A Modena ogni cinque matrimoni in uno almeno uno sposo è straniero e ogni quattro nascite una riguarda un bimbo con entrambi i genitori stranieri, considerando invece anche quelli con solo un genitore straniero la quota arriva a sfiorare il 30 per cento. Mentre la presenza di studenti stranieri è ormai mediamente oltre il 13 per cento (alle elementari al 15 per cento), ben superiore alla quota dell’11,1 per cento rappresentata dagli stranieri rispetto alla popolazione provinciale complessiva con i dati aggiornati al 1 gennaio 2009 che registrano oltre 76 mila residenti immigrati.
Nelle superiori, inoltre, è quasi quadruplicata in sei anni la presenza di stranieri passando dal 2,4 per cento al 9,3 per cento dello scorso anno scolastico, con un orientamento prevalente per l’istruzione tecnica e professionale. Nelle scuole d’infanzia siamo al 13,5 per cento, più del doppio rispetto a cinque anni fa, dopo il boom avvenuto con la regolarizzazione del 2002.
L’analisi dei minori di famiglie straniere fa parte dell’annuale Rapporto dell’Osservatorio provinciale sull’immigrazione insieme ad altri approfondimenti dedicati al lavoro e agli aspetti sociali e sanitari. «Per governare questo fenomeno, soprattutto in un momento molto delicato per l’economia, infatti, serve l’integrazione delle diverse politiche: casa, sanità, istruzione, formazione, lavoro» ha spiegato l’assessore provinciale al Lavoro e all’immigrazione Gianni Cavicchioli introducendo il seminario del Rapporto che nasce da una collaborazione tra Provincia e Comune di Modena con la collaborazione dei Comuni capidistretto, di Prefettura, Questura, Ufficio scolastico provinciale, Inail e Aziende sanitarie.
«Tra i problemi di stretta attualità che dovremo affrontare – ha aggiunto Cavicchioli – c’è quello dei tanti lavoratori stranieri e delle loro famiglie, integrati da anni nel nostro territorio, con i bimbi che frequentano regolarmente le scuole, che con la perdita del posto di lavoro rischiano di diventare clandestini a causa di norme nazionali come la Bossi-Fini che non hanno impedito, e non stanno impedendo, il fenomeno della clandestinità e, anzi, complicano i processi di integrazione».
La partecipazione degli immigrati al mercato del lavoro è particolarmente elevata con due terzi degli stranieri occupati (la quota per la popolazione nel suo complesso è di poco superiore al 50 per cento) i quali rappresentavano nel 2007 quasi il 19 per cento sul totale degli occupati. Ogni tre avviamenti al lavoro, uno riguarda uno straniero.
Tra i fenomeni analizzati anche quello dell’etnicizzazione del mercato del lavoro. «La possibilità di analizzare i settori prevalenti in cui lavorano le singole comunità straniere – spiegano gli esperti dell’Osservatorio – rende quanto mai attuale l’equazione tra luogo di provenienza e tipo di lavoro esercitato. Si evidenziano così le straniere dell’est-Europa nel settore delle collaborazioni domestiche, i maschi africani nel settore industriale meccanico e metallifero, i cinesi nell’industria tessile, i rumeni e gli albanesi nell’edilizia».
Altri approfondimenti hanno coinvolto il tema della formazione professionale, a cui anche gli stranieri cominciano ad accedere in modo sempre crescente, e soprattutto quello della sicurezza sul lavoro. Gli infortuni di lavoratori nati all’estero sono ormai il 24 per cento di quelli complessivi (5.542 su 23.963 comprendendo anche quelli in agricoltura) anche perché spesso impiegati nelle attività più a rischio: dall’edilizia ai trasporti, fino ad alcuni settori del manifatturiero, in particolare la meccanica.
«Con la recente campagna “Sicuro! E’ il mio lavoro” – ha ricordato l’assessore Cavicchioli – abbiamo proprio voluto rivolgerci direttamente ai lavoratori stranieri, con materiali diffusi nei luoghi di lavoro anche in inglese e in arabo, per informare e formare sui rischi che si corrono, diffondere la cultura della sicurezza, sensibilizzare e responsabilizzare rispetto a diritti e doveri».
Salute: ancora pochi ricoveri
I ricoveri ospedalieri di stranieri rappresentano il 6,6 per cento dei ricoveri complessivi, mentre le visite specialistiche solo il 5,8 per cento (dati 2007) con un’incidenza inferiore, quindi, rispetto ai residenti. Un effetto – spiegano gli esperti dell’Osservatorio provinciale sull’immigrazione che hanno redatto il Rapporto – della condizione in cui si trovano molti che «intraprendono il percorso migratorio: persone non soggette a malattie e in giovane età».
Tra i bambini fino a cinque anni, comunque, gli stranieri rappresentano oltre un ricoverato su cinque, mentre negli ultimi anni sta crescendo anche il ricorso al day hospital.
Dove il dato degli stranieri è superiore alla media della loro presenza è nell’accesso al pronto soccorso (12,2 per cento, sempre nel 2007) con la particolarità che rispetto ai codici di gravità, l’utilizzo da parte degli stranieri è potenzialmente inappropriato in modo superiore rispetto ai cittadini italiani.
In molti ospedali, infatti, la quota di prestazioni con l’attribuzione del codice bianco (nessuna urgenza, previsti percorsi normalmente extra ospedalieri) o codice verde (prestazione medica differibile senza rischi) supera mediamente per gli stranieri il 90 per cento. Per la popolazione complessiva invece questo valore rimane al di sotto della soglia.
Un minore ricorso ai servizi sanitari si evidenzia anche nell’ambito del percorso nascita le straniere infatti ricorrono a un numero nettamente inferiore di visite prenatali ed ecografie, con un inizio ritardato delle cure. Si riscontra inoltre un maggiore ricorso al parto cesareo – concentrato in alcune comunità – al momento del parto. Infine, le straniere scelgono, anche per motivi economici, per la stragrande quantità delle gravidanze di essere seguite dal consultorio pubblico.