Dal 16 ottobre al 21 novembre 2010 i Musei Civici del Comune di Reggio Emilia dedicano una grande mostra a Davide Benati (Reggio Emilia 1949) dal titolo Pitture in palmo di mano 1980-2010. La personale con circa 60 opere, distribuite nel centro storico di Reggio in tre sedi diverse dedicate alla pittura – i Chiostri di San Domenico, la Sinagoga e la Galleria Parmeggiani – ripercorre trent’anni di carriera dell’artista che, dopo importanti tappe come la Biennale di Venezia e numerosissime mostre personali e collettive in Italia e in tutto il mondo, ritorna nella sua città per presentare una pittura sapiente, dove il colore afferma la propria presenza tra le forme dell’opera e le forme naturali sono apparizioni che hanno complesse matrici e un’astratta costruzione tonale.
Alla pittura è affiancata, nella quarta sede prescelta per l’evento, la Biblioteca Panizzi, l’esposizione dell’opera grafica con le acquatinte e la ricca produzione dei libri d’artista. La mostra è realizzata con il contributo di Car Server spa, Ccpl, Par.Co spa e Ppi & Partners. Sponsor tecnico Tecton.
“Rinunciare all’arte sarebbe privarci del nostro futuro. Per questo credo che la mostra di Davide Benati sia una risposta importante e di elevato valore culturale in questa fase di crisi economica molto difficile per le famiglie e le imprese. Perciò, dopo i complimenti e la riconoscenza all’artista la cui presenza in città ci onora, il mio grazie va agli sponsor che credono nella cultura e nell’arte, compiendo così un atto di lungimiranza”, ha detto oggi il sindaco Graziano Delrio, intervenendo alla conferenza stampa di presentazione della mostra, alla Biblioteca delle Arti di Reggio. “L’arte – ha aggiunto Delrio – è un linguaggio universale, che ci arricchisce con la bellezza e ci aiuta a interiorizzare conoscenza e rispetto, risorse quanto mai importanti in periodi come quello attuale”.
Alla presentazione sono intervenuti inoltre l’assessore a Cultura e Università Giovanni Catellani e lo stesso Benati, mentre erano presenti Giovanni Orlandini amministratore delegato di Car Server, Mara Leporati direttore organizzazione e comunicazione del Ccpl, Marina Spaggiari in rappresentanza di Par.Co e Alberto Peroni in rappresentanza di Ppi & Partners.
“Nel caso di Benati – ha detto l’assessore Catellani – parliamo di un gradito ritorno a casa, per un evento il cui rilievo è nazionale. L’artista ci restituisce un mondo che ci appartiene. La mostra, collocata in quattro sedi prestigiose, invita a un itinerario attraverso la città: un percorso che vuole caratterizzare la città attraverso la pittura. In questo senso, è calzante la constatazione di quell’autore secondo cui la vera opera d’arte ci permette di riscoprire tratti dell’umanità che non si vedono, quando vivono fasi di difficoltà. L’arte, nonostante i tempi bui, ci dice la meraviglia del mondo”. Anche Catellani ha evidenziato il ruolo degli sponsor, affermando che “se non vi fosse il contributo della cooperazione, di arte a Reggio non se ne farebbe molta”.
L’ARTISTA E LA SUA CITTÀ – Davide Benati, non senza emozione, ha ricordato come la sua esperienza artistica, in Italia (Milano, Venezia, Bologna) e nel mondo, sin dai primi contatti con la celebre galleria Marlborough di Monaco, sia stata sempre legata saldamente a Reggio e agli amici reggiani che lo hanno sostenuto: “Quando Marlborough, galleria che di fatto verifica quanto sia ‘collezionato’, quanto interesse susciti nei collezionisti un artista, mi contattò – ha raccontato – chiesi aiuto agli amici di Reggio, e ne ebbi subito sostengo, come sempre in seguito. Con questo voglio sottolineare l’importanza del ‘tenere insieme’, una capacità che l’arte ha nelle relazioni tra persone come tra persone e luoghi o opere d’arte: un fatto molto importante, di fronte alla spietatezza della vita. L’arte è ‘mettere insieme’. Quindi l’arte è anche alla base delle relazioni. E’ dialogo, nel rispetto vicendevole”.
