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FestaReggio: i resoconti di giovedì 9 Settembre


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Maura Chiulli ha presentato allo spazio Loft il suo libro “Maledetti froci, maledette lesbiche”, una raccolta di testimonianze di violenza subita da omosessuali.

Ad intervistare la scrittrice è stata la giornalista della Gazzetta di Reggio Chiara Cabassa, con la presentazione di Fabio Astrobello dell’Arci Gay e la partecipazione dello psicoterapeuta Marco Lazzarotto Muratori.

Chiulli racconta che l’Italia (al secondo posto in Europa per violenze su gay, lesbiche e trans), a differenza di altri Paesi, non tutela gli omosessuali. L’autrice ha parlato della sua difficoltà nel dichiarare la sua sessualità, preferendo per un periodo la sofferenza, il male interiore, la bulimia per paura di essere esclusa dai suoi familiari, dai suoi amici, dalla gente del suo paese, perché in Italia dice “c’è pregiudizio nei confronti del mondo omosessuale, pregiudizio che viene rafforzato dai media. La società – spiega Chiulli – non considera l’omosessualità un valore, ma una minaccia”. Per questo sarebbe necessaria una cultura sull’omosessualità, che già avviene con progetti dell’Arci Gay nelle scuole, educando i ragazzi, il personale e le famiglie. Secondo il pensiero dell’autrice “bisogna cominciare dagli adulti per insegnare ai ragazzi”.

Muratori, che ha aiutato Maura Chiulli nella stesura del libro, alla domanda di Cabassa “Perché le lesbiche sono più tollerate rispetto ai gay?” Risponde che nell’immaginario collettivo i gesti affettivi sono più legati al modo di fare femminile, mentre lo stereotipo maschile corrisponde all’ “uomo che non deve chiedere mai”, ossia all’uomo a cui tutto è dovuto, a cui è insolito attribuire gesti affettuosi nei confronti di altri uomini e se lo fa viene considerato gay, cosa che non accade nelle donne, perché viene vista come una cosa normale che una donna baci o prenda per mano un’amica, senza esser considerata lesbica. Lo psicoterapeuta riflette anche sul significato delle parole, che entrano dentro le persone e aggiungono o sottraggono senso all’esistenza, parla di come un’offesa possa ferire, a tal punto di portare al suicidio, “Le parole – prende la parola Chiulli – sono pugnali, ma non bisogna avere paura di queste”.

Le politiche agricole di governo? Inesistenti

“E’ necessario che Politica Agricola Comunitaria torni ad essere un tema centrale nella politica italiana”. Con queste parole Enzo Lavarra, presidente del forum sulle politiche Agricole del Partito democratico, ha dato inizio all’incontro “2010: l’Europa in campo per la nuova Politica Agricola Comunitaria” che si è tenuto ieri sera presso la sala dibattiti “Renzo Bonazzi” di FestaReggio.

L’iniziativa, promossa dalla Festa nazionale dell’Agricoltura e dell’alimentazione, ha voluto fare il punto sulla riforma della PAC che dal prossimo autunno sarà al centro delle discussioni parlamentari europee. Con Lavarra a FestaREggio c’erano Paolo De Castro presidente della commissione Agricoltura al Parlamento Europeo e Luis Manuel Capoulas Santos, capogruppo PSE della medesima commissione. Sin dalle prime battute il moderatore della serata, Alessio Romeo, giornalista de Il Sole 24 ore – agrisole, ha sottolineato l’importanza cruciale di tale riforma, la prima della “nuova” Europa a 27 membri.

De Castro, a tal proposito, ha affermato che “siamo in procinto di entrare nella fase calda della questione. Il 17 Novembre il presidente della Commissione europea presenterà le proposte per la riforma e da lì prenderà il via un dibattito che si concluderà in primavera”. E ancora “il governo italiano non ha ancora presentato ai colleghi europei la sua posizione a tal riguardo. E’ arrivato il momento che il nostro paese prenda coscienza dell’importanza della riforma in atto, riforma che apporterà profondi cambiamenti alla Politica Agricola Comunitaria: si discuterà di come verranno gestite le risorse economiche ad essa destinata, tema di fondamentale importanza, sul quale l’Italia non può permettersi il lusso di rimanere indietro”.

