Il consiglio di amministrazione della più importante fondazione italiana che si occupa di ricerca sulle malattie genetiche, ha approvato di sostenere, tra gli altri, il progetto presentato dal Policlinico intitolato: Nuove strategie per curare emocromatosi ereditaria attraverso la modulazione della via del segnale BMP/SMAD (un sistema di proteine-messaggeri che trasmettono i segnali dall’esterno della cellula al nucleo ed al DNA) che regolano l’ormone del ferro epcidina (Novel strategies to cure hereditary hemochromatosis through modulation of the BMP/SMAD pathway regulating the iron hormone hepcidin), cui verranno destinati 300.000 euro.
Il progetto triennale che ha ottenuto il finanziamento da Telethon si propone di sviluppare forme di epcidina (l’ ormone prodotto dal fegato che è tra i principali regolatori del ferro nel sangue) a prolungata attività nonché molecole sintetiche che abbiano la stessa funzione dell’epcidina. Queste molecole saranno testate in cellule umane di pazienti isolate e coltivate in laboratorio ed in modelli di emocromatosi che gli scienziati modenesi hanno riprodotto nel topo. La speranza è di mettere a disposizione dei pazienti nei prossimi anni nuovi farmaci molecolari, magari somministrabili per bocca, in grado di modificare l’assorbimento del ferro e curare l’emocromatosi e diversi altri disordini del metabolismo del ferro.
“Il ferro nel sangue è come il glucosio (lo zucchero), una sostanza essenziale per la vita – ha spiegato il prof. Antonello Pietrangelo, direttore della Struttura Complessa di Medicina II e del Centro Malattie Eredometaboliche del Fegato dell’Azienda Ospedaliero – Universitaria di Modena – La produzione dei globuli rossi, l’utilizzo dell’ossigeno nella respirazione e perfino la produzione del mattone che è alla base della vita stessa, il DNA, dipendono dal ferro. Il ferro però non può essere prodotto all’interno del nostro corpo, ma va introdotto con il cibo dall’esterno, attraverso l’intestino. La quantità di ferro assorbito dall’intestino deve essere però limitata a quantità minime (un milligrammo di ferro al giorno), perché il ferro è molto reattivo e se è presente nel corpo in quantità eccessive può causare danni e malattia. La sostanza che limita la quantità di ferro assorbita dall’intestino è un ormone prodotto dal fegato, l’epcidina. Esistono delle gravi malattie ereditarie, chiamate emocromatosi, causate da un difetto di produzione dell’epcidina. In questi pazienti, sin dalla nascita, a causa della poca epcidina prodotta, l’intestino assorbe troppo ferro rispetto a quello necessario e dopo alcuni anni si accumula in organi vitali e causa cirrosi epatica, diabete, impotenza e sterilità, malattie cardiache e tumori”. Nel 2009 l’equipe del Policlinico ha pubblicato su Nature Genetics, rivista leader in campo genetico, la scoperta di un <<sensore>> del ferro nel sangue che segnala al fegato quanto ferro è presente nel sistema sanguigno ordinando a quest’ultimo di produrre l’ormone epcidina. A breve distanza, la prestigiosa rivista Science ha pubblicato un’ altra importante scoperta dell’equipe del prof. Pietrangelo, l’identificazione del <<sensore>> del ferro all’interno delle cellule che regola direttamente la quantità di epcidina prodotta.
“La nostra conoscenza dei meccanismi di funzionamento del fegato – ha concluso il prof. Antonello Pietrangelo – risale comunque agli anni Novanta, quando pubblicammo sul prestigioso New England Journal of Medicine la scoperta di una nuova malattia del metabolismo del ferro, <<la malattia della ferroportina>>, oggi diventata tra le più frequenti malattie ereditarie del metabolismo del ferro. Il nostro Centro ha potuto così di raccogliere negli anni un grande numero di informazione e conoscenze sull’epcidina che hanno aperto nuove possibilità per produrre strumenti in grado di modificare la produzione di epcidina e curare le malattie causate da un difetto di quest’ormone. Sino ad oggi l’unica terapia specifica l’emocromatosi è stata togliere il ferro in eccesso dall’organismo col salasso, una pratica antica di millenni, ma ancora efficace. Si tratta di una metodica che deve essere portata avanti per anni, a volte per tutta la vita, che talvolta non è tollerata, o non accettata dal paziente, o non è praticabile per motivi sanitari. E’ evidente quindi che il poter avere a disposizione nuovi farmaci che agiscano direttamente sull’ormone del ferro offrirebbe vantaggi enormi. E’ quanto in fondo oggi si fa già per un’ altra comune malattia, il diabete, causato da un difetto di un altro ormone, l’insulina, e curato attraverso la somministrazione della stessa insulina o di farmaci che ne influenzano l’attività”.
“Ancora una volta il Policlinico si dimostra luogo privilegiato dove far convergere le esigenze di didattica, ricerca e assistenza. L’antica tradizione modenese in questo campo, risalente al prof. Mario Coppo, uno dei più grandi esperti del fegato a livello mondiale, ha una continuità con il lavoro del prof. Pietrangelo e della sua equipe, così come di tutte le altre professionalità, internistiche e chirurgiche, che l’Università e la azienda Policlinico di Modena hanno raccolto all’interno del “Punto Fegato”, quale percorso diagnostico terapeutico di eccellenza al servizio degli assistiti, modenesi e non, in grado di accompagnare passo passo il paziente dall’iniziale approccio diagnostico fino al grado estremo della chirurgia epatica e dei trapianti di fegato.”. Ha commentato dottor Stefano Cencetti, direttore generale del Policlinico.
In totale sono 12,3 milioni di euro – 2,3 milioni in più rispetto al 2009 – i fondi stanziati quest’anno da Telethon per progetti di ricerca che si svolgeranno in istituti di ricerca pubblici o privati non profit. Con questi fondi sono stati finanziati 40 progetti incentrati su diverse patologie di origine genetica, che coinvolgeranno ben 73 laboratori di ricerca distribuiti sull’intero territorio nazionale, oltre al primo anno di 3 programmi di ricerca multicentrici.