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A Roberto Cavoli il 53° Palio di San Giovanni


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Roberto Cavoli di Marano sul Panaro con il suo Aceto Balsamico Tradizionale, si è aggiudicato il 53° Palio di San Giovanni con ben 320,960 punti. La cerimonia di premiazione si è svolta a Spilamberto, sullo sfondo della Rocca Rangoni.

Sono stati premiati anche gli altri 11 finalisti: al secondo posto si è classificata Cristina Frabetti di Ravarino con 320, 915 punti, al terzo Romano Mattioli di Formigine con 320,585; seguono Luigi Rella di Modena con 319,125 e Franco Mazzi di Modena con 318,040.

Il primo classificato ha ricevuto prestigiosi premi: il diploma ufficiale della Consorteria, un cucchiaino d’oro per l’assaggio e il “torrione di Spilamberto”, che viene consegnato anche a tutti i semifinalisti: si tratta di un bassorilievo in bronzo che raffigura il torrione di Spilamberto. Dopo una settimana dalla premiazione, poi, arriva il riconoscimento più importante: il Gran Maestro Maurizio Fini si recherà a casa del vincitore per marchiare a fuoco le botti dell’acetaia con il logo della Consorteria.

Ecco la graduatoria ufficiale degli altri sette Aceti Balsamici Tradizionali finalisti:

6° Stefano Artioli di Carpi con 317,625 punti

7° Comunità di Castelfranco Emilia con 317,540 punti

8° Flavio Compagni di Formigine con 317,460 punti

9° Maurizio Fini di Modena con 316,290 punti

10° Renato Ghidoni di Nonantola con 316 punti

11° Aldo Zanetti di Modena con 313,835 punti

12° Stefano Tonioni di Pavullo con 312,790 punti.

Anche quest’anno numeri da record per il Palio: 1.561 i partecipanti, per un totale di oltre 15 mila assaggi complessivi. Da inizio maggio 182 Maestri Assaggiatori, con l’aiuto degli Assaggiatori e degli Allievi, si sono messi al lavoro per valutare tutti i campioni di Aceto Balsamico Tradizionale di produzione familiare consegnati alla Consorteria.

Il Palio di San Giovanni è un’occasione per la Consorteria di esaminare e tenere monitorata la produzione di Aceto Balsamico Tradizionale del territorio sia dal punto di vista organolettico, che per quanto riguarda le caratteristiche chimico-fisiche: in questo modo si possono trasmettere ai produttori indicazioni idonee affinchè sia rispettata la tradizione secolare.

Il 53° Palio si è aperto con il discorso del Gran Maestro Maurizio Fini, che quest’anno di “tradizionale” ha avuto ben poco. Si è trattato più di un appello rivolto ai sindaci, alle istituzioni, alle realtà industriali che ruotano intorno al balsamico, sia tradizionale che Igp: una chiamata a raccolta per valorizzare in maniera comune – e a livello mondiale – due prodotti e due mondi che per troppo tempo non sono riusciti a comunicare. In che modo? Due sono le proposte di Fini: dichiarare tutti i Comuni che ospitano le acetaie comunali come “territorio balsamico” e, soprattutto, intraprendere insieme il percorso per rendere il balsamico “Patrimonio Culturale Immateriale dell’Unesco”.

“ ‘Benvenuti nella terra del Balsamico’. E’ questo il cartello che sogno di vedere sotto l’insegna di ogni Comune del nostro territorio, non solo a Spilamberto – spiega Maurizio Fini – Da ogni parte si arrivi – autostrada, treno, strada statale, a cavallo, in bici, con l’auto  – chi giunge a Modena sarà accolto, avvolto, immerso nel Mondo Balsamico. E per questo mi rivolgo soprattutto ai sindaci: ci state a sedervi attorno ad un tavolo a trovare il modo per dichiarare il vostro (e nostro) Comune “territorio balsamico”?” .

Ma il sogno del Gran Maestro non si ferma qui: “Non so se tutti ne sono a conoscenza: oltre ai siti patrimonio dell’Unesco esiste un altro elenco stilato dall’Organizzazione delle Nazioni Unite, frutto della tradizione e della cultura immateriale delle varie comunità nel mondo. Si tratta di beni intangbili, spesso tramandati di generazione in generazione per via orale, che diventano “patrimonio culturale immateriale Unesco”: in questo elenco è da poco entrata anche l’arte di fare la pizza. Ma questa è anche l’identità e la precisa connotazione del Balsamico! Esistono tutti i presupposti per richiedere che il Balsamico venga dichiarato patrimonio culturale immateriale Unesco: un riconoscimento che, oltre che a gratificare tutti, sarebbe in grado di unire e compattare tutte le anime del Balsamico, quello Tradizionale, Dop in primis, e quello conosciuto in tutto il mondo, Igp. Iniziamo quindi a lavorare insieme per raggiungere questo obiettivo, ognuno con la propria identità e la propria storia, consapevoli che sia la DOP prima (dal 2000) che l’IGP dopo (dal 2009) hanno portato ricadute economiche importanti sul territorio. Non oso pensare alle ricadute economiche di un riconoscimento dell’Unesco”.

L’Italia ha ratificato la Convenzione nel 2007 e da allora ha iscritto nella lista rappresentativa del Patrimonio Culturale Immateriale otto elementi: l’arte dei pizzaioli napoletani (2017); la falconeria, un patrimonio umano vivente (iscritta nel 2016, insieme ad altri 17 Paesi); la pratica agricola tradizionale della coltivazione della “vite ad alberello” della comunita’ di Pantelleria (2014); le feste della grandi macchine a spalla (2013); la dieta mediterranea (2013, con altri 6 Paesi); l’arte tradizionale del violino a Cremona (2012); il canto a tenore sardo (2008) e l’opera dei pupi siciliani (2008).

La commissione italiana può proporre a Parigi una sola domanda all’anno.

Ci vorranno anni? Nessun problema, non c’è fretta: l’aceto balsamico nasce proprio nella lentezza e nella certezza di poter raggiungere qualsiasi traguardo.

Infoline: Consorteria dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena, tel. 059.785959