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I reggiani hanno le tasche vuote? Legacoop presenta i risultati di un sondaggio


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Il 61% dei reggiani ritiene la propria situazione economica peggiorata negli ultimi due anni, e di questi reggiani il 26,9% pensa che la causa sia il minor potere d’acquisto, il 25,9% la minor capacità di risparmio, il 20,3% la preoccupazione per il futuro, il 16,5% la difficoltà ad arrivare alla fine del mese e il 10,4% il cambio dello stile di vita. Sono questi alcuni dei dati che escono da un sondaggio demoscopico che Legacoop Reggio Emilia ha commissionato alla società Piramix. I risultati dell’indagine sono stati presentati dal presidente e dal direttore di Legacoop Ildo Cigarini e Mauro Degola, e dalla presidente di Piramix Catia Iori.

“Per quanto ci riguarda – anticipa subito il presidente Cigarini – la situazione preoccupante che emerge da questa indagine è un ulteriore stimolo ad elaborare sin dalla prossime settimane proposte per il nostro territorio e per i reggiani, da confrontare con le istituzioni, le forze politiche, le organizzazioni imprenditoriali e sindacali”.
L’indagine sui reggiani di fronte alla crisi economica e finanziaria è successiva a quella di SWG realizzata su tutto il territorio nazionale con uno spaccato su Reggio Emilia. “Il risultato della nostra indagine – spiega Cigarini – conferma in negativo quanto già emerso da quella inchiesta: i reggiani si sentono più poveri non solo economicamente ma anche sul piano delle aspettative sociali. Emerge una preoccupazione per il futuro e una incertezza di fondo sulle prospettive economico-sociali in generale e nello specifico del nostro territorio.” Naturalmente il grado di disagio sociale è articolato per categoria di età, di professione e ceto sociale. Nella fascia di età tra i 18 e i 29 anni il 47% ritiene la situazione peggiorata, e il 31,8 migliorata. Mentre nella fascia dai 30 ai 44 anni ben il 63,7% ritiene la situazione peggiorata, e solo il 14,7% migliorata. Nell’ultima fascia, oltre i 56 anni, la percezione del peggioramento riguarda il 69%, mentre nessuno ha visto un miglioramento. Se si passa alla condizione economica tra imprenditori e dirigenti il 60% ritiene la situazione peggiorata, e migliorata il 20%. Tra i liberi professionisti per il 55,6% la situazione è peggiorata, e per il 18,5% migliorata. Il 69,4% dei lavoratori autonomi ritiene la situazione peggiorata, e il 18,4% migliorata. Il peggioramento è percepito tra i giovani precari al 60%, con un 10% che vede un miglioramento. Nei lavoratori dipendenti il peggioramento è visto dal 54,3%, con un 19,8% che vede un miglioramento. Ancora più pesante la situazione per gli immigrati: 75% peggioramento e 25% invariata; mentre per i pensionati il peggioramento è al 71,9%, il con il restante che vede la situazione invariata.
“Il maggior disagio – commenta Cigarini – è avvertito da imprenditori, dirigenti, lavoratori autonomi, dipendenti, pensionati e immigrati. Ovviamente i precari avvertono una maggiore precarizzazione della loro condizione. Precari, dipendenti, pensionati sentono la crisi mordere sulla loro condizione sociale e avvertono una pesante caduta del loro potere di acquisto. Tra gli imprenditori, dirigenti, lavoratori autonomi è certamente prevalente l’incertezza e il disagio per un futuro che non si riesce ad interpretare. Il ceto medio si sente impoverito, le classi popolari colpite nelle primarie necessità di sussistenza e sicurezza sociale e gli imprenditori insicuri del domani. In sostanza – è il commento di Cigarini –i reggiani si sentono poveri di futuro”.

