Home Letteratura Presentato il volume “Il Grande Porticato di Piazza d’Armi”

Presentato il volume “Il Grande Porticato di Piazza d’Armi”


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“E’ difficile far convivere un restauro severo e un riuso felice”. E’ con queste parole che l’architetto Franca Stagi, recentemente scomparsa, ha sintetizzato gli obiettivi e le finalità di quell’intervento che ha consentito nel 1994 di trasferire al Foro Boario di Modena la sede della Facoltà di Economia, oggi intitolata al professor Marco Biagi.

Ed è da questa premessa che ha preso corpo l’idea, in occasione del Quarantennale della Facoltà di Economia, di offrire alla città un’opera letteraria, o piuttosto un saggio di storia dell’arte, che consentisse di cogliere a pieno la nuova vita, la bellezza e l’importanza monumentale di questo edificio, che nella sua pianta originale, una fortezza pentagonale che si affacciava sui “prati di piazza d’Armi”, risale addirittura al periodo compreso tra il 1635 ed il 1645, e separava la città costruita dalla Cittadella fortificata.

Nasce così come libro celebrativo, che oggi – per forza di cose – diventa anche omaggio postumo all’architetto progettista e direttore lavori Franca Stagi, “Il Grande Porticato di Piazza d’Armi” (Edizioni Franco Cosimo Panini, 2008), un testo scritto a più mani dove in 135 pagine si racconta e si documenta con bellissime immagini fotografiche della storia (redatta dalla dott. ssa Patrizia Curti), dell’architettura (redatta dall’arch. Franca Stagi), dei disegni di progetto (Franca Stagi) e delle sculture (redatta da Enrica Pagella) che vanno a comporre questo complesso edilizio, restituito – dopo anni di abbandono – alla sua originaria impronta di luogo pubblico, tanto che la stessa Stagi ha potuto commentare nella sua premessa “La solenne linearità, la conservata trasparenza, la monumentale bellezza dell’edificio hanno evidentemente reso possibile ciò che si temeva fosse un obiettivo irraggiungibile: il rispetto del luogo e dell’architettura, l’assenza di oltraggio (spesso ripetuto, accanito e sistematico) che è la sorte di ogni luogo pubblico”.

“Il recupero degli spazi è avvenuto – commenta il prof. Gianni Ricci, Presidente del Comitato per il 40esimo di Economia – tenendo conto sia dei vincoli architettonici imposti da un edificio storico, sia della flessibilità imposta dalle esigenze didattiche. Per questa ragione, ad esempio, le due aule magne, semicircolari e simmetriche come tutto l’edificio, sono state progettate in modo da consentire una presenza di persone che può variare da 200 a 450 unità. E di una novità dobbiamo dare atto all’architetto Franca Stagi: quella di aver lavorato a stretto contatto con il personale, in particolare i docenti, i tecnici, i bibliotecari e gli studenti mettendo le sue competenze al servizio delle esigenze della Facoltà e condividendo con essa ogni decisione ed è per questo che i docenti ed il personale presenti quando la Facoltà fu trasferita al Foro Boario ricordano ancora il grande stupore e la grande emozione di entrare in un edificio storico, magnificamente ed elegantemente restaurato”.

Il Foro Boario di Modena è un edificio che non ha eguali. E’ assolutamente singolare e anomalo per dimensioni, per il significato urbanistico, per la concezione strutturale, per le caratteristiche architettoniche. Si tratta di una maestosa architettura simmetrica e modulare, perfettamente bifronte così da avere due facciate identiche verso la città e verso la Piazza d’Armi della Cittadella, la cui tipologia e le cui dimensioni non paiono nascere da esigenze della dichiarata destinazione d’uso (il mercato dei bovini, i depositi annonari), ma piuttosto ispirate dall’ambizione dell’arciduca Francesco IV d’Austria-Este, che commissionò l’opera nel 1833 al suo architetto Francesco Vandelli, di segnare Modena con un’opera monumentale clamorosamente “originale”, fuori scala rispetto al tessuto urbano.
L’immenso edificio è composto da soli tre elementi architettonicamente autonomi e diversi, ma con comuni matrici modulari capaci di costituire un armonioso “monolite”: un corpo centrale con un solo piano eretto sulle arcate di un altissimo porticato; due ali più basse, identiche e simmetriche, ciascuna costituita da un lungo porticato di diciassette arcate sul quale insiste un solo piano; quattro corpi chiusi, alti come il corpo centrale tali da apparire torrette, posti agli estremi delle due ali, una che la conclude e costituisce il prospetto laterale e una che la connette con il corpo centrale.
L’alto corpo centrale si erge su nove volte a crociera con archi a tutto sesto (tre campate longitudinali e tre trasversali) che poggiano su sedici pilastri abbinati e otto lesene connesse con le pareti delle due torrette confinanti.
Ciascuna delle due ali, della lunghezza di quasi cento metri e costituita, al piano terra, da un lungo corpo porticato di diciassette arcate e da tre campate trasversali, che danno luogo ad un amplissimo spazio indiviso di circa 1.800 mq coperto da 51 volte a crociera.
Ognuna delle quattro torrette ha al piano terra un atrio centrale coperto a volta dal quale si accede, da un alto, alla scala e, dall’altro, ad una sala.

