A causa di un grave lutto famigliare, giovedì scorso, non ho potuto partecipare alla direzione nazionale del PdL. Ho comunque acquisito elementi più che sufficienti, per esprimere alcune valutazioni politiche che avranno ricadute a livello provinciale.
Mi considero un “berlusconiano della prima ora” (correva l’anno 1994 quando diedi vita ad uno dei primi club di F.I); in campagna elettorale chi mi ha votato, e sono davvero in tanti, lo ha fatto, avendo presente il mio ruolo in regione nei cinque anni precedenti, ma anche la mia provenienza politica.
Il Pdl è la sintesi di varie tradizioni politico-culturali ( F.I, A.N, Pop. Liberali, DCA, Nuovo PSI e varie formazioni di centro-destra) ed è il partito in cui queste aree culturali hanno pieno diritto di cittadinanza e di proposta. Momenti di dissenso ce ne sono stati in passato, altri magari ce ne saranno in futuro; l’assenso il dissenso sono il sale della democrazia. Quando invece il dissenso è organizzato in correnti ed è pressoché quotidiano; quando sui principali temi politici c’è “un contro canto finiano”; quando non si partecipa volutamente alle campagne elettorali e magari si gufa; quando rispetto ad una grande vittoria elettorale in Calabria, Campagna, Lazio, si chiama in causa una presunta egemonia leghista, laddove la lega non esiste neppure, ecco che allora il problema non è più relativo ad un generico dissenso, si tratta di tesi contrapposte e a volte pretestuose. Nono sono l’unico a pensare e a sentire aria di vecchia politica. Vedo architetture politiche del passato, intese istituzionali, atti repubblicani, papocchi, inciuci, tra un pò qualcuno metterà in discussione il bipolarismo. Vuoi vedere che i Rutelli i Casini, i Tabaci, vogliono arruolare nella loro “Arca di Noè” anche il Presidente Fini e Montezemolo, per dare vita a quel famoso terzo polo, a cui solo loro credono, mentre l’elettorato si è mostrato di tutt’altro avviso? E’ una domanda che non mi pongo solo io ma milioni di elettori di centro-destra.
Per questa serie di ragioni e altre, penso sia indispensabile indire presto i congressi. Assise che dovranno essere vere. Si dovrà e si potrà discutere di tutto e di tutti, della forma di partito, del radicamento sul territorio, delle rappresentanze, del rapporto eletti-iscritti-elettori. Una cosa però non può essere messa in discussione e cioè l’alleanza strategica con la Lega. E’ un patto che abbiamo sottoscritto con gli elettori. Ridiscutere di questo, significherebbe ritornare alle urne. E’ un ipotesi che noi non vogliamo perché pensiamo che la gente non ci capirebbe. La legislatura deve arrivare alla sua scadenza naturale e in questi tre anni che ci restano, occorre portare a termine “la grande stagione delle riforme: fisco, giustizia, sistema di Stato” di cui il paese ha tanto bisogno.
Le teorizzazioni, le elucubrazioni, i se e i ma, vanno lasciati alla sinistra e a chi pensa ad un “governo del non fare” anche perché penso che a forza di “Fare Futuro” si è perduto di vista il passato di ognuno di noi e il presente che ci sta davanti con tutta la sua evidenza.
(Fabio FILIPPI cons. regionale PdL Emilia-Romagna)