Home Modena Dialoghi dell’anima: paure e speranze dei bimbi ricoverati al Policlinico

Dialoghi dell’anima: paure e speranze dei bimbi ricoverati al Policlinico


# ora in onda #
...............




Dialoghi con l’Anima rappresenta il risultato di una sfida: scrivere di poesia in un luogo apparentemente così lontano da questa forma espressiva e artistica come l’ospedale. In realtà le corsie ospedaliere, con il loro concentrato di sofferenza, dolore, ansia, paura, speranza sono un terreno fertile per il germogliare di sentimenti forti, per lo sgorgare di emozioni autentiche che stanno alla base della ispirazione poetica. Se poi i protagonisti della sfida, i poeti, sono i bambini ricoverati in ospedale il risultato non può che essere toccante e suggestivo.

È nata così l’idea di utilizzare la poesia per rafforzare un dialogo tra i bambini ospitati al Policlinico e quelli delle scuole, riannodando fil rouge che si è andato consolidando nel tempo. Lo del Policlinico, del resto, aderisce al progetto Scuola Amica dell’UNICEF che mira proprio a rendere le scuole luoghi fisici e relazionali nei quali i diritti dei bambini dei ragazzi siano concretamente vissuti e si realizzi un ambiente a loro misura.

Le insegnanti dello “Spazio Scuola” del Policlinico – Carla Ferri e Marisa Sverberi – hanno così coinvolto Antonio Nesci, poeta modenese di grande esperienza e umanità, maturate con i bambini delle scuole, in questo percorso con i bambini ricoverati nelle Strutture complesse di Pediatria, Chirurgia Pediatrica e Oncoematologia Pediatrica dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Modena.
Il progetto (che significativamente si intitola: La poesia per conoscermi e conoscerci) è poi divenuto un libro, grazie alla Fondazione Cassa di Risparmio di Modena e all’ASEOP. La poesia è un potente veicolo per le emozioni ed i sentimenti.

Poetare aiuta a comprendere meglio sé stessi e a dare una forma ai propri fantasmi che, così, possono essere affrontati più serenamente.
Questo vale ancor di più se sull’ispirazione della Musa salgono bambini ricoverati in ospedale, che partecipano quindi di una dimensione di vita distaccata rispetto a quella dei propri coetanei, costretti come sono a coabitare quotidianamente con la sofferenza, la paura, l’ignoto.

“Perché le grandi emozioni generate da una malattia possano essere veicolate verso la poesia è necessario l’aiuto di un esperto. – spiegano Carla Ferri e Marisa Sverberi -. Così nel progetto è stato coinvolto Antonio Nesci. Col suo sapiente aiuto emozioni, sentimenti, sogni, paure e speranze dei bambini si sono tramutate in versi capaci di incidere e scuotere e di avvicinarci all’essenza della vita, permettendoci di cogliere le cose importanti al di là delle sovrastrutture che la società moderna ci obbliga a considerare fondamentali. Per questo il volume verrà distribuito ai bambini e ai ragazzi delle scuole per aiutarli a comprendere meglio il valore ed il significato della vita”.

I bambini di alcune classi delle scuole elementari del Circolo I di Modena, cui appartiene anche lo “Spazio Scuola” del Policlinico hanno poi illustrato queste poesie con disegni, creando un connubio, un intreccio tra versi ed immagini che immerge il lettore in una realtà colma di voglia di vivere e che trasuda della forza morale di questi bambini.
In verità, una delle poesie contenute nel libro è già stata letta in una scuola. Si tratta di … DI UN PENSIERO PER IL MARE di Salvatore che è giunta quasi per caso in una scuola della Romagna i cui alunni hanno letto e commentato il testo aprendo un dialogo col suo autore: “Si! Cerco la mia strada / più azzurra possibile / perché io sono al centro di questo mare nero / a volte profondo, inutile quasi / come il male che mi comprime…”

“I poeti di questo libro – racconta Antonio Nesci – sono solitamente sdraiati e ascoltano i loro pensieri, la propria anima e lo fanno in modo differente dal “normale quotidiano” di una scuola. Eppure l’inconsapevole che vive in ciascuno di noi riesce a dare forma all’illusione e tutto diventa speranza, voglia di liberare e liberarsi per un volo tranquillo, ma anche e soprattutto avventuroso, almeno nella profondità della propria anima. Io ho registrato le loro emozioni e li ho aiutati a trasformarle in poesie senza mai snaturare il sentimento che le aveva fatte germogliare”.

Dialoghi dell’anima si presenta così come un viaggio di parole e immagini nella paura, nella sofferenza, ma anche nei sogni e nel desiderio di vivere.
Cinquantaquattro poesie che raccontano altrettante storie di vita vissuta o semplicemente agognata, versi di straordinaria bellezza e di intima naturalezza, scritti da bambini dai 5 ai 15 anni grazie all’aiuto di Antonio Nesci.

