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L’ANPI di Sassuolo dedica il 25 Aprile alla memoria del dott. Girolamo Andreoli


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Quest’anno all’interno delle celebrazioni del 25 Aprile a Sassuolo uno spazio di riguardo sarà dedicato, per iniziativa dell’ANPI Sassuolo, alla memoria del sassolese dott. Girolamo Andreoli alla cui famiglia il Sindaco Caselli consegnerà una targa alla memoria.

Chiediamo al presidente dell’ANPI Antonia Bertoni le ragioni di tale scelta.

Sono diverse: prima di tutto vogliamo come associazione far conoscere ai giovani e ai sassolesi che non hanno vissuto quegli anni il carattere corale della partecipazione alla lotta di resistenza al fascismo totalitario: a fianco della componente comunista, nella figura di Ottavio Tassi, si misero in luce a Sassuolo altri protagonisti di primo piano fra i quali Andreoli, Mussini, Dal Borgo, Carani . In secondo luogo crediamo nel valore etico offerto da figure esemplari, come quella che abbiamo ricordato il giorno della Shoah, mi riferisco al medico sassolese antifascista dott. Giuseppe Moreali che contribuì a salvare i ragazzi ebrei di Villa Emma, o come il dott. Girolamo Andreoli che prestò la sua opera per i malati, per i prigionieri inglesi, per gli ebrei e per i partigiani.

Chi era Girolamo Andreoli?

Era nato a Mantova nel 1899, era figlio di un ufficiale di carriera, un generale di divisione tra i più decorati di Modena (la Francia gli conferì la Croce di Ferro). Girolamo si laureò in medicina a Modena e divenne medico condotto a Sassuolo, professione che svolse dal 1928 al 1961.I sassolesi lo ricordano come il “ medico dei poveri”, per l’assoluta dedizione al dovere e mancanza di interesse personale: a qualsiasi ora del giorno e della notte era a disposizione dei malati. La comandante partigiana Norma Barbolini lo descrive come accogliente e riservato, caratteri che ne facevano una persona gentilissima.

Durante il ventennio quale fu il suo rapporto con il fascismo?

Girolamo Andreoli non era un politico in senso stretto, ma era un uomo indipendente, che si permetteva di criticare in piena libertà di pensiero, e soprattutto di parola, il regime, forte della sua professione e della stima di tanta gente. Ciò tuttavia attirò su di lui, e non meno sulla sua famiglia, ostilità e rancori destinati a durare.Per fortuna la dirittura morale e lo zelo professionale catturarono il rispetto di molti pazienti fascisti che gli sottoscrivevano la tessera del partito fascista, indispensabile per poter esercitare la professione di medico: ricordiamo che già il dott. Moreali, antifascista, si era dovuto trasferire da Sassuolo a Nonantola, se voleva esercitare in pace. Quando nel 1944 Andreoli fu arrestato “per intelligenza col nemico”, cioè perché dava aiuto a prigionieri inglesi in fuga ed ebrei, al processo l’avvocato Peroux che lo difendeva addusse a testimonianza un capoguardia fascista sassolese che giurò sulla fede fascista dell’Andreoli, per salvarlo dalla condanna. Scarcerato, Andreoli amava ripetere, “per insufficienza di prove”!

E’ illuminante anche il suo comportamento successivamente all’entrata in guerra dell’Italia: nel 1941, nonostante un’imperfezione, compì regolarmente, come capitano medico, la campagna di Jugoslavia: “Per permettermi di criticare questo governo – disse- non debbo sottrarmi al mio dovere”. Era fatto così.

Quando il suo impegno si fece più politico?

Andreoli era un antifascista e un uomo d’azione; ascoltava “Radio Londra” e si era avvicinato sin dal 1942 al Partito d’Azione, risorto a Modena. Fu naturale per lui collaborare con Ottavio Tassi dirigente sassolese del Partito comunista, uomo moderato e dialogante, con l’avv. Stefano Mussini, vecchio antifascista ed ex dirigente del Partito popolare, con l’industriale Dal Borgo, che avevano costituito a Sassuolo, poco dopo il 25 luglio e la caduta di Mussolini, uno dei primi comitati antifascisti della provincia. Nei 45 giorni Andreoli si espose pubblicamente nella critica al regime poi dopo l’8 settembre 1943 si impegnò nell’organizzazione clandestina di aiuto a prigionieri ed ebrei, quindi come già detto nell’aprile del 1944 fu imputato di vilipendio al fascismo ed assolto per insufficienza di prove.

Da quel momento Andreoli non fu più al sicuro a Sassuolo e fu costretto a rifugiarsi in montagna, portando con sé i due figli, il maggiore, Carlo Alberto, chiamato alla leva dalla repubblica di Salò, e il minore, Giuseppe, studente in medicina. I figli entreranno nelle formazioni partigiane e parteciperanno alla Resistenza nella nostra montagna. Nella casa di famiglia, dove era rimasta da sola la moglie, fu installato il comando tedesco: i tedeschi ben sapevano di abitare in casa di ribelli!

Il nome di Girolamo Andreoli è da quel momento legato all’Ospedale partigiano di Fontanaluccia…

Sì, l’iniziativa della costituzione dell’ospedale partigiano nel territorio libero della Repubblica di Montefiorino partì dai dirigenti della formazione Barbolini, e in particolare da Norma Barbolini, che tra l’altro aveva già avuto occasione di conoscere e di apprezzare la generosità delle suore dell’Ospizio di Santa Lucia di Fontanaluccia, aperto da don Mario Prandi, presso cui in precedenza erano stati curati alcuni partigiani feriti. La sede fu quindi individuata nella scuola elementare a Casa Cerbiani, il materiale fu in parte “inventato”, in parte arrivò dai lanci alleati e dagli ospedali di Pavullo e Sassuolo, oltre che da Ottavio Tassi. Il dott. Andreoli diresse l’Ospedale, coadiuvato da luglio dal dott. De Toffoli, dal dott. Angelo Comini, dal dott. Poggipollini e da alcuni studenti in medicina, tra i quali il figlio Giuseppe. Il 30 luglio, con l’inizio del rastrellamento tedesco della Repubblica di Montefiorino anche “l’ospedale” si trovò nella bufera e i malati furono trasferiti. Le scuole con l’ospedale vennero incendiate dai tedeschi. L’ospedale sarà poi di nuovo ricostituito e suddiviso tra l’Ospizio di don Mario Prandi, sempre diretto dal dott. Andreoli, e Casa Cattalini di Civago.

Questi luoghi e la figura del dott. Andreoli saranno ricordati anche nella Conferenza serale organizzata dall’ANPI per martedì 27 aprile alle 20,30 in Sala Biasin in cui la ricercatrice sassolese dott.ssa Serena Lenzotti presenterà il suo libro “La zona libera di Montefiorino-luoghi della resistenza nell’appennino modenese/reggiano”.

(A cura ANPI -SASSUOLO)