“Mio padre – ha proseguito il pittore – faceva il fornaio. Alle 3 del mattino era tutto aperto, per via degli orari di lavoro, e tutti passavano e si fermavano, sono sempre stato abituato a incontrare persone fra loro molto diverse; si fermavano a parlare, spesso nascevano discussioni accese, ma sempre rispettandosi. Così, nel rispetto, le relazioni si mantenevano e si sviluppavano, e il dialogo proseguiva. Tale situazione riguarda anche l’arte, che contribuisce a combattere la carie che aggredisce il linguaggio. Sono un idealista? Credo, anzi spero di sì. Per questo mi confronto nuovamente , tornado qui a Reggio. Ecco, come vedete, la mia città c’è sempre. Non è mai mancata nei 30 anni della mia attività artistica e di insegnamento, tra Milano e Bologna, nel rapporto con gli studenti, che mi mancano: sono andato in pensione, qualche mese fa… ”.
Del suo lungo impegno passato e presente, concludendo Benati ha dato questa definizione: “Faccio un lavoro per definizione cosmopolita, che lavora sui linguaggi diversi e li modifica, tenendoli insieme, traendo e restituendo bellezza”.
L’ARTISTA E L’OPERA – Scrive Benati del suo lavoro: “Scelgo una forma semplice che trasporti il colore nello spazio, come una nota musicale ripetuta e che nella ripetizione infinita diventi ritmo, tessitura, nenia. La tela è orizzontale e dall’alto la guardo. Come un monaco che si accinga a disegnare un mandala, come un monaco che intoni un mantra. Dopo giorni i colori si faranno corpo, avranno saturato lo spazio ma continueranno a rivelare per sempre la loro trasparente illusorietà”.
L’ARTE DI DAVIDE BENATI – Fedele alle sue ispirazioni, l’artista nei suoi lavori rivendica la centralità della pittura; come afferma Flaminio Gualdoni “del dipingere, del quadro, il suo statuto di unica condizione intellettualmente ed empiricamente credibile”.
Nelle opere di Benati le forme della natura si fondono in modo magistrale con le fibre vegetali della carta di riso, fatta a mano. La carta per l’ artista non è infatti solo un supporto, ma il mezzo per raggiungere la perfetta coesione tra le grandi superfici cariche di colori trasparenti e i frammenti di paesaggi sensuali. Benati lavora attraverso la sovrapposizione di numerosi fogli di carta dipinta ad acquerello, tecnica che gli permette attraverso la trasparenza del mezzo espressivo, di accentuare gli effetti della carta e della sua grana.
”Nel gioco infinito di questa pittura, – chiarisce Walter Guadagnini – la poesia si riflette sui quadri, la memoria delle pagine lette si sovrappone a quella delle pagine schizzate di un taccuino, i luoghi dei viaggi immaginari si trasformano in voragini di aspra sensualità, dove il sovrapporsi dei colori e dei segni riflette la ciclicità dei tempi, in una continua remise en question non della natura del linguaggio, ma dei modi apparizione dell’immagine. Come in un controcanto”.
LA MOSTRA E LE SEDI – Nei Chiostri di San Domenico l’artista ha scelto di esporre accanto ad alcune tra le opere più significative degli anni Ottanta e Novanta – diverse delle quali esposte nella Biennale di Venezia del 1982 e nella sala personale del 1990 – i lavori degli ultimi dieci anni, molti dei quali totalmente inediti o esposti solo nella galleria Malborough di Monaco (che attualmente lo rappresenta in esclusiva). Tra le opere recenti, tutte di grande formato, sono presenti i grandi trittici, insieme ai dittici e alle opere singole che costituiscono la produzione più recente dell’autore.
La mostra dei Chiostri di San Domenico costituisce l’occasione per fare il punto sulla sua produzione e confrontare i lavori che lo hanno reso artista affermato e apprezzato in tutto il mondo con le opere più recenti, ma soprattutto per poter abbracciare in un’unica visione le dinamiche di un lavoro trentennale che, come scrive Sandro Parmiggiani, “è l’esito di una passione e di una febbre che, dall’adolescenza ad oggi, mai si sono consumate né hanno trovato lenimento”.