Tra queste poesie ve n’è una (DI UNA MADRE SRADICATA DI VICENZA ATTRAVERSO L’AMORE) scritta da Stefania che ha voluto esprimere ciò che aveva dentro: “la mia casa che non è fatta di mura / non è fatta di tetti, ma di cuore amore).

Ci sono metafore che si ripetono ossessivamente in questi versi, il buio e la luce, la selva oscura, la paura, il sentirsi prigionieri, la voglia di volare. Versi che mostrano una voglia di vivere contagiosa che, al termine della lettura lasciano il segno in maniera indelebile.

“Noi medici ci occupiamo del dolore fisico che può essere misurato, che deve essere sedato. Antonio Nesci da’ voce all’oscura profondità di un dolore senza nome”. Ha detto la professoressa Fiorella Balli, direttore della Struttura Complessa di Pediatria.

“Mamma fammi luce illumina questa mia foresta fitta e scura” scrive Andrea nel brano DI UNA VITA. Di paura parlano anche Eleonora “Sono una pallina che gioca nell’aria e fugge per paura di restare ferma. Ho paura della mia stessa paura” (DI UN AMORE), Ines “Sto pensando al poi, quando sola / sentirò la paura / e cercherò l’abbraccio di mia madre / e il suo cuore che insieme al mio / diventeranno musica e amore… / e guardando i suoi occhi e il suo volto / vedrò il mio angelo custode” (DI UN’ATTESA) e Fabiana “io non ho paura, ma a volte / mi prende e cerco di non pensare / La speranza è dentro al io cuore” (DI UNA CITTÀ). “Non ho paura / mi lascio andare / divento aquilone / torno me stesso e canto i miei sogni / galoppando nella libertà” è il forte messaggio di speranza di Filippo in DEL MARE. “Sono qui in questo letto di sofferenza / e vorrei essere a scuola / sentire le voci / dei miei compagni, qui…” spera Jacopo in DI UN GIORNO NON FELICE. MARE. “…la notte, invece ho paura di sognare / la mia malattia, e allora canto” ci racconta Sharon in LA DANZA, IL DISEGNO E IL CANTO.
La solitudine è un’altra sgradita compagna della malattia. “Avrei voglia di parlare con i miei amici / dire quanto di è soli / in un letto come questo, correi giocare a carte, / parlare e correre…. essere in compagnia….” si lamenta Andrea (FIGLIO DEL CIELO E DEL MARE). Essa si accompagna alla malinconia quando si è stranieri in un luogo alieno anche se in Italia si è trovata una famiglia: “dico buonanotte a mia madre / e con il ricordo costruisco quella rimasta in Eritrea / e anche a lei dico buonanotte con un bacio” racconta Lewam (DI UN PENSIERO).
Federico esprime la frustrazione di sentirsi prigioniero e il desiderio di libertà “Sono triste per questa malattia / ha preso troppo attimi della mia vita / e mi sento un aquilone / legato ad un filo troppo corto / non posso volare / dove io voglio…” (DI UN LIBERO). Il tema del sentirsi prigionieri accomuna anche Luca “Sono come prigioniero / dentro questo corridoio / non vedo il mondo, gli amici” racconta (DI UNA NOIA… QUANDO NON RIESCO A VOLARE), Francesca “Mi manca / il sentire il gusto delle cose, della vita / e vorrei tornare / ad essere viva nel cuore” (DIALOGO) e Lorenzo “Mi chiamo Lorenzo, un bambino / che si sente prigioniero quando sta in questo letto / con questi macchinari che mi danno medicine / come fosse pane e marmellata” ( DIALOGO). Giulia è “quasi felice di andare a scuola / tornare a casa, essere nella mia quotidianità” ma vorrebbe “Essere libera… essere un cavallo / che corre e non si ferma mai”, la chiosa di questa poesia è un insegnamento meraviglioso: “Eppure se dovessi cambiare / non so se metterei una mia amica al mio posto / lei soffrirebbe, morirebbe più di me” AMORE… PER ESPRIMERE CIÒ CHE SENTO IN UN MODO DIVERSO.
Altri bambini hanno parlato della loro malattia e del percorso interiore che ha generato in loro. Silvia in DI UNA LIBERA SPERANZA ci racconta: “Solo nella malattia ho trovato la mia verità / e se penso a Dio… il dottore c’era… / è stato lui a farmi guarire…” e ancora “ricordo la sofferenza, il dolore / le preghiere ….e poi ancora la sofferenza…” ma anche “la consapevolezza / dell’amore di chi ci respira accanto” e il desiderio che “il mio sangue / sia sano… pulito… rosso come il fuoco / come la stessa vita che m’accompagna / si forse c’è anche un po’ di speranza”. E Vanessa “Quando vedo un bambino che piange / io sorrido, cercando di asciugare la sua lacrima / perché ricordo quando io ho sofferto / ho un sogno tornare come prima / ammalata di solo raffreddore” (DI UN POSTO DA VIVERE).

