Apprendiamo che il signor Anthony Boahene, immigrato ghanese residente a Modena da 8 anni, ha dato a suo figlio nome e cognome del presidente del Consiglio.
La vera notizia però non è questa. Anche i nonni modenesi doc avevano il vezzo di chiamare i nostri futuri papà con nomi di attori, politici e personaggi d’opera (di Werther, William, Palmiri ma anche Beniti sono piene le nostre anagrafi). Quindi niente di nuovo, la scelta del signor Boahene si colloca perfettamente nel solco della tradizione italica.
La notizia vera sono le stupefacenti dichiarazioni del consigliere regionale Aimi e dell’on. Bernini, candidata alla presidenza della Regione Emilia – Romagna per la destra. Aimi sostiene – sfidando il comune senso del ridicolo – che Silvio Berlusconi è amato anche dagli stranieri. Provi a fare un sondaggio, il consigliere Aimi, tra le centinaia di migliaia di stranieri regolari che vivono e lavorano e pagano le tasse come gli italiani, senza avere gli stessi diritti degli italiani, quanto amore provano per il premier. Personalmente non ho dubbi e accetto qualsiasi tipo di scommessa.
Con la stessa sbadataggine Aimi parla poi di coloro che “hanno in odio la nostra bandiera, la nostra cultura, la nostra fede, le nostre leggi” pensando di riferirsi a pericolosi integralisti islamici ma senza rendersi conto che in realtà sta disegnando l’identikit perfetto dei suoi alleati leghisti. I quali, appunto, odiano la bandiera italiana; disprezzano tradizione e cultura nazionale; adorano il Dio Po; non si riconoscono in quella legge suprema che è la Costituzione (ma questo vale anche per Berlusconi: non il bambino, il nonno).
La perla finale riguarda la cittadinanza breve, in particolare per i nati in Italia da genitori stranieri, fortemente voluta dal presidente della Camera Fini e che il nostro Aimi, invece, aborre perché – dichiara – “non è un diritto”, nemmeno quando uno straniero rispetta le leggi e vuole integrarsi.
Morale della favola: l’integrazione, per il centrodestra, non è un problema di diritti ma solo di amore, di amore verso il leader, proprio come nella Corea del Nord. Per integrarsi – lo spiega magistralmente nella stessa pagina l’on. Bernini – non serve la cittadinanza, né breve né lunga, serve molto di più sentirsi nipotini del premier, amare fortemente nonno Silvio e tifare per il Milan, come fa il piccolo Silvio Berlusconi Boahene. Il quale – detto per inciso – va alla scuola d’infanzia, anche se Aimi e il partito dell’Amore preferirebbero che al suo posto ci andasse un italiano.
E’ triste che chi si candida a governare l’Emilia-Romagna, invece di riflettere sulla condizione materiale di tante persone che da anni risiedono e lavorano in Italia e provano a costruire un futuro migliore per i loro figli riesca solo a trovare un motivo per incensare la figura del capo.
(Davide Baruffi, segretario provinciale Pd)