 milioni di metri quadrati (+1,6%), tali da consentire vendite per 421,9 milioni di metri quadrati (+1,8%). Le vendite in Italia si posizionano a 83,7 milioni di metri quadrati (+1,1%), volumi che però rappresentano meno della metà del mercato interno pre crisi. In aumento i volumi esportati, ora pari a 338,2 milioni di metri quadrati (+1,9%). Il fatturato totale delle aziende ceramiche che producono in Italia raggiunge così i 5,5 miliardi di euro (+2,4%), derivante per 4,7 miliardi dalle esportazioni (+2,5%) – quota dell’85 % sul fatturato – e da 842 milioni di euro in Italia. Per il quarto anno consecutivo gli investimenti sono in crescita: nel 2017 hanno raggiunto i 514,9 milioni di euro (+28,6% sul 2016; 1,8 miliardi nel quinquennio), con una quota sul fatturato annuo pari al 9,3%, ai vertici dei settori manifatturieri nazionali. Tra le ragioni, le opportunità date dalle misure di Industria 4.0, colte appieno dalle aziende del settore, il recupero di competitività attraverso tecnologie più evolute, l’ammodernamento degli stabilimenti e delle linee produttive, e la conseguente fiducia sulle prospettive del settore.

 

L’internazionalizzazione produttiva.

Sono 15 le società di diritto estero, controllate da 8 gruppi ceramici italiani, che nel 2017 hanno occupato 3.138 addetti in fabbriche estere che hanno prodotto 87 milioni di metri quadrati di piastrelle (+0,8%). Le vendite totali hanno generato un fatturato di 862,1 milioni di euro (+0,8%), frutto di vendite per 469,9 milioni di euro (-0,9%; quota del 54,5%) da attività in Europa e per la restante parte, 392,2 milioni di euro, da vendite in Nord America (+2,9%). Il 79,9% del fatturato totale deriva da vendite nel medesimo mercato sede della fabbrica.

 

La ceramica sanitaria.  

Sono 33 le aziende industriali produttrici di ceramica sanitaria in Italia, 30 delle quali localizzate nel distretto di Civita Castellana (Viterbo). L’occupazione nazionale è pari a 3.118 dipendenti (stabile), che ha realizzato una produzione pari a 4,27 milioni di pezzi (+4,5%). Il fatturato è di 353,3 milioni di euro (+6,1%), con vendite sui diversi mercati esteri pari a 159 milioni di euro (45% del totale, in crescita costante rispetto agli ultimi anni).

 

L’industria dei materiali refrattari.

Le 34 aziende attive nella produzione di materiali refrattari presenti sul territorio nazionale occupano 1.808 addetti (-8% rispetto al 2016), con volumi in calo del -3,7%, vendite del -2,9%. Le vendite in Italia hanno una quota del 61% dei volumi complessivi. Il fatturato totale è stabile sui valori dello scorso anno (oltre 350 milioni di euro) e deriva da vendite sul territorio nazionale in crescita dell’ 1,1%, in calo del -12,4% nella Comunità Europea ed in crescita del +10,4% come esportazioni extracomunitarie.

 

Le stoviglie in ceramica.

Le 10 aziende industriali italiane che occupano 705 dipendenti per una produzione 12.800 tonnellate (+7,5%) ed altrettante vendite di prodotto finito. Le vendite sul mercato domestico rappresentano il 77% delle vendite totali. Il fatturato 2017 è stato superiore a 50  milioni di euro (+6,2%), di cui il 72% realizzato in Italia.

 

Il commento del Presidente di Confindustria Ceramica Vittorio Borelli

“Il settore della ceramica consolida la propria struttura settoriale –  afferma  Vittorio  Borelli,  presidente  di  Confindustria  Ceramica – in un quadro di forti investimenti in nuove tecnologie, per mantenere la leadership mondiale in un contesto positivo per la domanda globale dei nostri prodotti, anche se sempre più competitivo e concorrenziale. In termini di fatturato, siamo ritornati dopo 10 anni ai livelli pre crisi del 2008, anche se oggi produciamo e vendiamo circa 80 milioni di metri quadrati in meno, soprattutto per il calo del mercato interno. Il mercato delle costruzioni in Italia, che dall’avvento della crisi ha dimezzato i propri volumi di attività, si sta attestando su di una crescita nel medio termine del +1,5% annuo, grazie a segnali positivi che arrivano da tutti i segmenti. Se osserviamo i mercati esteri dell’edilizia, in Europa ci si aspetta una crescita più contenuta, rispetto a quanto fatto nel 2017, mentre negli Stati Uniti le attese parlano invece di una ripresa più vigorosa. Tra i ‘nuovi mercati’, le prospettive più favorevoli appartengono senza dubbio ai paesi dell’area del Golfo, seguiti dall’Europa Orientale. L’andamento delle vendite ha risentito di pressioni competitive sui nostri principali mercati esteri di sbocco, che hanno influito sui risultati di questi mesi, da parte dei nostri principali concorrenti esteri, che hanno condizioni e costi operativi nettamente migliori dei nostri.