La seconda sede scelta da Benati è la Sinagoga, l’antico tempio della comunità ebraica reggiana ricostruito nel 1858 dall’architetto Pietro Marchelli, oggetto di un recente restauro; qui l’artista segnala con tre opere di vari periodi (Arpabirmana, 1990; Segreta, 1995; Cantico, 2006) il rapporto del proprio lavoro col sacro e con il silenzio.
Il terzo spazio scelto da Benati è la Galleria Parmeggiani, affascinante esempio di “casa-museo” nato nel 1933 dalla raccolta privata di un sedicente collezionista, Luigi Parmeggiani protagonista di torbide e rocambolesche vicende; si tratta di un luogo oscuro, dal sapore ottocentesco, pieno di armature, arredi, opere d’arte (forse autentiche, forse no) Un’atmosfera che fece dire a Federico Fellini – sedotto dalle storie che aveva sentito raccontare durante una visita alla Galleria – “Sembra di sentire in questo museo un ghigno satanico”. In questo luogo suggestivo e un po’ incongruo l’artista in due piccole stanze, dedicate ai pittori Cesare Detti e Ignacio Leòn y Escosura, indaga con piccole opere il suo rapporto col vuoto e con la luce.
Autore di numerose acquetinte a colori, stampate sempre sotto la sua diretta e attenta sorveglianza, Davide Benati si è cimentato anche nella produzione di libri d’artista, realizzati assieme al fratello Daniele e agli amici Antonio Tabucchi, Luigi Ghirri e Sandro Parmiggiani, libri-luoghi nei quali si attiva un suggestivo dialogo tra i vari linguaggi della scrittura e dell’arte.
Di questa produzione grafica, che corre parallela a quella pittorica, nella quarta sede la sala espositiva della Biblioteca Panizzi, Davide Benati espone quattro libri d’artista e una ventina di acquetinte a colori realizzate negli ultimi 25 anni.
La mostra è accompagnata da una monografia, edizione bilingue (italiano-inglese) edita da Skira con testi di Cristina Comencini, Walter Guadagnini, Flaminio Gualdoni, Sandro Parmiggiani e Antonio Tabucchi.
DAVIDE BENATI – Nato a Reggio Emilia il 23 febbraio 1949, Davide Benati frequenta il Liceo artistico di Modena e, successivamente l’Accademia di Brera a Milano, dove è stato titolare delle cattedre di anatomia e di pittura. Ha insegnato anatomia all’Accademia di Belle Arti di Bologna.
La mostra personale d’esordio è, nel 1972, alla Galleria II Giorno di Milano; il suo curriculum espositivo, già significativo negli anni settanta, anni intensi di ricerche e di sperimentazioni, si arricchisce, negli anni ottanta, di mostre personali e di partecipazioni ad esposizioni di gruppo di particolare rilievo e prestigio, anche internazionali; nel 1982 è invitato alla Biennale di Venezia, dove tornerà nel 1990 con una sala personale; nel 1986 è invitato alla Quadriennale di Roma; mostre antologiche pubbliche, a lui dedicate si tengono nel 1989 alla Galleria Civica di Modena (con un racconto in catalogo di Antonio Tabucchi) e nel 1992 ai Musei Civici di Reggio Emilia (con un saggio in catalogo di Luciano Caramel).
Significativo è pure l’elenco delle partecipazioni a importanti rassegne di gruppo (“Anni Ottanta” a Bologna e la III Triennale Internazionale al Kunsthalle di Norimberga nel 1985, “Dopo il concettuale” a Trento, “Itinerari di arte contemporanea” a Lisbona nel 1986, Biennale Internazionale de II Cairo nel 1995), e delle mostre personali in gallerie private italiane e straniere (Anversa, Stoccolma, Amburgo, Zurigo, Parigi, New York). Attualmente lavora con la Galleria Marlborough Monaco.