Continuano sempre con la partecipazione di un pubblico numerosissimo gli appuntamenti della quindicesima edizione di Mundus & noi che di sera in sera fino al 15 agosto proporrà concerti davvero interessanti con artisti affermati a livello internazionale. Il calendario presenta in questa edizione 2010, 36 appuntamenti in 8 Comuni della provincia di Reggio Emilia (Boretto, Casalgrande, Correggio, Novellara, Reggio Emilia e Scandiano) e della provincia di Modena (Carpi e Soliera) sui cui palcoscenici all’aperto si alterneranno le sonorità provenienti da tantissimi paesi del mondo, dalla Moldavia alla Norvegia, dal Mali a Capo Verde, dalla Francia agli States, dalla Gran Bretagna al Perù, dalla Spagna al Brasile, non dimenticando certo l’Italia che è ben rappresentata da artisti provenienti dal nord e dal sud del paese.
Attesissimo appuntamento quello di lunedì 19 luglio con il grande Paolo Fresu che si esibirà a Correggio, nel Cortile di Palazzo dei Principi, alle ore 21.30. Ingresso al concerto Euro 5. In caso di pioggia il concerto si svolgerà nel vicino Teatro Asioli in Corso Cavour 9. La rassegna è è organizzata da Ater – Associazione Teatrale Emilia Romagna e dalla Provincia di Reggio Emilia, con la collaborazione della Regione Emilia Romagna e di tutti i Comuni che ospitano gli eventi.
Accompagneranno Fresu (tromba, flicorno, pocket trumpet e multieffetti), Fabrizio Dall’Oca (suono) e Vittorio Albani (basi) in un concerto davvero imperdibile. Un “solo” di tromba può essere davvero pericoloso e chi lo produce e propone può facilmente essere additato quale un esagerato cultore del narcisismo. La storia insegna che – specialmente in campo jazzistico – si può davvero parlare della tromba quale strumento principe della musica afro-americana ma, comunque sia, sempre ben inserito in un contesto progettuale che esula dall’esercizio solistico.
Quando l’Auditorium di Roma, nel gennaio del 2005, propose a Paolo Fresu di essere protagonista di un concerto solistico per tromba, le immediate risposte dell’artista sono state del genere: “… ma voi siete pazzi! Non si fanno queste cose! Ma mi volete morto?” … e via di questo passo.
Lentamente convinto dalle possibilità offerte anche dall’elettronica, con la tipica “follia” che contraddistingue i creativi, decise poi di accettare l’offerta, mettendosi totalmente in gioco. Salvo poi tornare a dare del matto a chi – vista la scommessa – decise di colpo di proporre il progetto non in una sala studio o qualcosa del genere, ma addirittura nella sala Santa Cecilia (la principale dell’Auditorium della Musica), ovverosia la mega-sala da 3000 posti, usualmente riservata solo ai grandissimi nomi della musica contemporanea e alle produzioni più nobili e solenni, oltre che a quelle più popolari e di grande richiamo.
Inutile raccontare come è andata a finire (l’articolo a tutta pagina di Repubblica negli Spettacoli nazionali, firmato da Gino Castaldo, lo racconta molto bene): un successo incredibile… forse quello che ha definitivamente posto il nome di Fresu, nell’olimpo della musica contemporanea.
Oggi, “a solo” è diventato quel qualcosa di unico che può ben figurare nei progetti di un “grande” della musica moderna. Corredato dall’uso professionale dell’amplificazione di Fabrizio Dall’Oca, il progetto co-prodotto anche da Vittorio Albani, manager diFresu, è diventato una proposta di spettacolo tout court per grandi spazi teatrali che lo fanno vivere e rifulgere. Sessanta minuti di rara bellezza che incorporano in un irripetibile tutt’uno, la saggezza del suono e il calore dei colori e viceversa. Il racconto passa attraverso una sorta di piccolo compendio tascabile di storia della musica, attraversandone momenti salienti che trovano ovviamente nel jazz la propria matrice genetica costitutivo. I suoni pre-registrati delle sordine e delle trombe si incontrano con quelli live in un viaggio all’interno della storia e delle geografie passando dalla polifonia sarda al Viêtnam, dai suoni classici degli archi (reminiscenze di colonne sonore filmiche) a Miles Davis, dalla trance Gnawa alla poesia del suono continuo attraverso l’elettronica esaltando l’emozione e l’intimità.