Riallacciandosi alla questione delle “risorse economiche”, Capoulas Santos ha sottolineato come, “vi sono due problemi che riguardano la riforma della PAC: il primo riguarda quanti soldi verranno destinati ad essa, il secondo sarà porsi il problema di come suddividere tali erogazioni tra agricoltori, regioni e stati. Essendo la PAC l’unica politica comunitaria vi è una tendenza dilagante ad attingere dalle risorse ad essa destinata per ogni questione: dal clima, al terrorismo, al turismo. E’ per questo che primo obiettivo del Parlamento sarà difendere l’agricoltura, in un contesto dove le risorse che si cercherà di preservare sono previste solo per 15 stati e non per i 27, attualmente 29 membri. Una suddivisione tra il doppio delle persone comporta una nuova equità e, perciò, alcuni stati dovranno prepararsi a ricevere meno fondi di quanti non ne ricevessero prima, come ad esempio la Francia”.

“Oggi il mondo dell’agricoltura affronta temi di fondamentale importanza per il futuro: la Terra chiede sempre più cibo, ma non riesce a soddisfare le sue stesse richieste”, ha ricordato De Castro.

“Non si possono dare giudizi sulle politiche agricole dell’attuale governo italiano perché sono inesistenti. Non c’è una presa di posizione su niente e viene spontaneo chiedersi quali garanzie possa dare al paese con questi presupposti. Ci apprestiamo a una battaglia difficile e complicata che come Partito Democratico faremo di tutto per portare a termine nel migliore dei modi”.

UNIPEG INVESTE SULLE AGROENERGIE CON IL PROGETTO GREEN ENERGY FARM

Si è svolto ieri, giovedì 9 settembre all’interno delle iniziative dalla Festa Nazionale dell’Agricoltura l’incontro promosso da UNIPEG e destinato a raccontare il progetto Green Energy Farm sui temi dello sfruttamento delle fonti alternative di energia in campo agricolo, partendo in special modo dalla centrale a biogas da poco inaugurata nel comune di Pegognaga e interamente finanziata da UNIPEG, fino ad arrivare ai progetti di realizzazione di nuovi centrali e investimenti sul fotovoltaico collettivi promossi tra i soci della cooperativa.

L’illustrazione del progetto della centrale a biogas è toccata ad Alfredo Gallerani, Consigliere Delegato al progetto Agroenergia: “Due anni fa all’interno di UNIPEG ci si è posti obiettivi ambiziosi, mantenendo un approccio innovativo e trasparente alla filiera produttiva. Trattandosi di impianti dalla bolletta energetica molto consistente si è deciso senza esitazioni di cercare di utilizzare i materiali di scarto della produzione come fonte energetica alternativa. Le matrici possono infatti essere utilizzate sia per la produzione di biogas che per la cogenerazione. Nel 2009 UNIPEG ha investito 15 milioni di euro in impianti e infrastrutture per lo sfruttamento di fonti rinnovabili, di cui 5 solo per la centrale di biogas di Pegognaga, fiore all’occhiello nel suo settore. L’esperienza acquisita in questo settore fa sì che UNIPEG si candidi a fare da project leader per il coinvolgimento e l’estendimento di tali tecnologia anche alle aziende socie”.

Le potenzialità del comprensorio produttivo dei soci UNIPEG è davvero vasto, come ha illustrato Claudio Fabbri, esperto del C.R.P.A. (Centro Ricerche Produzioni Animali). “Il coinvolgimento delle piccole-medie aziende agricole del territorio di riferimento rappresenta un potenziale importante per il futuro sviluppo energetico e del mercato. A fronte di 60/70 milioni di euro di investimenti stimati si è calcolato un payback di 18 milioni di euro all’anno derivante dall’energia elettrica prodotta. La possibilità di realizzare impianti interaziendali consentirà opportunità di aggregazione varie e ricche. Un altro esempio in tal senso è l’utilizzo di impianti fotovoltaici. 738.000 metri quadrati di tetti disponibili rappresentano una potenzialità enorme per la produzione energetica alternativa”.