“Questa volta, anche in una Reggio tutta risparmio e operosità – aggiunge Catia Iori, che ha curato l’indagine – è difficile battere il tasto dell’ottimismo ad oltranza perché anche ad essere spaventosamente incoraggianti, il silenzioso accumulo di ricchezza degli anni precedenti non fa sviluppo, non crea legami, non dà ali a progetti nuovi rinnegando eccessive speranze”.
Commentando nel merito i risultati dell’indagine Catia Iori aggiunge che “razionalmente il reggiano medio non ha motivi seri per parlare di un’ipotesi di declino o di impoverimento: lo stesso clima in cui si è svolta l’indagine dimostra che il campione degli intervistati oscilla tra il pudore di manifestare incertezza circa il proprio futuro economico e una sana ostinazione a confermare che sì per ora lo stile di vita non sta piegando al peggio nella buona sostanza, ma la preoccupazione per un futuro non così lontano è più che realtà, è una constatazione vera”.
Interessanti anche i dati reagitivi ai cambiamenti nelle scelte di acquisto: il 39,7% fa meno acquisti, il 38,1% fa più attenzione alle offerte promozionali, il 14,3% acquista prodotti di valore inferiore e il 7,9% cambia luogo di acquisto. Alla domanda invece “cosa le servirebbe di più per venire incontro al disagio” il 29,9% indica affitti inferiori, il 27,3% promozioni, offerte e sconti, il 14,9% una sanità pubblica più uniforme, il 12,7% rette più economiche, il 10,7 un welfare più garantito e il 4,5% trasporti pubblici a rete.
Per Catia Iori “è una città in chiaroscuro quella che esce dall’indagine presentata, ancora capace di recitare un ruolo tutt’altro che indecoroso ma avviata a una congiuntura difficile , incerta, per certi versi imprevedibile. E’ come se si continuasse a vivere in parte sugli allori del passato con un grado di consapevolezza maggiore o minore. Le priorità di vita per garantirsi un tenore di vita dignitoso sono chiare: la casa in assoluto, la sua cura, la sua manutenzione, la bellezza degli arredi e l’aggiornamento tecnologico e informatico. Quindi, in sintesi si spende meno per i prodotti alimentari e di più per i servizi, aumenta il ricorso alle rate, si va a caccia di sconti e di offerte promozionali, ma sempre con un occhio alla qualità. E al contempo non si può fare a meno del cellulare di ultima generazione. I tre quarti dei reggiani non si sente certo povero o impoverito e in ogni caso farebbe fatica ad ammetterlo: ma preoccupato o più alle strette rispetto al passato prossimo, certamente sì. Ne risulta – conclude la presidente di Piramix – una realtà sostanzialmente ambigua, un’inerte poltiglia per dirla col Censis, in cui non ci si può spaventare troppo ma di certo c’è una progressiva esperienza del peggio, congiuntamente a una indefinita paura di un futuro indecifrabile e vischioso”.
I dati dell’indagine presentata da Legacoop sono stati rilevati nel settembre scorso, ”Se la stessa indagine fosse fatta oggi – è il commento finale di Ildo Cigarini – sicuramente troveremmo questa situazione non solo confermata ma peggiorata. In questo contesto cambiano le priorità di consumo delle diverse categorie sociali, gli stili di vita e le aspettative sociali. La decisione di promuovere questa indagine non era ovviamente solo mossa da una curiosità sociologica ma dalla necessità di un esame della nuova situazione sociale, per trarre da essa spunti e obiettivi per una azione che necessariamente non può che essere congiunta tra cooperative, imprese private, sindacati e istituzioni. I reggiani ‘vedono nero’ e questo è un fatto, ma le forze sociali e istituzionali hanno il dovere di adoperarsi, nell’ambito delle specifiche competenze e nella consapevolezza che le soluzioni non possono essere solo locali, per accendere ‘una luce’, per dare vita ad una ragionevole speranza che le cose possano migliorare, mettendo a sistema il meglio delle risorse economiche, sociali, culturali e istituzionali del territorio.

I dati sul campione dell’indagine
Sesso: 47,3% femminile, 52,7% maschile
Età: 18-29 anni, 25%; 30-44 anni, 38,6%; 45-56%, 20,5%; oltre 56 anni, 15,9%
Fascia professionale: lavoratori dipendenti 43,9%, lavoratori autonomi 18,6%, Immigrati, 3,4%, pensionati 12,1%, imprenditori/dirigenti 3,8%, liberi professionisti 10,2%, giovani precari 8%
Fascia sociale: famiglia cumulativa 52,9%, famiglia monoreddito 17%, single plurireddito 3,5%, single monoreddito 26,6%