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Riforma Gelmini, dibattito in Consiglio provinciale a Modena


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I provvedimenti del Governo sull’istruzione sono «un colpo gravissimo alla scuola, avranno conseguenze pesanti sulle famiglie e metteranno seriamente a rischio la qualità del sistema scolastico». La critica alla “riforma Gelmini” è contenuta in un ordine del giorno presentato dal Pd e approvato nei giorni scorsi dal Consiglio provinciale di Modena (con il voto favorevole di Pd e Prc, quello contrario di Fi-Pdl, Popolari liberali-Pdl e Verdi).

Approvato anche l’ordine del giorno sottoscritto da Prc e Verdi (votato dai proponenti e dal Pd, contrari Fi-Pdl e Popolari liberali-Pdl) che alla critica al progetto Gelmini aggiunge quella alla “mozione Cota” sull’introduzione delle classi di inserimento che «accentuano le diversità tra gli studenti trasformando i bambini stranieri in cittadini di serie B».

Respinto invece (con il voto contrario di Pd, Prc e Verdi, e quello a favore di Fi-Pdl e Popolari liberali-Pdl) l’ordine del giorno presentato da Giovanna Bertolini per Forza Italia che esprimeva «il totale dissenso alle iniziative di protesta assunte dal fronte del no pregiudiziale a ogni cambiamento e progetto per restituire alla scuola il senso della sua missione» e che invitava la Provincia a «diffondere dati attendibili sulla riforma Gelmini».

Presentando il documento del Pd, Elena Malaguti ha affermato che «anche se nella riforma ci sono punti condivisibili, l’impostazione è pericolosa perché la scuola non è una macchina ma una società che educa. Razionalizzare è necessario – ha proseguito – ma bisogna vedere quanto e in che modo: sarebbe opportuno approvare un nuovo patto educativo, potenziare le autonomie valorizzando le realtà virtuose e soprattutto impostare il cambiamento con il concorso di tutti i soggetti coinvolti e alla luce del dibattito pedagogico».

Per Marisa Malavasi (Fi-Pdl) il provvedimento del ministro Gelmini, trasformato in legge in ottobre, «è stato avversato perché nelle scuole e nelle università si è formato un blocco conservatore che vuole mantenere lo status quo. Il ministro Gelmini ha invece deciso di portare avanti il cambiamento senza mediazioni e questo spiega tanto astio nei suoi confronti». Per Stefano Lugli (Prc) non si tratta di una riforma «ma di un mero taglio di spesa che inoltre punta a una privatizzazione delle scuola e dell’università togliendo il “pubblico” dove invece ce n’è più bisogno». Per Luca Caselli (An-Pdl) la «sinistra ha perso una buona occasione per collaborare: dice di no a tutto anche se siamo d’accordo che si deve tagliare». Per Giorgio Barbieri (Lega nord) non si tratta di una riforma «ma di una svolta tecnica che può convincere o no ma portare in piazza i bambini per contestarla è vergognoso. Oggi non c’è più qualità e s è creato solo uno stipendificio». Anche secondo Andrea Sirotti (Pd) non si tratta di una riforma ma di «un provvedimento eterodiretto dal ministro Tremonti che deve fare cassa e per questo ha “manomesso” la scuola. Vedremo – ha concluso – come riuscirete ad assicurare il tempo pieno».

Walter Telleri (Verdi), non condividendo «la visione per cui tutto il nuovo sta da una parte e tutta la conservazione dall’altra», ha sostenuto che «fino a oggi la scuola è stata di qualità per tutti, compresi gli alunni diversamente abili. D’ora in poi invece dovranno tornare a occuparsene le famiglie da sole». Preoccupata che «il welfare ricada di nuovo sulle spalle delle donne» è anche Caterina Liotti (Pd) per la quale «la mancanza del tempo pieno penalizzerà le famiglie e soprattutto le donne che non riusciranno a mantenere il lavoro». Per Antonella Orlandi (Fi-Pdl) della riforma Gelmini «si è recepito poco e strumentalizzato tanto. È giusto dare dignità agli insegnanti con stipendi più alti ma anche con una selezione del personale».