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Modena, Ferrari (Confindustria): alla politica un appello ‘riportare al centro dell’agenda la tematica dello sviluppo economico’


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Alla politica regionale e a quella locale Pietro Ferrari, presidente di Confindustria Modena, rivolge l’appello a intensificare l’azione nelle direzioni prioritarie per riportare al centro dell’agenda la tematica dello sviluppo economico.

Una sintesi della relazione del presidente Confindustria Modena all’assemblea generale 2010

La crisi finanziaria

Veniamo da un biennio fortemente travagliato e drammatico dell’economia internazionale; gli anni forse peggiori della nostra esperienza imprenditoriale.

Le ali del “Cigno nero”, per usare la celebre metafora dello studioso libanese-americano Nassim Nicholas Taleb, si sono dispiegate con tutta la loro forza distruttiva mettendo a dura prova la capacità di resistere e di tenere il campo dei soggetti economici.

È con questo contesto implacabile che dobbiamo fare i conti. Anche se oggi si intravede qualche segnale positivo. Il made in Italy ha ripreso il suo cammino. E anche l’euro debole, innegabilmente, può darci un aiuto.

Ma ciò non basta a ridare tranquillità. E nelle ultime settimane la principale minaccia alla ripartenza dell’economia proviene nuovamente dalla finanza. Siamo in presenza di uno scenario internazionale ancora denso di nubi e di inquietudini.

In questo quadro spiccano ancora maggiormente talune specificità negative del nostro Paese, che si trova ormai di fronte a un aut aut: “riformare o soccombere”.

La tenuta delle imprese e del nostro territorio

Venendo alla nostra provincia, ci sentiamo di dire con orgoglio che il mondo produttivo si è impegnato fortemente per contrastare la crisi. Con risultati tutt’altro che trascurabili e con performance migliori che altrove.

Come ciascuno di noi sa molto bene, le imprese hanno fatto, letteralmente, i salti mortali per resistere. Nonostante il calo a volte davvero drammatico degli ordinativi, tantissimi imprenditori hanno deciso di reagire tenendo i motori aziendali ben accesi, puntando con forza sull’unità del mondo del lavoro.

Lavoro e rapporto con i sindacati

Abbiamo cercato di instaurare un clima positivo e collaborativo con il sindacato e le associazioni dei lavoratori, salvaguardando il più possibile i livelli occupazionali.

Il confronto, a volte, è stato aspro ma sempre improntato a un rapporto corretto e costruttivo. Tanto che, per la prima volta in questa provincia, abbiamo avviato con i vertici sindacali una modalità informale di consultazione per andare oltre il contingente e individuare anche soluzioni di più ampio respiro. Perché noi crediamo che in comunità come le nostre, l’unità dei produttori sia un valore vero, importante e profondo. Il nostro è un capitalismo sano e con la schiena molto diritta, fondato sull’impegno diretto e partecipato dell’imprenditore alla vita della sua azienda.

La risposta di Confindustria Modena

La nostra associazione non si è fatta cogliere alla sprovvista da questa durissima recessione. Voglio ricordare, al proposito, come già parecchio tempo fa ci rendemmo promotori di un tavolo istituzionale sulla crisi e come per primi abbiamo affrontato il tema delicato del ridimensionamento e dell’adeguamento strutturale delle aziende per renderle compatibili con quanto sta avvenendo nell’affaticatissimo mercato attuale.

Già dal settembre del 2008 abbiamo dato avvio a una relazione più stretta col sistema bancario, specificamente dedicata alla situazione di crisi in cui ci dibattiamo, e i cui esiti si possono oggi toccare con mano.

Invece, quello che oggi manca davvero è l’elaborazione di una politica industriale efficace. Che i soggetti preposti hanno il dovere “morale” di perseguire con forza e determinazione. Occorrono linee guida per rimettere davvero in carreggiata questa nazione.

Modena e la crisi

La fotografia scattata dalle nostre indagini restituisce un quadro di Modena assai pesante, nonostante qualche lieve segno positivo con riferimento all’export. Nel primo trimestre 2010, c’è stato un leggero miglioramento. La produzione è salita del 3,4% e il fatturato dell’1%.

