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ANPI-Sassuolo invita a partecipare alla commemorazione dei caduti di Palazzo Ducale


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Domenica 8 settembre 2019 alle 10,30 si ricorda nel Palazzo Ducale a Sassuolo uno degli episodi degni di memoria della Resistenza militare italiana. Nell’epigrafe apposta nel cortile sono ricordati, a fianco del generale Ugo Ferrero che oppose resistenza armata all’attacco tedesco, fu imprigionato e poi giustiziato con un  colpo alla nuca dai nazisti in Polonia durante una delle terribili marce della morte di evacuazione dei lager, il vice-comandante della formazione partigiana sassolese il tenente Ugo Stanzione, militare salernitano caduto nella lotta di Liberazione e, in rappresentanza della sofferenza dei nostri soldati lasciati senza comandi dal Re e da Badoglio, il soldato semplice Ermes Malavasi, di Novi Modenese, caduto  nella difesa del palazzo.

Lo storico Renzo de Felice per primo ha definito l’8 settembre 1943 “morte della patria” riferendosi all’assenza di reazioni e passività senza precedenti da parte della maggioranza degli italiani sia dei civili che dei militari, e alle inevitabili conseguenze del disorientamento anche morale seguito alla sconfitta, al rovesciamento di alleanze, alla fine improvvisa del regime fascista, dopo 20 anni di indottrinamento. L’espressione è stata poi ripresa anche da altri storici, come Ernesto Galli della Loggia, per concludere che l’8 settembre 1943 non morì l’Italia fascista ma l’Italia come patria.

Molti altri storici hanno preso tuttavia le distanze da tale prospettiva interpretativa: Giorgio Rochat ha sottolineato come suo giudizio l’8 settembre “muore la patria fascista, imperiale e monarchica, la patria guerriera che aveva insanguinato l’Europa e i Balcani…la patria uguale per tutti imposta dalla dittatura, dalla polizia, dalla censura” e ritornano finalmente altre patrie: quella liberale e democratica del Risorgimento, quella antifascista, quella socialista e comunista che chiede il riscatto sociale delle masse, la patria dei giovani che rifiutavano le mistificazioni della scuola fascista, la patria degli ufficiali monarchici, la patria democratica cristiana. La patria della Resistenza non è imposta né è uguale per tutti, lascia spazio alle differenze.

Gian Enrico Rusconi, politologo, ha evidenziato come l’8 settembre 1943 si combattono in Italia centro settentrionale due concezioni di patria e nazione: quella nazionalfascista che fa appello all’onore e alla fedeltà ad un passato rivelatosi catastrofico, ad una dittatura, e quella di una nuova nazione orientata a valori democratici. In questo senso secondo Rusconi la resistenza non poté che essere una guerra civile tra questi due diversi progetti di identità nazionale. Riconoscere il carattere di guerra civile, fratricida, non significa indebolirne il significato etico ma anzi sottolinearne il valore di “scelta di parte”, di rischio (Sartre). Il contenuto etico della guerra civile sta nella decisione di pochi di agire, a proprio rischio, in nome dell’intera nazione riscattata. Del beneficio della democrazia, una volta conseguita la vittoria, trarrà vantaggio anche la parte avversaria fascista e la popolazione passiva. Se avesse vinto il nazifascismo non sarebbe avvenuto così.

A giudizio di Elena Aga Rossi quel giorno si creò un vuoto istituzionale e si spezzò il legame tra una parte della popolazione e la monarchia (che fino ad allora non era mai venuto meno, neanche nel 1938 con la vergogna delle Leggi razziali). Non si possono tacere inoltre le gravissime responsabilità del re Vittorio Emanuele III, del governo e delle alte gerarchie militari nella dissoluzione dell’esercito. Ciò però non mise in pericolo il senso dell’identità nazionale. L’obiettivo di liberare la patria dai tedeschi fu fondamentale per molti uomini della resistenza e si incarna nello spessore morale delle lettere dei condannati a morte della resistenza. E’ vero che la scelta della Resistenza armata fu di una minoranza ma mostrò la capacità degli italiani di combattere e morire per il futuro della nazione.

Questa riflessione, questa ricchezza critica ci aiuta a meglio comprendere il passato e a far nostri i principi democratici che animarono la Resistenza. Carlo Azeglio Ciampi, quando era presidente della Repubblica, in occasione di una visita a Cefalonia disse di non capire “che cosa intendano i teorici della ‘morte della patria’ che indicano nell’8 settembre la data di questo lutto senza ritorno”.

E aggiungeva: “Ho vissuto, come giovane ufficiale di complemento, le drammatiche vicende del 1943: sono quindi, e so di esserlo, soltanto un testimone. Ho vissuto il collasso dello stato; ho vissuto lo smarrimento dell’assenza di “ordini” in un momento, credo, il più tragico della storia della nostra Italia. Come tanti altri nelle mie condizioni, trovammo nelle nostre coscienze l’orientamento: in quelle coscienze vibrava profondo il senso della Patria. […] E’ da questa riflessione [sul passato] che ogni cittadino, e ancor più chi ha responsabilità politiche o istituzionali, deve trarre ispirazione per il proprio impegno civile, per il proprio operare.”

Il Comitato comunale di ANPI-Sassuolo confida nella presenza della cittadinanza alla cerimonia, breve ma carica di significati valoriali e civili.