Home Modena Inaugurazione del 833°Anno Accademico dell’Università di Modena e Reggio

Inaugurazione del 833°Anno Accademico dell’Università di Modena e Reggio


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Il magnifico Rettore, Prof. Aldo Tomasi, ha aperto ufficialmente oggi l’833esimo Anno Accademico dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia.


A tutt’oggi gli iscritti all’Università di Modena e Reggio Emilia sono 18.400 nei corsi di laurea di primo e secondo livello; inoltre frequentano il nostro ateneo oltre 2000 studenti distribuiti tra i corsi di Dottorato, specializzazione e master, per un totale che si avvicina ai 21.000 studenti. 3775 i nuovi studenti (al 31 gennaio 2009).
Nell’anno in corso l’offerta formativa è stata mantenuta essenzialmente eguale a quella dell’anno precedente per un totale di 89 corsi di laurea, di cui 4 in modalità FAD, ( 67 a Modena, 22 a Reggio Emilia), suddivisi tra 12 Facoltà. Ma, come sapete, abbiamo già definito l’offerta formativa per il prossimo anno accademico: l’Ateneo con una decisione senza precedenti, presa con piena coscienza della situazione che si sta venendo a creare, chiuderà, ovvero se volete accorperà, 8 corsi di laurea ( 6 a Modena 2 a Reggio Emilia), per rimanere all’interno dei parametri statali.

Nella sua relazione d’inaugurazione, il Magnifico Rettore ha analizzato i punti critici del nostro Ateneo.
“Il nostro Ateneo, assieme a spunti sicuramente positivi, mantiene caratteristiche tipiche dell’Università italiana, in particolare reputo tra i maggiori difetti:
• l’autoreferenzialità;

• l’insufficienza, se non inefficacia del sistema di valutazione;
• la bassa efficacia nell’azione degli organi accademici, in particolare le funzioni del Senato e del Consiglio di Amministrazione non sono chiaramente distinte;
• un sistema amministrativo legato alla osservanza della regola e de-responsabilizzato;
• un sistema del reclutamento del personale talvolta non trasparente, dove non sono evidenti i parametri di giudizio e di merito;
• la mancanza di un rapporto continuo e proficuo di risultati con enti locali, istituzioni pubbliche e privati, che fa sì che non esista un organismo dove si possa discutere assieme gli indirizzi e lo sviluppo delle nostre sedi universitarie;

• la carenza di alloggi a prezzo calmierato, ovvero di veri collegi per ospitare studenti ed assicurare il diritto allo studio;

