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Da Modena alla Marcia Perugia-Assisi a Gerusalemme


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Franco ZavattiPartecipano anche i modenesi Franco Zavatti e Leonarda Leonardi del “Comitato Modena incontra Jenin”, alla Marcia per la pace Perugia-Assisi che quest’anno non seguirà il percorso tradizionale, ma si sposterà a Gerusalemme, in Israele e nei Territori Palestinesi Occupati.

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(Corrispondenza di Franco Zavatti)

Sderot (Israele), 12 ottobre 2009 – A Gaza non si entra, nonostante i buoni uffici del console italiano a Gerusalemme ribaditi all’incontro al nostro arrivo. La marcia Perugia-Assisi quest’anno si trasferisce in Israele e Palestina e prevedeva di andare a Gaza, dopo le terribili distruzioni di “piombo fuso” e a Sderot, villaggio israeliano appena al di là dei confini della “striscia” e bersaglio, in questi anni, dei razzi Qassam lanciati da Hamas.

Oggi siamo stati a Sderot, una bella cittadina orgogliosa e vittima di una lunga e snervante pressione derivante dalla minaccia incombente di essere colpita ovunque, da spari che in 25 secondi possono arrivare: questo è il danno peggiore, al di là – fortunatamente – delle poche vittime e feriti.

Sderot è perciò prima linea, ma vive anche la consapevolezza di essere all’origine dell’ultimo devastante conflitto che ha distrutto Gaza e che tuttora resta stretta dal blocco ferreo che, ce lo dice la responsabile di OCHA (agenzia ONU per gli aiuti umanitari) la priva dell’80% del fabbisogno sanitario, alimentare e per l’avvio della ricostruzione.

Dalla collinetta di Sderot abbiamo guardato poco più in là, a soli due km, il territorio di Gaza: è una striscia in senso stretto e non sembra, vista così, un luogo distrutto. Sderot è stata una sorpresa. Insieme alla laboriosa attività dei suoi abitanti e dei suoi kibbutz, abbiamo visitato il campus universitario, attrazione di studenti di tutto il Neghev e oltre, fino a Jaffa e Tel Aviv. Lì siamo stati accolti da Alom, il governatore che ci racconta la nostalgia dei tempi quando loro andavano a Gaza a prendere il pesce e loro, i palestinesi, venivano a Sderot a vendere cose e qualche giovane anche a studiare.

Julia, docente di psicologia sociale, ci racconta degli effetti sociali e dei danni psicologici indotti dalla paura permanente che “arrivi il botto”, di ascoltare dagli alto parlanti la voce che annuncia “showa-dom”, l’allarme per l’arrivo di un razzo. Nonostante questa situazione di guerra, anzi, lei dice proprio in conseguenza di questo pressing logorante, ha costituito, insieme ad Eric, un’associazione per la pace fra i due popoli in guerra, quasi da non credere. Il discorso prosegue con Eric presso la sala sociale del kibbutz. L’associazione di chiama “Other voice – altra voce” che raggruppa decine di giovani, non solo studenti, e professionisti.

“Cerchiano relazioni” con uomini, donne, giovani di Gaza che sono individui, “come e più di noi, israeliani di Sderot, soffrono uno stato di guerra devastante”. “Siamo tutte vittime di una sofferenza comune che da troppi anni ci fa morire, senza vedere una prospettiva di vittoria per l’una o l’altra parte”.

“Ne troviamo più del previsto” dice Eric. Di qua e di là del confine. E non è facile, è molto difficile, come nuotare contro corrente ed è più facile sentire intorno la diffidenza della gente. E a Gaza Hamas non va per il sottile con i giovani che parlano con il nemico.

Eric ci racconta nomi e storie degli amici di Gaza: medici, studenti,operatori dell’assistenza sociale. Con loro ogni contatto si è interrotto con la guerra. “Piombo fuso” ha chiuso ogni possibile collegamento. Ha riprovato inutilmente a telefonare anche in questi giorni. Poi, oggi pomeriggio, ci guarda, vede le nostre perplessità ed allora dice “riproviamo”. Mette il viva voce e compone il numero dell’amico psichiatra di Gaza e insieme sentiamo inutili suoni e scariche, poi altri tentativi.

Finalmente risponde Sana. È un viva voce che sembra provenire dal sottosuolo dell’aldilà: Sana invece è a meno di tre km. Di qua scoppiano l’applauso e tante belle lacrime. La conversazione è registrata e l’ascolteremo a Modena. Nel kibbutz è una notizia per stasera. Per Sderot è un piccolo ponte che scavalca “piombo fuso”.

Le ultime parole della telefonata.

Eric: “Non hai paura?”

Sana: “Un po’, qui è tutto difficile come in prigione, poi c’è Hamas, ma tu sei un amico”

 

Franco Zavatti