Home Modena In Consiglio Provinciale a Modena sì a odg sull’utilizzo della pillola Ru486

In Consiglio Provinciale a Modena sì a odg sull’utilizzo della pillola Ru486


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“L’aborto farmacologico è da considerarsi conforme alle prescrizioni della legge 194 che va attuata interamente, con particolare attenzione a verificare, in accordo con le aziende sanitarie, che alle donne sia fornita piena assistenza nell’individuare e tentare di rimuovere le cause che hanno portato alla scelta di interrompere la gravidanza”. È questo il contenuto dell’ordine del giorno sull’utilizzo della pillola Ru486, proposto dal Pd e approvato dal Consiglio provinciale di Modena, che invita anche a “potenziare la rete dei servizi sociali a sostegno della maternità e ad attuare tutte le misure per educare i giovani alla procreazione responsabile”. Il documento è stato presentato da Grazia Baracchi (Pd), che ha sottolineato come, a seguito della possibilità concessa dalla Regione Emilia Romagna di scegliere tra il ricovero ordinario e il day hospital, «la maggior parte delle donne opti per la dimissione e il ritorno a casa», e ha ottenuto il voto favorevole di Pd e Idv. Contrari Pdl, Udc e il consigliere Stefano Corti (Lega nord); astenuti gli altri consiglieri della Lega nord. Contestualmente sono stati respinti (entrambi con il voto contrario di Pd e Idv, quello favorevole di Pdl, Udc e Stefano Corti, e l’astensione degli altri consiglieri leghisti) un secondo ordine del giorno sulla Ru486, presentato per il Pdl da Luca Ghelfi, che chiedeva che «l’utilizzo della pillola abortiva sia affiancato dalla dovuta informazione sui rischi dell’aborto farmacologico e sulla necessità che avvenga in ambito ospedaliero», e l’ordine del giorno di Fabio Vicenzi (Udc) sulla tutela della maternità e dei concepiti. Nel documento Vicenzi auspicava la redazione di linee guida regionali per verificare l’efficacia del colloquio del medico e dell’operatore psico-sociale con la donna che chiede l’interruzione volontaria di gravidanza; l’applicazione della legge 194 dove prevede la collaborazione con le associazioni di volontariato disponibili a sostenere la donna in gravidanza; l’accreditamento dei consultori privati no profit; il regime di ricovero ospedaliero ordinario anche per l’aborto farmacologico.

Nel dibattito Serena Bergamini (Pd) ha osservato che, in base ai dati forniti dalla Regione, «l’introduzione dell’aborto farmacologico non interferisce con la consolidata tendenza alla diminuzione dell’interruzione volontaria di gravidanza calata di oltre il 40 per cento negli ultimi trent’anni e in continua diminuzione». «Per prima bisogna sempre rispettare la vita, poi la legge 194» ha affermato Bruno Rinaldi (Pdl) per il quale «pur rispettando la libertà di scelta della donna, non bisogna dimenticare che un figlio ha anche un padre». Secondo Giovanna Bertolini (Pdl) la pillola Ru486 «riduce l’aborto a un evento impalpabile rendendolo una questione privata mentre è importante che l’aborto rimanga una questione sociale sotto il controllo della legge». Esprimendo «rispetto» per l’ordine del giorno dell’Udc, Luca Gozzoli (Pdl) ha definito invece «strumentale» quello del Pdl sostenendo che «se c’è una pratica nuova meno invasiva, semplicemente la si utilizza. Il coinvolgimento della coscienza non è diverso. Tutti i distinguo ci portano sulla strada buona per affossare la 194». Anche per Patrizia Cuzzani (Idv) «è evidente che ci sono ripensamenti sulla 194, anche se i giudizi negativi non sono comprensibili, visto che ha contribuito a far scendere massicciamente il numero di aborti». «Il nostro obiettivo non è mettere in discussione la legge – ha replicato Dante Mazzi (Pdl) – chiediamo solo maggiore chiarezza sull’utilizzo della pillola abortiva, che sappiamo può dare più problemi per la salute delle donne dell’aborto chirurgico, e l’applicazione integrale della 194. Le risposte a tutte le richieste del documento del Pd ci sono già nella legge, solo che non vengono applicate».

Affermando che le linee guida della Regione sono già sufficientemente esaurienti, Cecile Kyenge (Pd) ha detto che «restando nell’ambito delle proprie competenze, la Provincia può sollecitare le aziende sanitarie per incrementare la quantità e qualità del tempo di ascolto che gli specialisti dedicano alle donne», e Monica Brunetti (Pd) ha ribadito che «bisogna garantire che la libera autodeterminazione si realizzi in pieno soprattutto per le categorie più deboli. Nessuno va lasciato solo ma deve essere accompagnato da un’assistenza non solo medica».