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Vasco Errani a FestaReggio

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«Questa Italia non ha bisogno di un racconto, di un sogno, né di deviazioni populiste: ha bisogno di sciogliere dei nodi, ha bisogno di fatti concreti. La sinistra non ha bisogno del leader risolutivo. Ed occorre cominciare a sbugiardare questa destra che racconta un sacco di balle: ditemi un provvedimento fatto a favore degli artigiani o delle piccole imprese, che tanto la Lega dice di avere a cuore». Il presidente della Regione Emilia-Romagna Vasco Errani parte dal pragmatismo per promuovere, nei fatti, il nuovo Ulivo, bocciare l’immaginifico vendoliano ed assestare un colpo all’altrettanto radicato dogma secondo il quale il Carroccio è ben saldo sul territorio.

Ospite ieri sera della Tenda del mondo di FestaReggio, Errani, intervistato dal giornalista Leo Turrini, è stato del resto stimolato a pensare alla concretezza del quotidiano sin dall’introduzione del sindaco di Scandiano Alessio Mammi. Che è partito da proprio dall’esperienza scandianese per dire che «Il Pd deve rispondere alle esigenze della gente, ed affrontare i loro problemi, dando loro delle risposte concrete, per costruire una vera alternativa. E penso che il Partito democratico emiliano-romagnolo possa essere anche un grande esempio di buona politica».

Il presidente della Regione non si è fatto certo pregare per raccontare l’Italia che vorrebbe: «Se io fossi in Tremonti, direi la verità agli italiani, spiegando come stanno veramente i conti di questo paese, visto che l’unico che sa davvero come stiano le cose è lui, Non è possibile cambiare questo paese con le cifre che ci sono di evasione fiscale, e decisamente cambierei il peso della tassazione, alleggerendo le imposte su lavoro ed imprese ed incrementando quella sulle rendite finanziarie».

A suo parere, la vera, grande risorsa italiana è rappresentata dalla cultura, dal sapere, dalle intelligenze: «Invece, abbiamo un simulacro di ministro che ha tagliato le gambe alla scuola pubblica. E il centro-destra ha completamente consumato le proprie energie ed il suo progetto: non ha più un’idea, ha soltanto politiche tremontiane di segno molto chiaro: tagliare i servizi sociali, l’istruzione, la sanità».

Secondo Errani, in questi anni, si è anche abbassato il livello culturale e civico della popolazione: «Noi dobbiamo rappresentare per gli italiani l’alternativa vera, resuscitando in loro una speranza. E dobbiamo essere chiari, netti, non ambigui, non ondivaghi, e non incerti». Pollice verso nei confronti del Marchionne che«nega i diritti dei lavoratori», ma anche nei confronti del sindacato che «non vede i cambiamenti da approntare all’organizzazione del lavoro». «Se Tremonti è davvero in fase di ravvedimento, restituisca risorse agli enti locali, e dica a Sacconi di convocare Marchionne e dirgli che le sentenze si rispettano».

Al presidente della Regione, non piace la piega dell’informazione e della propaganda berlusconiana: «Non seguo molto il Tg1 di Minzolini, però mi viene da pensare che, ormai, abbiamo persino battuto il Venezuela: neppure Chavez è arrivato a fare uno spot in cui dice che la sua nazione è bella…». Ma non ama neppure talune sortite di marca democratica: «Non accetto di discutere sul rilancio generazionale e basta: se tu hai 30, o 40 anni, devi dirci anche che cosa pensi e che cosa vuoi fare: non esiste nessun partito che abbia costruito un percorso fatto di rotture generazionali; lo stesso Obama negli Usa ha vinto perché ha interpretato la crisi del liberismo». Per Errani, «occorre tornare al merito: nessuno di noi è Maradona, ma, se perdi la consapevolezza di te stesso, e perdi il rapporto con la realtà, prima o poi farai dei danni. E bisogna contrastare i personalismi, quella logica secondo la quale più si appare sui giornali più si pesa. Si deve capire che cosa si fa per la comunità, per il partito, per la nazione, ed è su quello che si deve essere valutati dalla gente».

Nessun’alleanza organica con Fini: «Bisogna dire molto chiaramente che è un nostro avversario politico, e che il Pd è alternativo a lui. Anche se ci segnala che anche una destra, di fronte all’avvitamento populista di Berlusconi, comincia a preoccuparsi. Se Fini, Casini, e tutti quelli che sono in parlamento ora, sono disposti a cambiare la legge elettorale, in senso bipolare e dando la possibilità all’elettorato di scegliere i propri rappresentanti, ben vengano». Del resto, Errani ha condotto la battaglia contro la legge Finanziaria al fianco di Formigoni, presidente della Regione Lombardia, uomo innegabilmente di centro-destra: «In quest’occasione, ci siamo resi conto che ci sono verità importanti da portare avanti insieme».

