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Femca Cisl e Filctem Cgil: “mancato accordo alla Kale, licenziati 21 lavoratori”


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«Ancora una volta siamo di fronte all’inaccettabile atteggiamento di aziende straniere che vengono in Italia per saccheggiare i nostri marchi storici». È durissima la reazione dei sindacati dopo l’esito negativo della trattativa con Kale Italia srl, l’azienda di proprietà turca nata nel 2011 dal concordato Fincuoghi, che il 14 maggio scorso ha aperto la procedura di licenziamento collettivo. La lunga trattativa presso la sede dell’Agenzia regionale per il Lavoro di Modena si è conclusa con un mancato accordo che consentirà all’azienda di licenziare i 21 lavoratori dichiarati in esubero già da oggi.

«A nulla sono valsi tutti i tentativi messi in atto dalla rsu (rappresentanza sindacale unitaria) e da noi – affermano i rappresentanti di Femca Cisl Emilia Centrale e Filctem Cgil Modena – per trovare una modalità condivisa e meno drastica sulla gestione degli esuberi, che prevedesse l’eventuale uscita dei lavoratori in esubero attraverso il criterio della disponibilità individuale al licenziamento e la contemporanea apertura di un ammortizzatore sociale – quale la cassa integrazione guadagni straordinaria – per valutare meglio l’evolversi della situazione aziendale.

Questo atteggiamento indisponente dell’azienda è del tutto privo di ogni rispetto per quanto le parti sociali, soprattutto in Emilia-Romagna, hanno fatto e stanno facendo con molti sforzi, ormai da diverso tempo e anche nei periodi più duri della crisi, per la tutela dei posti di lavoro, come previsto nel “Patto per attraversare la crisi” e nel successivo “Patto per il Lavoro”.
Non è questo il modo di affrontare le crisi aziendali, è troppo comodo scaricare solo sui lavoratori le cattive gestioni, le inefficienze organizzative, le incapacità manageriali e i mancati investimenti».

I sindacati ricordano che nel 2011 la Kale Italia ha rilevato dal concordato Fincuoghi marchi storici della ceramiche di Sassuolo, quali Edilcuoghi, Edilgres e Campani, ma non ha mai dimostrato nei fatti di credere seriamente nel rilancio delle produzioni. Tanto è vero che nel 2015 ha chiuso lo stabilimento di Borgotaro (Parma), lasciando a casa 122 persone, e subito dopo ha spostato la produzione presso la casa madre in Turchia e altri fornitori, avviando così una lenta ma costante riduzione del personale e dismissione di funzioni.

«Le motivazioni sono sempre state legate alle difficoltà competitive sul mercato e agli eccessivi costi della struttura aziendale. In realtà, come da noi evidenziato già in passato, – sottolineano i ceramisti Cisl e Cgil – sta emergendo ormai chiaramente come fin dall’inizio l’obiettivo fosse acquisire i marchi e trasformare progressivamente l’azienda in un’entità commerciale, con produzioni realizzate prevalentemente all’estero, in barba alle ampie rassicurazioni fornite nel 2011 alle istituzioni, organizzazioni sindacali e Confindustria Ceramica in fase di acquisizione. Non possiamo permettere che tutto ciò avvenga senza reagire. Pertanto avvieremo ogni azione, comprese impugnazioni di licenziamenti e vertenze giudiziarie, per contrastare – concludono Femca Cisl Emilia Centrale e Filctem Cgil Modena – scelte unilaterali che hanno ricadute così pesanti per i lavoratori».