“Il nostro ruolo – afferma Fabrizio Guidetti, Presidente UNIPEG– è di non lasciare soli gli agricoltori davanti all’avanzamento della tecnologia e a importanti investimenti economici. Non è più sufficiente oggi essere solo allevatori, e in un contesto nuovo bisogna saper cogliere la sfida. UNIPEG ha investito risorse professionali, umane ed economiche in questo settore, e la sua seria esperienza fa della nostra cooperativa il naturale projec leader nel settore, anche in ottica futura”.

I ricercatori non crescono sugli alberi

Continua la rassegna di incontri ravvicinati del terzo tipo a cura dei Giovani Democratici e Arci Solidarietà. I ricercatori non crescono sugli alberi. Questo il titolo del libro di Francesco Sylos Labini che lo stesso autore ha presentato all’arena Sputnik durante il dibattito dedicato al tema della ricerca e università.

Altri ospiti della serata sono stati Andrea Rapini ricercatore di Storia dell’Università degli studi di Reggio Emilia e Modena e Erik Sassi studente di Comunicazione Politica e Segretario Gd di Correggio. Ha condotto e coordinato la serata il Segretario cittadino Gd di Reggio Emilia, Fulvio Costi.

Nel suo intervento Francesco Sylos Labini ha sottolineato come il tema della ricerca sia un grave problema in Italia che non si riesce a risolvere. “Confrontandoci con l’estero non c’è paragone, gli investimenti sulla ricerca in Europa e non solo, sono di gran lunga superiori. La figura del ricercatore è riconosciuta con una importanza che qua nemmeno è immaginabile”. Il libro “I ricercatori non crescono sugli alberi” che Sylos Labini ha scritto insieme a Stefano Zapperi cerca di rispondere a diverse domande. A cosa serve la ricerca? Perché finanziarla? Cosa fanno i ricercatori? Che relazione c’è tra ricerca ed insegnamento? Come riformare il sistema della ricerca e dell’università e a quali modelli ispirarsi.

Labini ha raccontato la sua esperienza. Otto anni trascorsi tra Francia e Svizzera dove è cresciuto molto e ha trovato una metodologia di lavoro ben strutturata.

Sulle prospettive future Labini ha affermato, «solo un’inversione di rotta nella politica della pianificazione, del finanziamento e della gestione del sistema università-ricerca potrebbe rendere l’università italiana competitiva e attraente”.

L’autore del libro ha infine criticato anche il Centro-sinistra “incapace negli anni in cui ha governato – secondo Labini – di risollevare la ricerca dai suoi problemi”.

Andrea Rapini è intervenuto partendo dalla sua esperienza personale e raccontando di essere diventato ricercatore con un contratto stabile dopo parecchi anni vissuti nella precarietà . Toccante il discorso di Rapini che è arrivato al punto di sconsigliare il proprio percorso ai giovani universitari che vorrebbero intraprendere la strada della ricerca. “Troppi sacrifici, troppe raccomandazioni, troppe poche garanzie, il futuro lavorativo non è assicurato e in molti casi semmai dopo anni e anni di concorsi si è costretti a rinunciare”.

Rapini non risparmia critiche sulla gestione della ricerca da parte del governo e rimarca il fatto che il mondo dei ricercatori è in rivolta da tempo sottolineando come “la manovra sull’università metterà in ginocchio tanti atenei italiani che dovranno chiudere perché non riusciranno più nemmeno a pagare gli stipendi”.

Erik Sassi ha criticato la passività degli studenti. “Siamo troppo silenziosi – ha detto Sassi – e anche di fronte ad un aumento sostanzioso delle tasse universitarie non riusciamo a farci sentire come dovremmo. In questo modo facciamo il gioco di questo cattivo governo”.

Sassi ha concluso rimarcando l’importanza che la politica deve dare al mondo universitario e ha rinnovato l’impegno dei Giovani Democratici “formeremo un gruppo di riferimento per l’ateneo di Reggio Emilia in modo da riavvicinarci a questo settore lasciato fin qui troppo in disparte”.