Una piccolissima inversione di tendenza pur essendo ancora troppo lontani dal recupero delle perdite avute nei trimestri precedenti. Nonostante questa situazione, tutti sappiamo che Modena resta una delle motrici economiche e produttive fondamentali del Paese.

Il “sistema” è fermo

Ma tutto il “sistema” che le ruota intorno è fermo. Ha perso capacità innovativa e, permettetemi di usare questa espressione, ha perso “grinta”.

Dunque, restare ad attendere che passi la “nottata” sarebbe quanto di più sbagliato. Una realtà produttiva come la nostra ha registrato, nell’annus horribilis 2009, una perdita nelle esportazioni pari a 2,7 miliardi di euro.

La globalizzazione non ci deve spaventare

Da qui, pertanto, bisogna ripartire, con un approccio rinnovato. Rigettare la globalizzazione è assurdo. Centralità dell’export significa, infatti, anche un “lavoro culturale” di apertura al mondo, che è luogo di incontro di persone, storie, visioni, religioni e anche ambito di scambi.

La nostra idea di territorialismo economico vuole tenere insieme due aspetti. Da un lato, la dimensione del territorio in cui siamo immersi, per il quale siamo produttori di benessere e, insieme ad altri soggetti, i garanti della coesione sociale. Dall’altro la proiezione internazionale.

Questo ci permette di portare i nostri talenti in Paesi lontani e presso culture a noi non familiari.

Il ruolo della politica locale

Alla politica regionale e a quella locale rivolgiamo il nostro appello a intensificare la loro azione nelle direzioni prioritarie per riportare al centro dell’agenda la tematica dello sviluppo economico.

Diamo atto all’amministrazione provinciale e a molte amministrazioni comunali di aver messo in campo programmi di intervento sociale ed economico e operato una preziosa attività di moral suasion nei riguardi degli istituti di credito.

E anche la Regione ha saputo essere propositiva nel varo di misure anticrisi. Penso per esempio al sostegno economico per gli ammortizzatori sociali in deroga, e, provvedimento recentissimo, alla costituzione di un fondo di co-garanzia da 50 milioni di euro a supporto dell’attività dei consorzi fidi.

Ma c’è bisogno, davvero un grande bisogno, di uno sforzo ulteriore. Le difficoltà sono tante e la lettura delle misure necessarie per recuperare lo sviluppo perduto non può essere univoca.

Parlando dell’Italia si fa spesso riferimento a un paese lacerato e in preda a eterni conflitti. Purtroppo mi duole constatare che anche le nostre realtà locali, soprattutto in questi ultimi tempi, sono afflitte dal male antico del “tutti contro tutti”.

Credetemi, in questa situazione è assolutamente necessario che tutte le forze politiche trovino convergenza di pensiero almeno sulle direttrici principali. Perché senza questa convergenza di intenti la nostra comunità non potrà che indietreggiare sulla via dello sviluppo e della coesione.

Scalo di Marzaglia e Tecnopolo per l’Ict: due progetti rilevanti non bastano

Due sono i progetti di notevole rilievo per il futuro di Modena. Il Tecnopolo per l’Ict di Cittanova e lo scalo merci di Marzaglia. Entrambi necessitano di risorse idonee.

Per il Tecnopolo la giunta di Confindustria Modena ha già deliberato un finanziamento di 500.000 euro per partecipare alla società che dovrà dare avvio alla costruzione degli spazi collettivi. Sono certo che a breve la giunta della Camera di commercio darà un sostegno concreto all’iniziativa. E mi attendo che anche la Regione possa supportare questo importante progetto. Il posizionamento del Polo, all’intersezione delle due autostrade, è ideale per creare a Modena una maglia fondamentale della rete italiana del sistema delle informazioni.

E siamo a buon punto anche col progetto funzionale dello scalo merci di Marzaglia. Un’opera che da sempre consideriamo assolutamente strategica per la ripresa. Trasporti intermodali Emilia (Tie), la società che come associazione degli industriali partecipiamo al 10% e che ho l’onore di presiedere, ha commissionato lo studio di fattibilità a un gruppo accademico di ricerca (Università di Parma e Istie di Trieste) estremamente qualificato.

Lo studio, che sarà reso pubblico in Camera di commercio entro luglio, mette in evidenza l’autentica portata dello scalo merci per l’economia delle due province di Modena e Reggio Emilia. Che insieme rappresentano una potenza esportatrice: 22 miliardi di euro nel 2008, in epoca pre-crisi.

