Home Letteratura Un volume documenta la ricchezza e la varietà dei “Musei Universitari Modenesi”

Un volume documenta la ricchezza e la varietà dei “Musei Universitari Modenesi”


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L’origine dei Musei Scientifici Modenesi derivò come conseguenza diretta della riforma universitaria voluta da Francesco III d’Este nel 1772 con le Costituzioni per l’Università di Modena, che sottrasse l’organizzazione degli studi alla Congregazione di San Carlo che fino a quel momento aveva retto lo Studio Pubblico. E oggi, dunque, con le loro collezioni, i loro strumenti di ricerca e le loro biblioteche essi rappresentano la memoria storica non solo dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia, ma anche della società e sono testimoni del percorso e della evoluzione della scienza e del sapere in ambito modenese.


Di tutto questo, del patrimonio culturale custodito presso l’Ateneo, parla il volume “Musei Universitari Modenesi” (Editrice Moderna, 2008), curato dal prof. Antonio Russo e dalla prof. ssa Elena Corradini, che hanno raccolto i contributi recati alla conoscenza di questi giacimenti (Musei Anatomici, Museo di Storia Naturale, Museo Mineralogico e Geologico Estense, Orto Botanico, Museo di Zoologia e Anatomia Comparata, Osservatorio Geofisico, Museo di Paleobiologia) dei loro direttori e curatori: Rita Maramaldo, Lucrezia Mola e Bernardo Fratello; Milena Bertacchini; Daniele Dallai; Alessandro Vescogni e Paolo Serventi; Ivano Ansaloni, Aurora Pederzoli, Roberto Guidetti e Laura Baraldi; Renato Santangelo. Il tutto preceduto da un saggio di Fernando Taddei che ripercorre gli oltre 800 anni di storia e le alterne fortune dell’Università di Modena e di Reggio Emilia e dalle presentazioni dell’ex Rettore Giancarlo Pellacani e del Presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Modena Andrea Landi, che ha concorso al finanziamento del progetto editoriale.

“Singolarmente – fa notare il Rettore Aldo Tomasi – l’uscita di questa pubblicazione coincide col 250° anniversario della istituzione dell’Orto Botanico, che segnò a livello modenese l’avvio di quella stagione di collezioni enciclopediche e classificatorie naturalistiche che traevano slancio dall’affermazione dell’Ateneo e che, altrove, in Europa, erano andate diffondendosi tra il Cinquecento ed il Seicento. Questo volume ha il pregio di offrire uno sguardo panoramico sui materiali e le particolarità che rappresentano il contributo culturale dell’Ateneo alla sua città. I Musei Universitari sono i primi musei della nostra città ad essere stati istituiti a Modena, come in altre sedi universitarie, con una specifica funzione educativa che oggi sosteniamo come prevalente per essi e che, allora come ora, è strettamente legata all’insegnamento delle discipline di cui sono espressione. Il volume costituisce una prima presentazione generale delle significative collezioni presenti nei nostri Musei Universitari, indispensabile punto di partenza per procedere ad ulteriori approfondimenti. Non è molto rispetto agli ambizioni traguardi che ci siamo assegnati, ma è un primo importante passo per far conoscere e valorizzare compiutamente quanto può dare l’Università al recupero della dimensione culturale di Modena ed alla sua proiezione turistica in ambito nazionale e internazionale”.

Attraverso le 190 pagine de “Musei Universitari Modenesi” si può cogliere lo spessore dell’impegno che hanno posto attraverso oltre due secoli i docenti modenesi nell’insegnamento delle loro discipline e, soprattutto, nella trasmissione delle conoscenze e conquiste scientifiche, che tanto hanno concorso al progresso umano e sociale.

“Ora i Musei Universitari – commenta il Presidente della Fondazione Cassa di Risparmio Andrea Landi –, come per tutti i musei scientifici, si devono confrontare con l’evoluzione spettacolare delle scienze e con la necessità di proporre allestimenti percorsi formativi capaci di coinvolgere un pubblico sempre più ampio e differenziato, come è stato in anni recenti con le mostre organizzate dal Dipartimento del Museo di Paleobiologia e dell’Orto Botanico, o ancor più recentemente con quella europea sulle Piante, sostenute dalla Fondazione. Tutte rassegne, incentrate su importanti temi di attualità, che hanno consentito a larghe fasce di pubblico la fruizione dei risultati delle ricerche più recenti”.

L’essere depositari di un enorme e pressoché sconosciuto patrimonio, che solo negli ultimi anni ha visto crescere attorno l’interesse e la curiosità del pubblico e della cittadinanza modenese con le varie aperture straordinarie succedutesi in occasioni di particolari manifestazioni nazionali od internazionali, ha fatto maturare la consapevolezza e la responsabilità negli autori di rendere proporre un prodotto editoriale che renda facilmente fruibile a tutti la scoperta di cosa si nasconde nei vari depositi universitari, alcuni dei quali limitatamente accessibili. Eppure come descrivono e raccontano le immagini fotografiche che corredano il volume, si tratta in molti casi di materiali, strumenti e reperti di rara bellezza, unici e singolari, che documentano la ricchezza di questo patrimonio che si vuole condividere con la città, collegando in maniera più strutturata le iniziative dell’Ateneo a quelle promosse da altre istituzioni.

Si tratta di collezioni di grande rarità, come le sculture ostetriche di terracotta policroma realizzate nella seconda metà del Settecento dallo scultore Giovan Battista Manfredini che costituirono a Modena il primo Museo Ostetrico, collegato all’importante Teatro Anatomico che Antonio Scarpa fece costruire nell’area del Grande Ospedale, su modello di quello di Padova, da dove l’illustre studioso di anatomia proveniva. E ancora presso la sede dei Musei Anatomici è stata riallestita una singolare collezione di reperti di anatomia patologica, zoologia, parassitologia e etnografia proveniente in massima parte da Libia, Eritrea e Somalia, legata agli studi di Giuseppe Franchini, illustre medico tropicale sta che negli Trenta del secolo scorso costituì a Modena l’Istituto di Patologia Coloniale e il primo museo ad essa dedicato. Numerose sono anche le raccolte o gli oggetti significativi presenti anche negli altri Musei Universitari: tra questi i minerali dell’Arciduchessa Maria Beatrice o le raccolte geogniostiche di Pietro Doderlein, o il meteorite di Albareto, caduto nel 1766, o le Piante succulente o le collezioni di exsiccata negli erbari dell’Orto Botanico, o ancora la coppia di uova di dinosauro provenienti dalla Mongolia o dell’elefante “nano”, proveniente dalla Sicilia, del Museo di Paleobiologia, o lo Squalo bianco del Museo di Zoologia o, ancora, il cerchio meridiano Reichembach del 1826 dell’Osservatorio Geofisico.

“L’auspicio – confermano i curatori del volume Antonio Russo ed Elena Corradini – è che
questo volume costituisca l’avvio di una serie di attività volte a studiare le nostre collezioni, a catalogarle per dotarle di adeguati strumenti conoscitivi e documentari che consentano di evidenziare percorsi espositivi differenziati in base alle esigenze dei diversi tipi di pubblico che frequenta i musei scientifici. I musei sono infatti strumenti di comunicazione specificamente destinati alla trasmissione di messaggi scientifici e il pubblico a cui si rivolgono non è uniforme ma massimamente differenziato. L’auspicio è che i propositi di valorizzazione di questo patrimonio non si fermino alla sua descrizione e documentazione, ma che essi concorrano a far muovere l’orgoglio della comunità e delle sue istituzioni affinché – presto – si giunga a renderne permanente la fruizione”.