• rigore etico: ai punti appena menzionati, si aggiunge la questione dei comportamenti individuali e sociali all’interno dell’Università. So che nessun codice di condotta e nessuna norma potrà essere risolutiva per eliminare comportamenti scorretti ed eticamente deprecabili. Porterò comunque all’approvazione del Senato Accademico il Codice etico e dei comportamenti.
L’autoreferenzialità va superata introducendo una serie di test obiettivi di misura. Sto parlando in modo specifico della docenza, la valutazione dei corsi va effettuata in modo capillare, si discuterà come e quanto rendere pubblicamente disponibili i risultati. Esiste una diffusa resistenza, sia tra il corpo docente che tra gli studenti a farsi valutare in modo oggettivo. Purtroppo non abbiamo ancora una cultura di come eseguire ed utilizzare al meglio test di misura oggettiva, ma su questa strada ci stiamo incamminando.
Incentivare e premiare lo studente migliore è un punto fondamentale per fare superare alla nostra Università un falso senso di “egalitarismo”, dove tutti risultano “eccellenti”. Occorre inibire quell’alleanza perversa che si viene talvolta a creare tra studente e docente: io ti valuto bene, e tu non mi chiedi impegno, che porta all’appiattimento e alla vera punizione dei migliori. L’appiattimento dei valori colpisce egualmente docenti e discenti.
In assenza di un progetto di valutazione nazionale delle Università, (il CIVR non è certo nel pieno delle sue funzioni, e i nuovi organismi di valutazione sono ancora e tuttora sulla carta,). Il mio predecessore ha dato inizio ad un processo di valutazione portato avanti da esterni, che ah portato ad un’analisi approfondita della docenza, della ricerca e dell’amministrazione. Intendo continuare su questa strada. Sarà necessario riformare la composizione del Nucleo di Valutazione interno, nel contempo occorre migliorare la capacità da parte dei nostri uffici di produrre dati oggettivi, immediati, utili.
Le conseguenze della valutazione dovranno essere visibili. Anche se non sono particolarmente preoccupato per la presenza nel nostro Ateneo di “corsi di laurea bizzarri”, la valutazione precisa e oggettiva darà indicazioni al Senato Accademico su cosa conservare e cosa no. Già a partire dall’offerta formativa 2008-2009 alcuni corsi di laurea sono stati rivisti, alcuni chiusi, altri sono confluiti; la “razionalizzazione” continuerà nel 2009-2010.
Ho insediato una commissione con il compito di rivedere lo Statuto e, di conseguenza, i regolamenti di Ateneo. Le indicazioni sono quelle di analizzare e risolvere le sovrapposizioni, le duplicazioni cercando di rendere l’azione di governo più fluida, prevedibile, trasparente.
Sviluppo di un coordinamento regionale, stimolando la creazione di corsi interateneo, ricercando sinergie a collaborazione. Si potrà mantenere in questo modo un’offerta formativa di elevato livello senza attivare localmente corsi frequentati da pochi studenti ed evitando di assumere nuovi docenti.
Forte azione sull’organizzazione della nostra amministrazione. L’organizzazione interna va rivista, la valutazione dei dirigenti deve essere attuata, dando nel contempo ai dirigenti compiti e responsabilità precise. Far diventare forma mentis di tutti il lavorare a progetto, su parametri misurabili e, quindi, la possibilità di introdurre un sistema di incentivazione.
Nel D.L 1/2009 dopo tanti anni, si è rivisto lo stanziamento di somme per l’edilizia destinata agli studenti. Quindi collegi, camere, appartamenti dedicati agli studenti, nell’ottica di favorire il diritto allo studio. Saremo attivi e attenti nel cogliere tutte le occasioni possibili per utilizzare tali fondi. D’altra parte, il nostro Ateneo già da alcuni anni offre agli studenti oltre 300 posti letto, in un edificio preso in affitto, e questo per sopperire all’insufficiente numero di posti letto messo a disposizione dall’Agenzia Regionale per il Diritto allo Studio.
Creazione di un Comitato di Indirizzo dove si discutano i piani di sviluppo e le linee di attività, dell’Ateneo, ma nello stesso tempo si trovi anche il supporto economico per le iniziative condivise. A questo comitato parteciperanno enti privati e pubblici che lavoreranno, con rispetto della nostra autonomia, per l’interesse collettivo. Farò presto questa proposta a enti locali pubblici e privati. Questo organismo dovrebbe facilitare l’adozione di programmi quadro di sviluppo, ovvero di re-indirizzo dell’attività di docenza e ricerca del nostro Ateneo. Ho già sottolineato che, a legislazione inalterata, l’Università di Modena e Reggio Emilia non potrà rimanere attiva e migliorare l’attività di docenza e ricerca, a meno che non si venga a (ri)creare un accordo quadro dove il tessuto sociale e le forze locali decidano di partecipare attivamente alla vita dell’Ateneo. Quindi discutendo, indirizzando, ma anche, finanziando.