La forza di questi brani, però, sta nel fatto che in essi quasi mai traspare lo scoramento e l’autocommiserazione mentre, al contrario, la voglia di vivere e la capacità, e forse anche il bisogno, di esprimere gioia è potente e contagiosa. “Sono felice di questa mia emozione / di essere ancora bambina / capace di sognare un principe azzurro / che con il suo cavallo / mi porti in un cielo fatato per ascoltare ogni parola” dice Giulia (DI UN CIELO E L’ATTESA DI UN SOGNO). “Quello che più colpisce lavorando con i bambini è la loro incredibile capacità di ripresa – spiega il professor Paolo Paolucci, direttore della Struttura Complessa di Pediatria ad indirizzo oncoematologico – un momento sono distrutti dalla durezza della terapia, un attimo dopo sono già lì che hanno voglia di giocare e scherzare”.
Come si vede da questi pochi stralci – non una selezione per merito ma un esempio del contenuto del libro – la sofferenza, la voglia di libertà, la rabbia e la paura sono sentimenti che si alternano alla riflessione, alla speranza, a una gioia di vivere che non viene domata dal dolore fisico e dalla costrizione.

“L’ospedale nasce come luogo di cura e assistenza, un luogo di sofferenza. Ebbene, oggi questo ospedale, attraverso l’amore e la passione per il loro lavoro di medici, infermieri e insegnanti vuole dare al bambino ricoverato la possibilità di abbattere le barriere che li separano dal resto del mondo, dai loro affetti, e di esternare liberamente, per quanto la loro condizione lo consenta, i propri sentimenti, trasformando le quattro mura colorate della stanza in un ambiente di condivisione, creatività ed ingegno per andare oltre la malattia e la quotidiana fatica del combatterla”. Ha detto la dottoressa Elda Longhitano, direttore di presidio del Policlinico.
Questo libro nasce come percorso didattico per i bambini ricoverati ma è una testimonianza di vita che, come ha affermato Erio Bagni di ASEOP (Associazione Sostegno Ematologia Oncologia Pediatrica) “stimola nei ragazzi il desiderio di solidarietà nei confronti dei loro compagni meno fortunati”.

“Ci sono 3 parole chiave, ed altrettanti valori, in questo bel volume “Dialoghi con l’anima” e nelle esperienze di cui rende conto – dice il prof. Giorgio Zanetti Vice Preside della Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia – La prima parola chiave è la scuola, che risulta riaffermata anche nella situazione difficile della malattia, della sofferenza e dell’ospedalizzazione. La scuola è sempre e comunque proiezione verso il cambiamento e verso il futuro: esprime una meta, quella dell’educazione, che si proietta verso il futuro, e per questo, per i bambini malati, come per gli altri, è sia segnale forte di cura sociale, sia veicolo di speranza individuale.

La seconda parola chiave è ravvisabile nella parola, questo medium antico, poco tecnologico e infinitamente maneggevole, anche nella società tecnologica. La parola parlata, come quella scritta delle poesie è lo strumento principale dell’espressione e della comunicazione.
Padroneggiare la parola e cercare di domarla a fini espressivi è una bella e affascinante sfida per i grandi come per i piccoli. La terza parola chiave è il simbolo, nella narrazione, come nella fiaba, così pure nella poesia, esprimere sentimenti, emozioni, pensieri sotto forma di simboli che vuol dire poter parlare anche di temi difficili e anche della sofferenza; i simboli, (dal bosco all’acqua, dal volo degli uccelli ai buoi della notte, ci permettono di costruire un lessico non brutale ma indiretto per parlare anche delle nostre inquietudini più gravi e delle sofferenze più radicali dell’uomo”.
“Tra i tanti pregi di questa iniziativa, c’è quello di avere saputo unire le forze di diversi soggetti, tra cui una scuola d’infanzia comunale, una scuola elementare statale e una biblioteca – afferma l’assessore all’Istruzione del Comune di Modena Adriana Querzè, che coglie l’occasione per ricordare altri progetti a favore di bambini e ragazzi ricoverati – anche quest’anno ci sono 3 bambini che riescono a seguire le lezioni scolastiche dall’ospedale oppure da casa grazie ai progetti di teleapprendimento. Con un PC portatile, un collegamento a internet e una webcam che il Comune di Modena mette a disposizione della scuola e della famiglia, ai bambini che non possono frequentare le lezioni viene data la possibilità di partecipare a distanza”.