Per quanto riguarda invece i collegamenti e i raccordi infrastrutturali dello scalo, abbiamo perso anche troppo tempo. Ora attendiamo al più presto una risposta da parte del Cipe.

Posso però anticiparvi che, lavorando insieme al Comune di Modena, siamo riusciti ad ottenere in via provvisoria, sottolineo provvisoria, la possibilità di un primo collegamento stradale. Ciò consentirà di avviare le attività dello scalo quasi in contemporanea con l’inizio dell’attività ferroviaria.

Stiamo parlando di due progetti fondamentali, ma da soli non sufficienti per ricollocarci in modo consono negli scenari che si disegneranno all’indomani di questa lunga recessione.

Ci vuole una visione di lungo termine

Occorre, quindi, affiancare rapidamente altri progetti di respiro strategico perché a una situazione di crisi si reagisce soltanto rilanciando, e non facendosi sopraffare o travolgere.

In questo senso gli stati generali annunciati dal Comune di Modena devono rappresentare un’occasione da cogliere e sfruttare al meglio. Perché Modena rappresenta una realtà troppo importante per non assumersi anche l’onere di una visione più ampia di quella collegata alle due direttrici Nord/Sud.

Deve sapere posare uno sguardo prospettico, alto, su tutto il territorio circostante, quello compreso tra l’area Nord e Sassuolo e tra Vignola, Castelfranco e Nonantola. Un sistema intercittadino che metta in condizione il capoluogo di essere fulcro culturale ed economico permettendo una crescita equilibrata degli abitanti e di conseguenza una maggiore efficienza nei servizi.

Vorrei a questo proposito sottolineare di nuovo come la Regione Emilia-Romagna debba definire una volta per tutte il ruolo di Bologna all’interno degli equilibri regionali. I costi di un policentrismo debole oggi non sono più sostenibili. Il sistema industriale troverebbe più efficienze e azioni sinergiche in una area metropolitana vasta che va da Bologna a Reggio Emilia.

Anche le pmi devono fare un salto di qualità

Come noto a tutti, le Pmi sono il nucleo del nostro apparato industriale. Ma bisogna intendersi su cosa significa “piccolo”, evitando certi elogi enfatici della piccola impresa. Si deve cessare di spargere l’illusione che rimanendo tale la microimpresa possa essere competitiva. E che, grazie ad essa, la popolazione dei nostri territori abbia a disposizione un ombrello protettivo eterno e inscalfibile.

Gli imprenditori che hanno contribuito all’industrializzazione delle nostre terre sono i primi a testimoniarlo, e chiedono alla politica non parole ma misure fattive che agevolino il loro passaggio di scala dimensionale.

Questo Paese ha bisogno di investire di più, molto di più, sulla ricerca. Ma la ricerca e l’innovazione possono essere praticate e incentivate soltanto da imprese dotate di una dimensione adeguata.

Le imprese hanno bisogno di strumenti finanziari all’altezza. Ci vogliono consorzi fidi che possano offrire sempre maggiori garanzie. Pertanto, invito ancora una volta gli amministratori del Cofim, di cui pure posso comprendere le preoccupazioni, a guardare al di là del giardino di casa, e a capire a fondo le nostre ragioni per fare sistema.

Bisogna puntare sulle aggregazioni e sulle reti d’impresa

Bisogna spingere, decisamente e nettamente, l’acceleratore sulle aggregazioni tra imprese. Occorrono, quindi, forme più moderne di aggregazione e collaborazione tra le imprese, incentrate non solo sull’identità territoriale, come nel caso dei nostri distretti, ma anche su modalità organizzative che puntino a superare la dimensione locale, sostenendo adeguatamente i processi di internazionalizzazione, promuovendo la sussidiarietà tra gli imprenditori e facilitando l’innovazione.

Questa, per l’appunto, è la finalità delle reti di impresa, come recita la legge 33 del 2009 di cui attendiamo con impazienza i decreti attuativi. E sulle reti d’impresa Confindustria e Confindustria Modena, come sapete, hanno deciso di scommettere con forza. Al riguardo, possiamo dire con orgoglio che la nostra Associazione sta diventando un punto di riferimento all’interno del sistema associativo nazionale.