“Un edificio come il Foro Boario – ha scritto l’architetto Franca Stagi -, così ampio, cosi schematico, modulare e così “vuoto”, non poteva nel tempo che avere un solo destino: essere usato soprattutto al piano terra brano a brano, per segmenti indipendenti, divisi da settori murari, costituiti di volta in volta o di luogo in luogo da un numero variabile di moduli secondo i desideri o le necessità”. E così è stato per decenni!

La scelta di collocare al Foro Boario la sede della Facoltà di Economia è stata perfetta. “La simbiosi fra architettura ed esigenze della Facoltà – sono ancora parole di Franca Stagi – è stata totale”, in quanto la struttura offriva spazi di quattro tipi: le tre navate al primo piano delle due ali per gli studi e gli uffici; sale e salette disponibili nei diversi piani delle quattro torrette per gli spazi didattici; le sale del corpo centrale al secondo piano sovrastante il porticato per l’aula magna; lo spazio continuo scandito dai pilastri e coperto da volte a crociera al piano terra per la biblioteca, che occupa una superficie di circa 2.000 mq, e la sala esposizioni, che si affaccia sull’ala opposta, che fu la scelta adottata per sottrarlo (se i fornici fossero rimasti aperti) a utilizzazioni o invasioni inopportune, dannose e arbitrarie.

“Con il trasferimento della sede – commenta il Rettore prof. Aldo Tomasi – si coglieva un triplice obiettivo: assegnare uno spazio definitivo alla Facoltà di Economia; riunire nel centro storico cittadino le attività universitarie di tipo umanistico-sociale-economico; rivitalizzare attraverso la presenza dell’Università una zona altrimenti fatiscente. La realtà di oggi ci fa comprendere quanto sia stato lungimirante quel disegno e quale potente spinta e lustro abbia dato alla Facoltà di Economia la sua ricollocazione presso l’ex Foro Boario. Il presente animato da oltre 3.200 studenti e da quasi un centinaio di docenti rende pieni, addirittura sovraffollati, quegli ambienti che quindici anni fa, al momento del nostro ingresso, sembravano quasi mettere in soggezione”.

Cenni storici
Lo spazio verde, su cui si affacciava la antica fortezza, fu più tardi semplicemente chiamato “Piazza d’Armi” e riservato alle esercitazioni militari, benché la sistemazione di fine settecento fosse rivolta a creare un’area adatta anche al pubblico passeggio.
Negli anni trenta dell’Ottocento la linea di confine fra città abitata e area militare fu segnata da un lunghissimo elegante edificio simmetrico e bifronte denominato inizialmente – appunto – “Grande Porticato di Piazza d’Armi”, poi, “Foro Boario”, in quanto destinato ad ospitare (benché parzialmente e per un limitato periodo di tempo) il mercato dei bovini. E quest’ultimo è il nome convenzionale che ha mantenuto nella memoria e nel ricordo dei modenesi.
Con Vandelli opera lo sculture modenese Luigi Righi, autore delle gigantesche statue (in seguito rimosse) raffiguranti un agricoltore, un guerriero, il tempo e il genio estense. Al carrarese Giuseppe Frugoni si deve il bassorilievo in marmo rappresentante il “Genio estense che protegge l’agricoltura e le armi” posto dalla parte di piazza d’Armi; il modenese Ludovico Gavioli è l’artefice dell’orologio a tre quadranti che mostra le ore sulle facciate sotto la volta.
Nel 1848 sotto Francesco V l’edificio divenne contemporaneamente alloggio dei soldati austriaci, che via via lo utilizzarono come caserma. Ed è in questo scorcio di tempo che secondo le esigenze si inizia la chiusura delle arcate. Con l’Unità d’Italia vengono installati due cancelli per chiudere il portico tra le due ali della caserma, che restano aperti “dall’Ave Maria del mattino all’ora della ritirata dei soldati” e che tuttavia non impediscono i continui atti di intrusione e vandalismo nelle stalle.
Nel maggio del 1872 divenne sfondo del nuovo ippodromo e nel 1883 le Amministrazioni del Demanio e della Guerra accolsero la proposta di cederlo al Comune per 40.000 lire.

“La storia successiva – commenta la dott. ssa Patrizia Curti – lo vedrà precipitare in un declino inarrestabile, oggetto di ristrutturazioni interne per utilizzi disparati: alloggio delle truppe di passaggio, “mercato dei bozzoli”, deposito di macchine agricole, “scaldatolo” dei poveri, alloggio per gli sfrattati, sede della fiera dei cavalli, del liceo musicale, della banda cittadina, di società sportive, ospedale militare e brefotrofio. E ancora Caserma dei Vigili del fuoco, sede dei Vigili urbani, scuderie dell’ippodromo, sede di sezioni ospedaliere, della Croce Rossa, di istituti scolastici vari, di servizi dell’Amministrazione comunale e, addirittura, deposito di carri funebri. A parte lavori indifferibili alle facciate e alla cupola centrale del 1937, il disinteresse estetico e funzionale prosegue fino agli anni novanta, allorché è stato restaurato e destinato alla sede della Facoltà di Economia”.