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Lavoro: cala a gennaio l’occupazione in Regione


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Nel mese di gennaio, secondo le rilevazioni Istat sulle forze di lavoro, l’occupazione dell’Emilia-Romagna è diminuita dello 0,6% rispetto allo stesso mese del 2003, per un totale di circa 11.000 persone in meno. In Italia c’è stato invece un aumento dello 0,8, mentre nel nord-est non è stata registrata alcuna variazione.

Il dato emerge da un’elaborazione dell’Ufficio studi di Unioncamere Emilia-Romagna effettuata sui dati Istat delle forze di lavoro riferite allo scorso gennaio. Per trovare un altro calo a gennaio – spiega Unioncamere – bisogna risalire al 1995, quando venne rilevata una diminuzione tendenziale dell’1,5%.

In sintesi, la diminuzione degli occupati è stata determinata dalle flessioni degli addetti indipendenti di agricoltura e terziario, mentre sono aumentati part time e precariato. Il ridimensionamento dell’occupazione non ha tuttavia inciso significativamente sulla relativa incidenza sulla popolazione con 15 anni e oltre, che in Emilia-Romagna si è attestata al 51,8%, superiore sia alla media italiana (44,7) che Nord orientale (51,3).

La presenza delle donne nel mercato del lavoro è una peculiarità dell’Emilia-Romagna. Solo due regioni, Valle d’Aosta e Trentino-Alto Adige, hanno registrato tassi più elevati rispettivamente pari al 43,8 e 43,9%. L’ultimo posto appartiene alla Campania (19,4), seguita da Puglia e Sicilia, entrambe con un tasso del 19,9.

La diminuzione dell’occupazione è stata determinata da agricoltura (-2,3) e servizi (-2,4), a fronte della crescita del 2,9 dell’industria. Più segnatamente, il settore primario ha visto scendere l’occupazione di circa 2.000 unità. Alla crescita del 6,8 degli occupati alle dipendenze, si è contrapposta la flessione del 6,3 della componente più numerosa degli indipendenti. A determinare questo andamento sono stati i lavoratori in proprio (in pratica i coldiretti), soci di cooperativa e coadiuvanti, scesi dell’8,3, a fronte della crescita del 7,3 di imprenditori e liberi professionisti.

Le attività industriali sono aumentate del 2,9, per effetto del forte incremento delle industrie delle costruzioni e installazioni impianti, i cui addetti sono saliti da circa 125.000 a circa 142.000 unità (+13,7). Per il più numeroso comparto della trasformazione industriale la crescita è risultata più contenuta, pari allo 0,8. Contrariamente a quanto avvenuto in agricoltura, è stata l’occupazione indipendente a manifestare l’incremento più sostenuto (+10,6), a fronte del leggero incremento dei dipendenti (+0,7 per cento).

L’occupazione dei servizi è scesa da circa 1.109.000 a circa 1.083.000 addetti, per una variazione negativa pari al 2,4%. A fare pendere la bilancia in questo senso è stata l’occupazione indipendente, i cui addetti sono diminuiti del 9,4, rispetto alla crescita dell’1,0 di quelli alle dipendenze. Nell’ambito dei servizi, le attività commerciali hanno accusato una flessione degli occupati pari al 2,1, sintesi delle diminuzioni dello 0,4 e 4,0 riscontrate rispettivamente per dipendenti e indipendenti. Se si analizza l’andamento dell’occupazione dal lato del carattere, si può vedere che il calo degli occupati non ha interessato una delle forme atipiche di lavoro più diffuse quale il part time. In gennaio i relativi occupati sono cresciuti da circa 176.000 a 179.000 (+1,7), a fronte della diminuzione dello 0,8 degli occupati a tempo pieno.

L’incidenza del part-time sul totale dell’occupazione è salita al 9,8%, in misura superiore a quella nazionale (8,4), ma inferiore a quella nord-orientale (10,6). Sono le donne a registrare la più alta percentuale di part-time sul totale degli occupati: 18,3 rispetto al 3,2 degli uomini.