Paolo Fresu. La banda del paese e i maggiori premi internazionali, la campagna sarda e i dischi, la scoperta del jazz e le mille collaborazioni, l’amore per le piccole cose e Parigi. Esiste davvero poca gente capace di mettere insieme un tale abbecedario di elementi e trasformarlo in un’incredibile e veloce crescita stilistica.
Paolo Fresu c’è riuscito proprio in un paese come l’Italia dove – per troppo tempo – la cultura jazz era conosciuta quanto Shakespeare o le tele di Matisse, dove Louis Armstrong è stato poco più che fenomeno da baraccone di insane vetrine sanremesi e Miles Davis scoperto “nero” e bravo ben dopo gli anni di massima creatività.
La “magia” sta nell’immensa naturalezza di un uomo che, come pochi altri, è riuscito a trasportare il più profondo significato della sua appunto magica terra nella più preziosa e libera delle arti.
A questo punto della sua fortunata e lunga carriera, non serve più enumerare incisioni, premi ed esperienze varie che lo hanno imposto a livello internazionale e che fanno sistematicamente ed ecumenicamente amare la sua musica: dentro al suono della sua tromba c’è la linfa che ha dato lustro alla nouvelle vague del jazz europeo, la profondità di un pensiero non solo musicale, la generosità che lo vuole “naturalmente” nel posto giusto al momento giusto ma, soprattutto, l’enorme ed inesauribile passione che lo sorregge da sempre. Il presente di Paolo è – come al solito – turbinoso, degno dell’artista onnivoro e creativo che tutti riconoscono in lui.
Oggi è fatto del suo storico quintetto che sta per girare la boa dei 25 anni di piena collaborazione e stima reciproca, ma è anche quello del quartetto “Devil”, pronto a riscattare – con un nuovissimo cd – i successi del celebrato “Angel” che impose Paolo all’attenzione europea più o meno una decina di anni fa.
Crescono poi le importanti realtà contemporanee: il duo con Uri Caine (gli ultimi appuntamenti concertistici sono stati un vero e proprio trionfo con altrettanti esauriti in tutto il paese) e la collaborazione con Carla Bley e Steve Swallow (la grande signora del jazz moderno si è letteralmente innamorata del suono di Paolo e nel lavoro discografico dei suoi “Lost Chords” ci sono anche diverse composizioni scritte appositamente da Carla per Paolo) sono soltanto alcune di queste.
Il suo presente più attuale lo vede attivo, in ottica più esterofila, in trio con Richard Galliano e il pianista svedese Jan Lundgren (“Mare Nostrum”) e in diverse nuove avventure con nuovi importanti nomi dell’entourage jazzistico contemporaneo quali Omar Sosa, Gianluca Petrella, il coro polifonico corso “A Filetta”, e – ancora – con Dhafer Youssef e Eivind Aarset.
Interessanti sono poi i progetti con alcuni grandi nomi del mondo letterario e teatrale italiano (Ascanio Celestini, Lella Costa, Stefano Benni, Milena Vukotic) oltre, infine, a una nuova serie di piccole ma importanti collaborazioni con la musica “intelligente” delle frange popolari italiane. Musica per il Cinema e “progetti speciali” come il suo straordinario “a solo” teatrale che ha paralizzato 3.000 spettatori all’Auditorium di Roma o un incantato teatro Metastasio a Prato chiudono il cerchio.
Anche se sarebbe un errore dimenticare le strizzatine d’occhio verso il mondo “classico” che potrebbero presto riservare sorprese con lavori ad hoc in cui possono venire coinvolti quartetti d’archi che guardano avanti e grandi eroi dell’avantgarde music.
(Vittorio Albani)
Tutte le informazioni di Mundus si possono trovare sul sito del Coordinamento dei teatri
(foto di Giorgio Ricci)