Per la competitività del Sistema Italia centrale è il tema del Fair Trade e dei dazi compensativi sul dumping cinese, che per le piastrelle di ceramica sono stati prorogati fino all’autunno 2022 mentre, sul versante stoviglie cinesi importate, lo scorso 15 maggio la Commissione Europea ha annunciato l’apertura del riesame ai fini della proroga dei dazi. I dazi di contrasto al dumping non sono una misura protezionistica, ma un necessario intervento per evitare che politiche commerciali sleali possono distruggere gli investimenti delle nostre imprese ed il lavoro della nostra manodopera. Cosa molto diversa – delle quale siamo preoccupati – dall’aumento di casi in cui si pongono barriere non tariffarie. Ultimo caso è quello relativo ai pannelli espositori in legno compensato inviati negli Stati Uniti, dove stiamo operando per risolvere il problema, determinato dall’entrata in vigore anticipata di un provvedimento originariamente previsto per il prossimo dicembre. In questi mesi a Bruxelles siamo impegnati nella definizione delle regole per l’applicazione del sistema Emission Trading per il periodo gennaio 2021 – dicembre 2030. Le nostre imprese sono entrate nel campo di applicazione ETS nel 2013 e in questi anni hanno visto notevoli complicazioni burocratiche e di oneri per l’acquisto delle quote di emissione. Il nostro settore è completamente esposto alla concorrenza internazionale e non vede analoghi oneri per i concorrenti extra UE: è necessario che di questa situazione se ne tenga adeguatamente conto nell’assegnazione alle nostre aziende delle quote nel prossimo periodo di applicazione, al fine di evitare concreti rischi di penalizzazione e delocalizzazione. Il tema dell’eccesso di burocrazia riguarda anche l’Italia, dove le nuove norme relative alle AIA, sia nel caso di nuovi impianti che in quello di piccole variazioni, richiede di adempiere a procedure che non solo non sono più snelle, ma hanno allungato a dismisura i tempi di delibera, su orizzonti non compatibili con quelli del ‘fare impresa’. Anche il peso fiscale che grava sulle nostre imprese è un elemento di competitività. Abbiamo letto con favore della possibile riduzione dell’aliquota sulle società al 15% (dal 24% attuale), ma ricordiamo quanto incide la divaricazione del cuneo fiscale e previdenziale tra l’Italia e gli altri paesi concorrenti, che riduce il reddito percepito per i nostri dipendenti e mantiene alto il costo del lavoro per le imprese. Non dimentichiamo poi la Tasi sui capannoni industriali: il nostro è uno dei pochi Paesi che continua a tassare i fattori di produzione. Il costo dell’energia sta aumentando a causa della crescita del petrolio, che si sta ripercuotendo sui prezzi del gas, materia prima fondamentale per il nostro settore. Per questo è fondamentale continuare ad insistere sul processo di liberalizzazione dei mercati nazionali dell’energia e della loro integrazione con gli altri mercati europei.  Provvedimenti della scorsa legislatura – quali Industria 4.0 e Jobs Act – hanno contribuito alla crescita ed agli investimenti sia per il nostro settore che per altri comparti manifatturieri del Paese. Importante è che non si torni indietro su questi provvedimenti. Per la competitività futura del distretto della ceramica resta centrale la realizzazione di nuove e ben conosciute infrastrutture, tra le quali la Bretella Campogalliano – Sassuolo, indispensabile per affrontare le crescenti sfide concorrenziali sui nostri fondamentali mercati di sbocco dell’Europa continentale, il raddoppio della Pedemontana nel tratto centrale di Sassuolo, il collegamento stradale con lo scalo merci di Marzaglia, la circonvallazione di Rubiera e l’urgente rifacimento dei caselli autostradali – in particolare di Modena Nord”.

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Foto di Vincenzo Conelli