Tra le azioni da intraprendere, intendo dare un posto di particolare importanza all’Internazionalizzazione. Negli attacchi portati negli ultimi tempi all’Università italiana, si sottolinea come in molte statistiche non siano presenti università italiane a primi posti. A seconda delle statistiche utilizzate, tra le prime 500 Università non ci sarebbero più di 3 – 4 Università italiane. Un’altra recente statistica (topuniversity.com) afferma che tra 40 sistemi universitari analizzati a livello mondiale quello italiano si colloca al settimo posto in Europa e dodicesimo nel mondo. Ancor più significativo è il dato relativo ai laureati più facilmente assunti in prestigiose università: i laureati italiani sono terzi al mondo e primi in Europa, in questa graduatoria, che si riferisce ad un dramma italiano, quello della “fuga dei cervelli”, ma che sottolinea al tempo stesso la qualità del prodotto finale delle università italiane.
Quindi, al fatto di spendere poco per il nostro sistema universitario, al fatto che con questo poco e nonostante le “magagne” dell’Università italiana si riesca a dare una decente preparazione ai nostri studenti, si aggiunge ora il fatto che il sistema Universitario italiano finanzia, a tutti gli effetti, la ricerca e la docenza fuori dall’Italia.
Quindi, il fatto che pochissimi studenti stranieri scelgano l’Italia per l’istruzione terziaria diventa un dato, purtroppo, poco rilevante, di fronte ai problemi istituzionali/strutturali che dobbiamo affrontare.
Per sottolineare l’importanza di questo punto, ho oggi invitato il Pro Rettore Sergio Paba, delegato al’internazionalizzazione ad intervenire in questa apertura dell’Anno Accedemico.
All’Università spetta il compito di produrre innovazione culturale, scientifica e tecnologica, nonchè di essere parte attiva nell’intero ciclo della conoscenza, dalla ricerca fondamentale alla ricerca applicata e finalizzata al trasferimento tecnologico. In Italia la ricerca nei suoi vari aspetti è, nei fatti, portata avanti soprattutto dall’Università, e questo nonostante gli investimenti sia statali che privati non raggiungano il 50% di quanto gli altri Stati europei impegnano per la ricerca.
Nel nostro Ateneo si sono attivati Centri di competenza (aggregazioni di ricercatori con competenze interdisciplinari e comuni obiettivi di ricerca), che hanno fatto emergere peculiarità scientifiche che oggi rappresentano le nostre più forti distintività, le nostre “eccellenze”. In questo modo, l’Ateneo, è diventato il più grande, strutturato e qualificato Polo territoriale della ricerca per capacità e numero di docenti, ricercatori e tecnici (quasi 3000 addetti), per tipologie e qualità di attrezzature, per quantità e qualità di strumentazioni scientifiche, nonché di supporti informatici.
La valutazione delle attività e delle strategie di ricerca dei Dipartimenti svolta ormai 2 anni fa da un team di valutatori esterni ha fatto emergere le principali linee di ricerca presenti nel nostro Ateneo, riconoscendo un valore di eccellenza a cinque nostri Dipartimenti. Il Senato Accademico ha conferito a questi dipartimenti posizioni di ricercatore e tecnico, applicando per la prima volta quei criteri di premialità prima enunciati.
Nel corso del 2008, è stato inaugurato il Centro di medicina rigenerativa “Stefano Ferrari” per la produzione di cornee e pelle da cellule staminali adulte. Un edificio ad altissima tecnologia impiantistica di 3000 mq, interamente finanziato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Modena, che ringrazio pubblicamente per l’attenzione con la quale asseconda nostre iniziative. Il Centro ha attirato investimenti da parte di privati dando origine a spin off industriali.
La ricerca applicata è coinvolta in un progetto sostenuto dalla RER, che la vede in prima linea collaborare con il tessuto industriale – economico delle due province. Ritengo di particolare importanza questa interazione. A tal fine sono stati attivati da alcuni anni centri che facilitano l’incontro delle esigenze dell’industria e le risposte che la ricerca applicata può dare. Il sistema, costituito da ILO, Democenter e REI, deve essere comunque rivisto, per conferire più incisività e penetrazione nel territorio. Importanza particolare avrà quell’area di incontro tra Università e Impresa, definita “spin off”.
Occorre che anche l’Industria Modenese e Reggiana ritrovi il gusto di investire e rischiare insieme all’Università. Gli spin off possono divenire i centri propulsori della ricerca e della innovazione nelle due province, ma anche della nostra occupazione.
