Lo  sciopero indetto per domani venerdì 13 febbraio dalla FIOM/CGIL e dalla FP/CGIL  con manifestazione a Roma, rappresenta l’avvio delle iniziative di protesta  e  di  lotta  indette  dalla  CGIL  nazionale  contro la politica economica  del  governo,  incapace  di  definire  un  intervento adeguato a garantire   tutela   del   lavoro  e  interventi  finalizzati  al  rilancio
dell’economia.
Il  Governo  italiano,  a  differenza  degli  altri Paesi, non è riuscito a mettere  in  campo  le  risorse  e  le  proposte  necessarie. Ha evitato il confronto  con  le  richieste unitariamente avanzate da CGIL, CISL e UIL su rafforzamento  del  welfare,  sostegno  alla  domanda  interna  mediante il rafforzamento  del  potere  di acquisto dei salari e delle pensioni, non ha messo  in  campo  risorse adeguate atte a tutelare la marea di lavoratori e lavoratrici che hanno perduto o stanno perdendo il posto di lavoro.
Si tratta in gran parte di giovani e ragazze da tempo assunti con contratti di  lavoro  precari e non rinnovati alla scadenza, lavoratori delle piccole imprese,  del commercio o di soci di cooperative, che restano disoccupati o sospesi.
Situazione  ulteriormente  aggravata  per i cittadini stranieri che a causa delle  incivili  leggi del centrodestra (pacchetto sicurezza in discussione alla Camera) rischiano in caso di perdita del lavoro, di essere considerati clandestini ed espulsi dal nostro Paese.
CGIL   CISL   UIL  avevano  unitariamente  rivendicato  l’estensione  degli
ammortizzatori  sociali,  come  previsto dall’accordo del Welfare del 2007.
Richiesta  che  non ha ottenuto risposta, mentre i “mirabolanti interventi”
annunciati in materia dal ministro Tremonti, non sono operativi. La legge è stata  promulgata a gennaio, ma  mancano le direttive attuative. Scelta che nasconde l’inadeguatezza   delle risorse messe in campo.
La  solita storia: grandi proclami utili a coprire il vuoto, come attestato dalla  nefasta  esperienza  della  social  card,  di  cui  i  cittadini e i pensionati  sono  i  beffati testimoni, a cui si aggiunge l’ulteriore beffa che anche i pochi euro messi a disposizione non vengono erogati.
In tale contesto nasce l’accordo separato sulle regole contrattuali.
Il  22  gennaio 2009 il Governo, dopo aver convocato tutte le parti sociali per  presentare e discutere i provvedimenti anticrisi, incapace di avanzare una proposta ha, in stretto raccordo con Confindustria volutamente cambiato l’Ordine  del giorno dei lavori, presentando il testo sulla “controriforma”
del modello contrattuale e chiedendo a tutti l’immediata adesione.
Un  testo  definito da Governo e Confindustria non emendabile. Un testo che contravvenendo ai contenuti della piattaforma unitaria:
–  non  prevede  il recupero e la valorizzazione di salari e stipendi ma ne programma la  riduzione;
– riduce il ruolo del CCNL e l’autonomia delle categorie;
–  non rafforza e non estende la contrattazione decentrata, ma ne limita le materie;
–  riduce  il  potere  di intervento dei lavoratori sull’organizzazione del lavoro e le condizioni delle loro prestazione;
–  lega gli aumenti del salario aziendale ai benefici e ai vincoli di legge su  detassazione e decontribuzione, rendendo pertanto la contrattazione del salario aziendale solo variabile e non più consolidato, come già dimostrato dalle  pretese  avanzate  da  Confindustria  di  Modena  che  ha  chiesto a Sindacati  e  RSU  di  cambiare le richieste contenute nelle piattaforme di alcuni  rinnovi  contrattuali  di  importanti  aziende  modenesi,  perché o materie  già disciplinate dal ccnl (e quindi non contrattabili due volte in base  al  nuovo  accordo), o perché prevedono il consolidamento del salario aziendale;
–  prevede  norme  che  se rese operative limitano il diritto di sciopero e alterano il principio sancito dalla Costituzione, che riconosce lo sciopero come diritto individuale che si esercita in modo collettivo;
– cambia attraverso la modifica della bilateralità il ruolo e la natura del sindacato ed apre la strada alla costituzione di una “nuova casta”.
Di fronte all’incapacità del Governo di rispondere alla crisi e predisporre adeguati ammortizzatori sociali, contro la volontà di dividere il Sindacato con  l’obiettivo  di  colpire  i  lavoratori, isolare la CGIL e ridurre gli spazi  di  democrazia  nel  Paese,  abbiamo  messo  in  campo iniziative di mobilitazione  e  di  lotta,  a  cominciare dallo sciopero di domani, dalla capillare  campagna  di  assemblee nei luoghi di lavoro e fra i pensionati, per  arrivare al referendum entro fine marzo sull’Accordo, effettuare altre
4  ore  di  sciopero  a  livello  territoriale,  sino  alla  manifestazione nazionale a Roma sabato 4 aprile.
Tutto questo trova ragione in motivi squisitamente sindacali. Non credo che si esca dalla crisi rendendo più deboli i deboli, e mi sottraggo al disegno di  chi  pensa,  all’interno  del Governo, che il Sindacato debba diventare complice delle imprese.
Se  tutto  questo  è  politico,  come  definire la scelta di chi ha aderito all’Accordo  con  Governo  e  Confindustria,  venendo  meno  alle richieste unitariamente  predisposte  e  non  si  sente  in  dovere  di far esprimere attraverso il voto tutti i  lavoratori ed i pensionati?
Donato  Pivanti – segretario CGIL Modena
 
            




