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Modena: workhop internazionale sulla prevenzione e cura dell’epatocarcinoma


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Prevenzione e cura dell’epatocarcinoma, sono i temi del workshop in programma il 23 e il 24 gennaio 2009 al Forum Monzani di Modena. Organizzato dal prof. Antonello Pietrangelo, direttore della Struttura complessa di Medicina II e del Centro Malattie Eredometaboliche del Fegato – CEMEF dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Modena, l’importante appuntamento metterà a confronto esperti internazionali di scienze di base, epatologia clinica e chirurghi trapiantologi per discutere in modo esauriente alcune scottanti problematiche relative al tumore primitivo del fegato.

In particolare, si affronteranno alcuni aspetti di grande attualità: gli aspetti patogenici di base e le implicazioni per la prevenzione e cura; l’ottimizzazione della terapia con farmaci antivirali per prevenire l’insorgenza della cirrosi e dell’epatocitoma in pazienti con epatite virale; lo screening e la diagnosi attraverso le tecniche per immagini; il ruolo dell’ istopatologia epatica; le terapie chirurgiche locali ed il trapianto; le terapie locoregionali e le terapie innovative.
Professionisti provenienti da tutto il mondo presenteranno lo stato dell’arte su questi argomenti recando contributi aggiornati sui propri studi e sulle proprie ricerche. Grande spazio però sarà anche dato alla discussione aperta con il pubblico. La struttura del workshop è stata, infatti, concepita in quattro diverse sessioni ognuna delle quali sarà conclusa da una tavola rotonda con dibattito preordinato e domande dei partecipanti.

L’epatocarcinoma, il tumore primitivo del fegato, è una delle più frequenti neoplasie maligne nel mondo. In Italia nell’ultimo trentennio si è osservato un progressivo incremento delle segnalazioni di morte per tale tumore. Secondo gli ultimi dati Istat, nuovi casi di tumore si verificano in media in 10-15 persone su 100.000 abitanti ogni anno. L’epatocarcinoma può verificarsi sia in soggetti esenti da malattia epatica che in pazienti affetti da malattia epatica cronica (soprattutto cirrosi). Nei paesi occidentali insorge prevalentemente nei pazienti affetti da cirrosi. Il rischio di ammalarsi di tale forma tumorale è, comunque maggiore nei soggetti epatopatici di sesso maschile e di età intorno ai 60 anni.
I fattori implicati nella genesi dell’epatocarcinoma sono essenzialmente quelli che con corrono nel determinare l’insorgenza di cirrosi e, soprattutto, i virus epatitici B e C. La cirrosi è in se stessa considerata un fattore di rischio di sviluppo di epatocarcinoma.

“L’epatocarcinoma – commenta il prof. Antonello Pietrangelo dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Modena – è un tumore subdolo e ha spesso un decorso lento, e difficilmente dà localizzazioni secondarie, mentre predilige la disseminazione locale. E’ inoltre poco sensibile e, in molti casi, assolutamente non sensibile, alla chemioterapia. La migliore terapia è attualmente il trapianto epatico. Tuttavia, tale possibilità può essere impiegata solo in un numero limitato di pazienti con particolari caratteristiche. Ciò rafforza la necessità di una diagnosi precoce. In una parte dei pazienti possono essere eseguite terapie di resezione chirurgica parziale o terapie locoregionali”.