Per Errani, «si deve dire basta alle sporcizie ed alla barbarie in cui questa destra ci ha condotto, ma bisogna anche stare attenti a quanto portano avanti i grillini, che sono l’altra faccia di questa cultura, non deve passare il messaggio per cui, in politica, tutti sono uguali: ciò significa che ha vinto la destra».

Ultimo accenno alle vicende che hanno coinvolto il fratello del governatore regionale: «Su di me si sono dette tante cose: ben vengano le indagini, perché confermeranno che sono onesto».

La cooperazione è pronta a contaminarsi e aggregarsi per competere anche all’estero

La cooperazione è in prima fila per vincere le sfide della globalizzazione, perchè è pronta a tessere alleanze e a riorganizzarsi. È questo ciò che è emerso dal dibattito “Centralità del produttore e internazionalizzazione. Il modello cooperativo è ancora valido?”, tenutosi nella Sala Dibattiti “Renzo Bonazzi” di FestaReggio sabato 4 settembre, nell’ambito della programmazione della Festa Nazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione.

Il giornalista di ItaliaOggi Luigi Chiarello ha intervistato i rappresentanti della cooperazione agroalimentare Giovanni Luppi (presidente Legacoop agroalimentare) e Maurizio Gardini (presidente di Fedagri-Confcooperative) che hanno dialogato con il presidente del Cogeca (consorzio europeo delle cooperative), il Cav. Paolo Bruni, il professor Gabriele Canali e l’onorevole Sandro Brandolini, deputato del PD in commissione agricoltura.

“La cooperazione oggi vive le stesse contraddizioni delle altre imprese – ha ricordato Giovanni Luppi – ma più di altri noi siamo in grado di tessere alleanze, per organizzare meglio la nostra presenza e puntare sull’innovazione”. Si trova d’accordo anche Maurizio Gardini, che aggiunge: “Dobbiamo dare risposte a chi verrà dopo di noi. C’è bisogno di accelerare sulla semplificazione del mondo agricolo, anche nella sua parte imprenditoriale, senza far perdere al socio la sua importanza fondamentale”.

Gabriele Canali, che si occupa di politica ed economia agroalimentare, ha individuato l’origine della scarsa competitività italiana nella sua storia recente. “Le nostre imprese – ha detto – hanno vissuto troppo a lungo in un ambiente protetto. Ma troppo protezionismo impedisce di crescere e di adeguarsi alla competizione. Ora dobbiamo adeguarci in fretta, perchè siamo in ritardo”.

Protezionistica è stata in passato anche la PAC, di cui invece il cav. Bruni ha sottolineato il ruolo fondamentale per gli agricoltori, ma soprattutto per i 500 milioni di cittadini europei che hanno beneficiato di prodotti di qualità certificata. Sulla cooperazione, un esempio europeo: “Il reddito agricolo – ha detto Bruni – è molto più alto in paesi che investono sulla cooperazione come Olanda e Danimarca rispetto a paesi come Grecia e Polonia che non hanno una storia di cooperazione. Paesi come Olanda e Danimarca hanno investito sull’aggregazione e ora competono sui mercati”.

L’on. Brandolini ha insistito sulla debolezza dell’azione italiana in sede comunitaria, in particolare nel dibattito attuale sulla riforma della PAC. “In Italia – ha detto Brandolini – manca una vera politica agricola. Abbiamo bisogno di politiche che incentivino il modello cooperativo e soprattutto l’aggregazione: senza la cooperazione l’Italia non può affrontare la sfida dell’internazionalizzazione”.

E un appello politico è stato anche la chiusura di Giovanni Luppi, che ha detto “Noi abbiamo superato le divisioni del passato tra cooperazione “bianca” e “rossa”, e ci stiamo aggregando e contaminando. La politica invece ci comunica solo distanza e disinteresse. Anche a sinistra – ha concluso Luppi – le relazioni con la cooperazione sono in mano a pochi volenterosi. Invece noi abbiamo bisogno di politica e vogliamo far sentire la nostra voce in Parlamento”.

Italiani si nasce?

Italiani si nasce? Alla tenda del mondo di FestaReggio si è parlato di immigrazione e di nuove proposte in materia di cittadinanza.