Capitale umano e innovazione

La ripresa si gioca, dunque, sulla capacità di operare senza esitazioni e di fare impresa, sull’internazionalizzazione e sulla dimensione. Ma anche su un terzo fronte, quello dell’innovazione, di prodotti e processi, inscindibile dal tema del capitale umano.

Un contributo al tema della valorizzazione del capitale umano lo abbiamo portato anche noi, sottoscrivendo un protocollo di intesa con l’Università degli studi di Modena e Reggio, con particolare riferimento ai dottorati di ricerca.

Il ruolo della Camera di commercio

La Camera di commercio è il luogo naturale di concertazione e di conciliazione tra le esigenze delle varie categorie economiche. Confindustria Modena ha sempre cercato di fare coincidere le proprie proposte con le istanze più generali della comunità.

Ma è anche del tutto evidente che all’interno della Camera di commercio il comparto dell’industria, per la sua coesistenza e per la sua capacità unanimemente riconosciuta di acceleratore dello sviluppo, costituisce una presenza fondamentale.

Proprio per questo abbiamo sempre partecipato con forte senso di collaborazione al lavoro dell’ente camerale, sacrificando in qualche caso la primogenitura di idee e la capacità di portarle avanti, forti dello spirito che da sempre ci ispira: raggiungere obiettivi utili allo sviluppo della nostra comunità.

Ora le difficoltà del momento impongono a tutti, e quindi anche all’organo camerale, un ulteriore salto di qualità evitando tentazioni o scorciatoie corporative come via di risoluzione dei problemi.

Solo così la Camera di commercio potrà collocarsi come riferimento per un dibattito costruttivo e propositivo sugli anni a venire della nostra provincia. E dovrà essere in grado, tra le altre priorità, di riconsiderare il tema del marketing territoriale, incentivandolo quanto maggiormente possibile. Il marketing territoriale costituisce sempre più un’arma efficacissima a disposizione delle realtà locali per potenziare il proprio sviluppo economico. Ecco perché Promo e Promec, le cui compagini sociali sono state da poco ridefinite, ci offrono due opportunità da sfruttare al meglio. Ma direi di più: nel caso di Promec andrebbe potenziata la parte di attività indirizzata all’accoglienza dei partner esteri, magari attraverso programmi che mettano bene in evidenza le qualità del nostro territorio e quindi del nostro sistema produttivo.

La crisi è ancora qui. Ma possiamo trasformarla in un’opportunità

La crisi è ancora qui. Ma, come dice Jacques Attali, “qualsiasi minaccia è anche un’opportunità. Quando si arriva a un punto di rottura, siamo costretti a riconsiderare il nostro posto nel mondo e a cercare un’etica dei comportamenti completamente nuova. Sopravviverà di noi solo chi avrà fiducia in se stesso e non si rassegnerà”.

Questo è il senso di una mission aziendale correttamente intesa, ed è anche quello che cerca di fare, e dovrà fare sempre di più, a tutti i livelli Confindustria, la nostra Associazione.

La paura è il nome che diamo alla nostra incertezza, alla nostra ignoranza verso ciò che ci minaccia o verso ciò che c’è da fare. È il Cigno nero di cui parla Taleb, e da cui sono partito all’inizio di questa mia relazione. L’evento imprevedibile che entra nelle nostre esistenze e ne cambia il corso e la direzione di marcia.

Ci sono tantissime cose da realizzare per riportare l’economia nella giusta carreggiata. Noi ci siamo, abbiamo proposte e idee. E la giusta perseveranza nel volerle realizzare. Non abbiamo pretese di autosufficienza, né ci sentiamo i più bravi. Anzi, tendiamo le braccia a tutti coloro che condividono questa visione di crescita, di sviluppo equilibrato e di miglioramento della società. E li invitiamo a operare con noi e a trovare quanti più punti di intesa e di azione comune possibili.

Crediamo profondamente, da buoni emiliani, nell’importanza dello stare assieme e del farci guidare da istituzioni sagge e responsabili. E, parafrasando John Fitzgerald Kennedy, riteniamo non sia più il momento di chiederci che cosa può fare il nostro territorio per noi. Dobbiamo invece imparare a chiederci che cosa possiamo fare noi per il nostro territorio. A mio avviso, tutti insieme, possiamo fare tantissimo”.