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Studi settore: l’analisi dell’Osservatorio Economico delle PMI di Confesercenti

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Si allarga in modo preoccupante la forbice tra l’andamento economico reale delle imprese e la fotografia virtuale che scatta annualmente il Fisco attraverso gli studi di settore. È questo il segnale più eclatante che emerge dalla elaborazione effettuata dall’Osservatorio Economico della PMI modenese, gestito dal Centro Studi di Confesercenti Modena, che ha analizzato gli Studi di Settore degli ultimi tre anni d’imposta, 2005, 2006, 2007. Obiettivo dell’analisi valutare l’impatto derivante dall’introduzione degli Indici di Normalità Economica, che hanno gravato dall’anno d’imposta 2006.

Molto ampio il panel di aziende monitorate, un numero che sottolinea la valenza statistica dell’attività svolta dall’Osservatorio. In particolare sono state analizzate 2043 imprese nel 2005, 2561 nel 2006 e 2585 nel 2007. La lente d’ingrandimento ha messo a fuoco ben 156 Studi di Settore.

Due i parametri che rimarcano come l’applicazione degli Indici di Normalità Economica abbiano inciso in modo negativo nel rapporto tra fisco e impresa: la congruità, vale a dire l’aderenza spontanea ai valori indicati dall’Agenzia delle Entrate e gli adeguamenti, cioè la capacità delle imprese di rientrare nei parametri definiti dagli Studi di settore. Rispetto alla congruità i numeri sono inequivocabili: nel 2005, prima dell’introduzione degli Indici di Normalità, avvenuta nel 2006, le aziende congrue erano oltre il 70%, nel 2006 sono scese al 51%, stesso valore che si riscontra per il 2007. Assistiamo perciò ad un calo drastico della capacità da parte delle imprese a rientrare spontaneamente. In provincia di Modena fra il 2005 ed il 2006, la diminuzione è stata particolarmente significativa arrivando al 20%. Il trend negativo si accentua ulteriormente se si allarga l’orizzonte geografico a livello regionale. In questo caso emerge nei tre anni di riferimento le aziende congrue sono scese del 23%.

L’aumento della distanza tra il reale andamento dell’impresa e quanto richiesto dal Fisco è ulteriormente suffragato dall’analisi dei dati sugli adeguamenti. Fra le ditte che non sono riuscite naturalmente a rientrare nei parametri degli Studi di Settore, numero, come ricordato, in crescita, si assiste ad un calo rilevante anche di quelle che, comunque, non sono state in grado di adeguarsi. Ancora una volta i numeri sono chiarissimi: nel 2005 tra le imprese non congrue il 57% era riuscito ad adeguarsi, percentuale che l’anno dopo si è quasi dimezzata arrivando al 31%. Nel 2007, infine, il dato è leggermente risalito assestandosi al 37%.

Decisamente significativo il dato relativo all’aumento della pressione fiscale sulle imprese. Coloro che hanno provveduto all’adeguamento al fine di evitare lunghi ed incerti contenziosi con il fisco, hanno infatti dovuto sostenere maggiori imposte per circa 5000 euro ad impresa.

Dai diversi settori analizzati emergono tuttavia dinamiche differenti: siamo in presenza di una maggiore capacità di rientrare spontaneamente nei parametri dettati dagli Studi di settore da parte dei bar che nel 2006 erano risultati congrui per un 59,7%, percentuale che nel 2007 sale al 63,4%, e dei ristoranti con un 66% nel 2006 ed un 69,2% nel 2007.

Diminuisce invece tale capacità nel commercio al minuto di abbigliamento con una congruità pari al 59,6% per il 2006 e del 54,2% nel 2007; stesse difficoltà si ritrovano nel settore dell’ambulantato che, facendo la media tra le varie merceologie, evidenzia un 57,9% nel 2006 ed un 52,2 nel 2007; criticità ancora più evidenti interessano, infine, l’intermediazione, che presenta uno scostamento negativo che passa da un 33,5% nel 2006 ad un 30,5% nel 2007.

Pur all’interno di diversità tra i singoli settori, l’analisi complessiva evidenzia quindi come la forbice fra la redditività reale delle imprese e gli Studi di Settore si è progressivamente allargata. Occorre prioritariamente rilevare che l’utilizzo di strumenti rigidi come gli Studi di settore per misurare i ricavi risulta chiaramente inadeguato in quanto non rispondono più ai cambiamenti repentini determinati dalla crisi economica, crisi che, sempre più spesso condiziona, negativamente l’andamento delle imprese.

Con la massima urgenza e già a partire dall’anno d’imposta 2008 occorre quindi rivedere profondamente i parametri utilizzati per determinare i ricavi e la redditività delle imprese per correggere le distorsioni che stanno emergendo e introdurre maggiori elementi di correttezza e trasparenza nel rapporto tra impresa e fisco. In alternativa saranno sempre meno le imprese in grado di sostenere l’imposizione fiscale richiesta. A questo occorre aggiungere che la recessione economica che determina un pesante impatto sui consumi, oltre che una maggiore difficoltà di accesso al credito, andrebbe ad innescare una spirale negativa destinata a relegare le imprese sempre più verso la marginalità o addirittura l’espulsione dal mercato come peraltro, i dati relativi alle ditte iscritte alla Camera di Commercio stanno purtroppo confermando.