Il dibattito, con il sindaco di Reggio Emilia Graziano Delrio, la presidente della Provincia Sonia Masini e i deputati del Partito Democratico Roberto Zaccaria e Jean Leonard Touadi, è stato introdotto da Mauro Ponzi della direzione provinciale Pd, e condotto da Federico Amico, presidente provinciale dell’Arci.

Graziano Delrio ha sottolineato come la campagna sul riconoscimento della cittadinanza sia interpretabile come una “campagna di civiltà”.

Delrio ha evidenziato come “ l’immigrazione può rappresentare una ricchezza non di poco conto. L’immigrato non è un pericolo per la nostra economia e neanche per la nostra identità. Bisogna uscire da questi schemi perché le civiltà crescono e sono cresciute dialogando, comunicando e non escludendosi”.

Sonia Masini nel suo intervento definisce il processo di immigrazione “molto veloce, forse troppo, e questo ha portato problematiche e aumentato la paura dei cittadini”.

Secondo Masini “la cittadinanza è un diritto ma deve essere anche un dovere e parlare di cittadinanza vuol dire anche rispettare le regole”. La presidente della Provincia si sofferma infine su quanto sia importante avere un occhio di riguardo e “garantire l’istruzione ai bambini e adolescenti immigrati che devono avere le stesse opportunità dei nostri ragazzi”.

Il deputato Pd Roberto Zaccaria ha sottolineato come oggi la cittadinanza sia una concessione e non un diritto; “ci vogliono anni e garanzie (e a volte non è sufficiente) per poter ricevere la cittadinanza. La proposta Italiani si nasce – spiega Zaccaria – afferma semplicemente che la nascita deve coincidere con il riconoscimento della cittadinanza a prescindere che i genitori siano italiani o no”.

Zaccaria parla anche delle enormi difficoltà che si hanno in parlamento dove questo governo ha irrigidito le regole sulla cittadinanza aumentando attriti e mal integrazione. Jean Leonard Touadi apre il suo intervento parlando della propria esperienza personale “arrivai in Italia nel ’78 con la cittadinanza francese grazie alla colonizzazione della Francia sul Congo mio paese di origine”.

Touadi prosegue poi affermando che l’immigrazione è oggi uno dei temi più caldi in tutta Europa “ed è fastidioso che un immigrato che vive da 30 anni regolarmente qui in Italia sia ancora etichettato come immigrato e non come cittadino italiano”

Il deputato Pd critica la legge Bossi-Fini. “Paradossalmente – dice – fomenta l’illegalità e la clandestinità”. Definisce come “inaccettabili” i discorsi leghisti che sul tema della sicurezza “sparano addosso solo agli immigrati…e la mafia invece brinda”. Touadi conclude sottolineando come “il riconoscimento dei diritti alla persona siano fondamentali – e precisa – ma ci vogliano politiche del fare e non del disfare”. Durante la serata vi è stato spazio anche per una lettura di Giuseppe Caliceti,

autore del libro “Italiani, per esempio”, dove i bambini immigrati esprimono le loro speranze, le fantasie e le paure di una vita da italiani senza passaporto

“Il numero di immigrati in Italia è più che triplicato solo nell’ultimo decennio. Sono oltre tre milioni. E i bambini? Nessuno lo sa con precisione. Sono meno che in altri paesi europei, ma certo in questi anni da noi il malcontento e il razzismo verso di loro è cresciuto, fomentato anche da alcuni movimenti politici. Ho iniziato a insegnare nel plesso di Reggio Emilia come maestro elementare di ruolo nel 1983. Per alcuni anni, fui distaccato dal normale insegnamento su classe per curare un progetto ministeriale per l’integrazione dei bambini stranieri. Allora c’erano solo alcune decine di bambini di origine non italiana, ora diverse centinaia, ma quel progetto è soppresso da tempo. Fin da principio ho preso l’abitudine di trascrivere parole, frasi, conversazioni, testi scritti da questi bambini. In più di un’occasione sembrava di rivivere la favola del Brutto Anatroccolo, ma non sempre. Una volta ambientati in Italia, ho chiesto loro cosa ne pensassero dell’Italia e degli italiani. Ho raccolto i frammenti di tante storie, riflessioni, confidenze piene di speranza e di paura, di realtà e di fantasie, di tristezze e di allegrie, di ingenue osservazioni e di fantastici fraintendimenti. Ne è uscito questo ritratto inedito dell’Italia di oggi e degli italiani. Ho cambiato i loro nomi per ragioni di privacy, ma non la loro età e la loro nazionalità”

di frasi di bambini immigrati provenienti da tutto il mondo e il racconto di una giovane ragazza che dopo tanti anni, ingiustizie e sacrifici è riuscita ad ottenere la cittadinanza italiana.