Terminata la laudatio della ricerca applicata, ribadisco, comunque, l’importanza che l’Università ha nello sviluppare la ricerca di base. La ricerca applicata è il prosieguo della ricerca di base. La rinuncia da parte dell’Università e/o dello Stato nel supportare la ricerca di base, tempo una decina di anni, non farà altro che peggiorare il nostro debito verso gli altri Paesi, con conseguenze incalcolabili.
La nostra struttura scientifica ancora efficace e attiva si evidenzia in numerose e strette collaborazioni e scambi di ricercatori con qualificate Università e Centri di ricerca nazionali ed internazionali, nonché nelle rilevanti risorse finanziarie che i nostri ricercatori acquisiscono dalla partecipazione ai bandi di ricerca nazionali ed Europei
L’interazione tra città e Università e l’avvicinamento dei giovani al mondo della ricerca avviene anche attraverso il tentativo, non del tutto riuscito, di tenere aperto alla cittadinanza con continuità il nostro straordinario patrimonio museale. Ricordo che nel 2008 sono ricorsi i 250 anni della nascita dell’Orto Botanico, voluto dal duca Francesco III d’Este, che decise di destinare una parte del giardino ducale alla coltivazione e alla ostensione dei “semplici” (tra i quali le piante medicinali). Grazie al generoso contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Carpi, presto inizieremo i lavori di restauro del complesso.
Tenendo conto della legge finanziaria che in un piano triennale prevede tagli di oltre il 20% per l’Università italiana, ma soprattutto tenendo conto che l’Università deve rispondere in modo positivo alle richieste del territorio, adattando il proprio “prodotto” a quanto sia effettivamente richiesto dal mercato, possiamo e dobbiamo immaginare un coinvolgimento diretto ed importante del territorio nella gestione e nel supporto economico delle attività universitarie. Se da una parte gli enti pubblici e privati devono partecipare attivamente alla programmazione e alla valutazione del sistema universitario, (vedi la proposta di costituire un comitato di indirizzo), dall’altra, sono convinto, devono divenire co-responsabili nella gestione e nel funzionamento del sistema universitario.
Concludo questa mia relazione con il pensiero ed alcune considerazioni dedicate agli studenti, i giovani senso e essenza della nostra attività.
Con l’affermarsi ed il riconoscimento a livello nazionale di corsi di elevata qualità, penso in particolar modo al secondo e al terzo livello, la mobilità per un buon studente torna ad essere una necessità. Ritengo ciò estremamente positivo, l’eccellenza e la motivazione vengono finalmente riabilitate come importanti componenti della scelta dell’Università. Ma, le spese che lo studente viene chiamato ad affrontare sono spesso insostenibili. In un’Università che vuole formare i migliori studenti, tale fatto non è (non dovrebbe essere) ammissibile. Il valore del diritto allo studio, valore riconosciuto dalla nostra Costituzione, è essenziale ed irrinunciabile. Nella azioni che questo Ateneo svolgerà, verrà sempre data particolare importanza alla selezione e al riconoscimento del migliore, ricercando forme attive di intervento per far sì che chiunque meriti, possa completare il ciclo di studi scelto.
In effetti il “merito” da anni non è stato al centro dell’attenzione, in una applicazione di quel che io vedo come un “falso egalitarismo”. Su questa base si sono sviluppati in questo Paese atteggiamenti difficilmente comprensibili ed, ora, difficilmente sradicabili. Uno di questi è senza dubbio il “fuori corso”. Non conosco casi di altri paesi che ammettano il fuori corso (se non per casi specifici). Il dilazionare, il dare sempre e comunque non solo una seconda chance, ma poi una terza e una quarta ecc. è profondamente diseducativo. Nel nostro Ateneo, già numerosi corsi di Laurea raggiungono e superano il 90% degli studenti laureati in corso, segno di serietà e impegno, non certo di lassismo o facilitazione.
Una particolare attenzione va data alla riforma del dottorato di ricerca con la formazione di Scuole, che rilasciano titoli spendibili a livello nazionale ed internazionale. Intendiamo dare presto inizio ad una istituto superiore di alta formazione, dove si troveranno riuniti tutti i corsi di dottorato. Occorre aumentare il numero dei dottorandi, attualmente circa 200, (poco più dell’1% della popolazione studentesca), a tal fine occorre cercare e stimolare finanziamenti suppletivi, coinvolgendo nei piani di ricerca enti pubblici e, soprattutto, privati, definendo assieme alle imprese dottorati in alto apprendistato”.

