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Si è svolto oggi a Bologna il meeting Enel-Confindustria con le aziende del Centro Nord dell’industria nucleare


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Si è svolto oggi a Bologna, presso la sede di Unindustria, l’incontro con le industrie del Centro Nord dedicato alla filiera del nucleare, organizzato da Enel, Unindustria Bologna e Confindustria Emilia-Romagna. L’evento si inserisce all’interno di un programma di “Supply Chain Meeting” che Enel e Confindustria organizzano a livello locale e rappresenta il quinto appuntamento dopo i quattro già realizzati nel corso dell’anno a Torino, Venezia, Brescia e Milano.

Nel corso dell’incontro, Enel ha illustrato alle aziende del territorio interessate il processo di coinvolgimento e di qualificazione dell’industria nei progetti con tecnologia EPR, relativi alla ripresa del programma per la produzione di energia nucleare in Italia, che saranno realizzati da Enel-EDF.

Ad oggi sono 68 le aziende di Emilia-Romagna, Toscana, Umbria e Marche già coinvolte, attraverso la registrazione sul portale dedicato, nella fase di Market Survey che Enel ha avviato in tutta Italia con l’obiettivo di mappare il know-how e le competenze in materia di nucleare presenti sul territorio nazionale. Il Market Survey costituisce il primo passaggio di un percorso che porterà alla successiva fase di qualificazione delle imprese (in base a determinati requisiti tecnici, qualitativi, economico-finanziari e legali), per arrivare infine all’invito alle gare di appalto.

Le aziende del Centro Nord già registrate rappresentano circa il 13% del totale delle aziende italiane, a conferma dell’importante ruolo di queste regioni nell’ambito del “rinascimento nucleare” avviato in Italia con la legge 99 del 2009.

Più nel dettaglio, 37 delle imprese iscritte al Market Survey provengono dall’Emilia-Romagna: 15 dalla provincia di Piacenza, 5 da Modena, 4 da Parma, 4 da Forlì-Cesena, 3 da Bologna, 3 da Ravenna, 2 da Ferrara e 1 da Reggio Emilia. L’incontro odierno ha visto la partecipazione diretta di circa 90 aziende.

“L’approvvigionamento di energia e i costi relativi sono, per il nostro Paese, questioni ormai indifferibili” afferma Maurizio Marchesini, Presidente di Unindustria Bologna. “Il bilancio energetico dell’Italia dipende, per circa l’80% del fabbisogno, dall’importazione di fonti energetiche, con un esborso annuo di alcune decine di miliardi di euro. L’energia elettrica prodotta in Italia costa il 60% più della media europea, circa due volte quella prodotta in Francia e tre volte quella prodotta in Svezia.

Questa situazione pone fuori mercato interi comparti del sistema produttivo ed espone il Paese, in misura superiore agli altri Paesi europei, alle fluttuazioni dei prezzi internazionali del petrolio e del gas. È un problema strategico, la cui soluzione non può prescindere dall’utilizzo di tutte le fonti energetiche che sono a disposizione. E l’obiettivo non può che essere quello di puntare ad un mix energetico: le forme di energia non vanno messe in competizione tra loro, ma vanno viste in modo sinergico”.

“Abbiamo di fronte una sfida ambiziosa – dichiara Savino Gazza, Presidente della Commissione energia e sviluppo sostenibile di Confindustria Emilia-Romagna – che dobbiamo cogliere per rendere competitivo il nostro Paese sotto il profilo energetico, ma soprattutto per valorizzare tutte le imprese della regione che hanno competenze e capacità professionali in campo nucleare. Le misure legate all’efficientamento energetico e lo sviluppo delle fonti rinnovabili possono dare un contributo rilevante alla riduzione di CO2, ma riteniamo che non siano sufficienti per raggiungere l’obiettivo di riduzione che l’Europa si è data per il 2020. Il nostro sistema energetico è fortemente sbilanciato verso l’uso di combustibili fossili, mentre i principali Paesi driver dell’economia europea hanno fatto della diversificazione energetica, dove il nucleare incide in media per circa il 30%, una leva di sviluppo e di raggiungimento degli obiettivi comunitari. Abbiamo già perso un’occasione negli anni Ottanta, con il referendum, quando eravamo tra i primi Paesi in termini di conoscenza e know-how in tema nucleare. Oggi dobbiamo impegnarci tutti soprattutto sul versante dell’accettabilità sociale, per non perdere questa nuova opportunità, che rappresenta anche un importante fattore di crescita dell’occupazione”.

Nel suo intervento Giancarlo Aquilanti, Responsabile Area Tecnica Nucleare di Enel ha messo in evidenza che “il progetto nucleare italiano di Enel ed EDF rappresenta innanzi tutto l’opportunità per creare un’industria italiana del nucleare, con un indotto ampio ed articolato non solo per la componentistica dell’”isola nucleare” ma anche per tutte le forniture civili e meccaniche delle centrali”. “Questo” – ha concluso Aquilanti – “potrà dare forza all’economia nazionale valorizzando e creando competenze e posti di lavoro”.

Il sistema energetico italiano soffre di un mix di produzione molto sbilanciato verso le fonti più costose, oltre a fare ricorso all’import per il 12% circa della produzione totale. La diversificazione del mix energetico con il nucleare è quindi indispensabile per consentire alle imprese italiane di competere a parità di condizioni con le altre realtà europee.

Secondo le stime di Confindustria, per la realizzazione delle centrali in Italia sono previsti investimenti complessivi per 30 miliardi di euro, il 70% dei quali si stima possa rappresentare la quota che le aziende italiane potrebbero essere chiamate a gestire. Il solo piano di Enel-EDF, in particolare, coprirà 16-18 miliardi di euro in termini di investimenti.

La competenza delle aziende nazionali è confermata dal fatto che attualmente a Flamanville, in Francia, ben 34 aziende italiane sono coinvolte a vario titolo nella costruzione del nuovo reattore EPR di EDF, in cui anche Enel ha una partecipazione.

Il programma nucleare italiano porterà anche un impatto occupazionale importante, in quanto la realizzazione di ciascuno dei 4 reattori previsti con tecnologia EPR prevede l’impiego di 2.500 persone nella fase di cantiere (circa 5 anni), mentre, una volta in esercizio, si stima che ogni impianto darà occupazione stabile, diretta e indiretta, a circa 500 persone per i 60 anni di vita utile.

Inoltre, è previsto uno sviluppo accelerato del sistema formativo (istituti tecnici e Università), in cui dovranno essere incrementati i corsi dedicati al nucleare, e del mondo della ricerca: dal ritorno al nucleare, si attendono infatti almeno 2.000 nuovi posti di lavoro qualificati per i tecnici nucleari italiani entro il 2013.