Intanto una premessa: è un piacere quando il dibattito sulla politica e sulle idee prende toni pacati, e il confronto, per quanto serrato, è sui contenuti e non sulle accuse reciproche. Quanto attribuito oggi sui giornali al consigliere Stefano Rimini è proprio in linea con quanto appena premesso.
Le osservazioni del rappresentante del PD non cedono alla pura polemica: sebbene io mi senta di dissentire su alcuni punti. E spiego perché: quando si obietta ai cattolici che hanno scelto di entrare nel Partito Democratico, le scelte di fondo di tale formazione politica sui temi eticamente rilevanti, sentiamo spesso dagli stessi cattolici del PD, affermazioni che spostano l’attenzione su questioni di morale o di etica pubblica. Certamente esiste un problema di etica nella politica, e su di esso prima o poi dovremo tutti noi fare una profonda riflessione, ma un argomento non esclude l’altro. Ovvero, non è possibile sviare il discorso su questioni come diritti delle coppie di fatto, limiti della procreazione assistita, o ambiti d’applicazione della legge sull’aborto. E su questi argomenti la linea principale del PDL è una. Quando ho detto che la casa dei Cattolici è il PDL, non intendevo ovviamente sostituire un partito alla Chiesa, ma sottintendevo il termine “politicamente”.
Dunque apprezzo lo sforzo dei cattolici del PD di affermare la loro autonomia, e il loro pensiero nel partito, ma temo che dovranno fare presto e duramente i conti con una tradizione, che almeno a Modena, si fonda sulle radici del partito Comunista. Del resto una giovane esponente del PD modenese, che siede in consiglio comunale accanto allo stesso Rimini, ha appena firmato una petizione affinchè la commissione regionale Pari Opportunità non sia guidata da un’esponente cattolica come Silvia Noè. A parziale dimostrazione di come chi si ispira alla morale cattolica sia visto da gran parte della sinistra anche nel PD come un pericoloso oscurantista, perché difende la famiglia tradizionale, e il diritto alla vita. Come possano trovare punti d’incontro idee così distanti, a me personalmente sfugge. Ma ovviamente ognuno nelle proprie scelte politiche è libero di fare la propria personale scala di valori sui quali non è possibile transigere.
Infine sulla questione della sicurezza: definirla una valore, se raffrontata a quanto appena detto, forse è eccessivo. Ma che si voglia chiamare valore o priorità, la questione in questo caso si sposta verso le urne. Se i cittadini chiedono e poi votano programmi nei quali la sicurezza è un punto descritto e promesso, allora – molto pragmaticamente – bisogna dar seguito alle promesse. Provare a mischiare le carte passando il messaggio che accoglienza e sicurezza siano in contrapposizione, è un’indebita confusione.
E’ giusto accogliere, aiutare, curare: è cristianamente un valore. Ma questo non significa chiudere gli occhi sul fatto che non tutti chiedono accoglienza e lavoro: molti al contrario cercano protezione per traffici non proprio leciti, italiani o stranieri che siano. Far rispettare le regole del vivere civile è compito dello Stato, ed è quanto i cittadini chiedono in base al patto sociale che lega chi governa a chi viene governato. Quindi la sicurezza che deriva dal far rispettare le regole, per uno Stato civile moderno è un valore. In questo senso, lo è.
(Avv. Luca Ghelfi, Consigliere Provinciale – PDL)