Il sindaco di Reggio Emilia Graziano Delrio ha partecipato questa mattina a Modena, con l’assessore a Scuola e Università Iuna Sassi, all’inaugurazione dell’anno accademico ed esprime apprezzamento per la relazione del rettore Aldo Tomasi: “Dopo aver presentato le potenzialità della nostra università – afferma il sindaco Delrio – il rettore ha denunciato con grande coraggio la politica negativa del Governo, che apporterà un taglio di un miliardo in tre anni, mentre gli altri Stati investono e credono nell’educazione e nell’istruzione. Tagli di questa dimensione e la proposta di istituire Fondazioni comportano il rischio gravissimo di una privatizzazione della cultura di terzo livello”.
“Questa denuncia chiara, senza piagnistei – continua il sindaco – è stata accompagnata da un’altrettanto chiara visione strategica del rettore nelle linee di indirizzo della nostra università, che indicano il futuro nell’internazionalizzazione e nella promozione dei giovani ricercatori. Da questo punto di vista la strategia che abbiamo individuato rivolgendoci agli stati generali della città, con l’attrazione dei talenti e la promozione di progetti internazionali di ricerca a Reggio Emilia, ci trova pienamente concordi e impegnati per un lavoro comune”.

“Un’analisi condivisibile”. Con queste parole Manuela Ghizzoni, capogruppo Pd in commissione Cultura alla Camera, commenta la relazione del rettore Aldo Tomasi dopo aver partecipato alle celebrazioni di apertura dell’anno accademico dell’Università di Modena e Reggio Emilia.
“Già a luglio – spiega la parlamentare del Pd – abbiamo rilevato come i tagli imposti dalla manovra estiva di Tremonti avrebbero portato molti atenei al collasso tra il 2010 e il 2011 a rimetterci sarà anche la nostra università, e gli studenti che dal 2011 potrebbero vedersi aumentate le rette universitarie se il Governo non invertirà direzione”.
L’università di Modena e Reggio Emilia, a quanto dichiarato dal rettore, si troverà infatti in profonda difficoltà finanziaria. “Un fallimento che non sarebbe solo dell’Università, ma di tutto il sistema-Modena, che trae dalla ricerca e dall’investimento sulla conoscenza, l’impulso per la crescita e l’innovazione. Le parole di Tomasi – aggiunge Manuela Ghizzoni – confermano
le nostre critiche. Ritengo interessante e apprezzabile la sua proposta di dar vita ad un comitato di indirizzo per fare sistema. Ma enti locali e attori sociali non possono naturalmente surrogare lo Stato nella sua funzione costituzionale di sostegno all’università e alla ricerca”.
“Se questa è pazzia c’è del metodo in essa” dichiara la parlamentare del Pd citando le parole di Polonio nell’Amleto. “Dietro agli spot del Governo che parla di merito e riduzione di sprechi – aggiunge – c’è infatti la logica
dei tagli indiscriminati. Le razionalizzazioni fatte nel nostro Ateneo sono invece l’esito di un decreto promulgato dal precedente Governo di
centrosinistra che ha interrotto la proliferazione dei corsi di laurea, prevedendo criteri qualitativi precisi per dar vita a nuovi corsi. La
Gelmini non ha fatto nulla in questa direzione”.
Secondo l’on. Ghizzoni serve un deciso cambio di rotta: “Davanti alla congiuntura negativa è necessario investire sul sapere. Quando l’onda lunga della crisi sarà passata, solo coloro che hanno potenziato scuola, università e ricerca, potranno competere sullo scenario globale”.