E’ un problema datato, ma ancora ben vivo quello delle imprese di costruzioni del modenese, che necessitano di aree idonee ed autorizzate dove depositare i materiali di risulta delle demolizioni. Esigenza particolarmente sentita in Appennino, dove aree ed impianti dedicati sono assolutamente insufficienti e le imprese sono costrette a lunghi ed onerosi trasferimenti che si ripercuotono inevitabilmente anche sui prezzi (e sul traffico). Tant’è vero che alcune demolizioni possono arrivare a costare quanto le cosrtruzioni.
“Eppure la volontà delle imprese di impegnarsi in questa direzione c’è – commenta Andrea Bertoni, presidente dell’Unione Costruzioni di CNA – tant’è vero che alcune aziende, addirittura costituendo società ad hoc, hanno più volte sollecitato alcune amministrazioni, è il caso di Pavullo e Serramazzoni, per individuare siti idonei dove iniziare questa attività importante per l’intero settore”.
“Anche la Provincia – sottolinea Roberto Ferrari, presidente di Lapam Edilizia – è d’accordo su questi tematiche. Ora tocca ai comuni individuare queste aree”.
Così, nonostante il dichiarato interesse di diverse imprese a realizzare impianti di raccolta e riciclaggio di inerti da costruzione, non esiste tutt’ora una pianificazione urbanistica adeguata. La situazione è ancora più incongruente alla luce del D.M. 203/2003, che prevede l’obbligo per Comuni, Enti e Società Pubbliche di coprire il 30 % del fabbisogno annuale di manufatti e beni con prodotti ottenuti da materiale riciclato. Ma dove si può reperire agevolmente il riciclato, se gli impianti di trasformazione sono insufficienti?
Quali sono i vantaggi connessi a queste aree? Innanzitutto, si ridurrebbe la quantità e la pericolosità di rifiuti prodotti attraverso le tecniche di demolizione legate ai processi di riciclo (a partire dalla differenziazione degli scarti). Poi si incrementerebbe la frazione di materiali avviati al recupero, e di conseguenza diminuirebbe la quantità di materiali da avviare in discarica (con una riduzione dei costi per le imprese). Senza contare la prevenzione rispetto al fenomeno dell’abbandono dei rifiuti sul territorio ed il fatto che queste politiche contribuirebbero anche a ridurre il problema legato alle cave.
Per sollecitare una volta di più le amministrazioni, CNA e a LAPAM Federimpresa oggi e domani, mercoledì 27 e giovedì 28 ottobre, consegneranno nei dieci comuni dell’Appennino (Fanano, Sestola, Fiumalbo, Riolunato, Pievepelago, Montecreto, Pavullo, Serramazzoni, Polinago, Lama Mocogno) le firme raccolte dalle imprese associate (circa 200) per affrontare definitivamente il problema.
“Sappiamo – dicono i due presidenti – che quello delle aree di smaltimento, così come tutto ciò che riguarda discariche ed assimilate, è un problema delicato. Ma si tratta di una questione non più rinviabile, anche per evitare comportamenti abusivi che vanno, questi sì, a danneggiare l’ambiente. E per eliminare il paradosso che vede le imprese della montagna recarsi sino in pianura per conferire il materiale e tornarci per prendere l’inerte da utilizzare nei cantieri. Lo stesso inerte che potrebbe essere prodotto in loco”.
“Peraltro – aggiungono Marcello Verucchi e Leone Monticelli, responsabili delle due associazioni – si tratta di un problema che non coinvolge solo l’Appennino, dove comunque l’emergenza è sicuramente più stringente, ma l’intero territorio provinciale”.