“Fermo restando il principio di libertà religiosa che condivido assolutamente senza riserve, Modena, come tanti altri comuni della nostra provincia, ha “forse” altre priorità, che devono anteporsi alle valutazioni e ai ragionamenti sull’opportunità di costruire nuove moschee o ingrandire quelle già esistenti”. Lo afferma in una nota il Coordinatore vicario del PDL provinciale Enrico Aimi, intervenuto per porre l’accento sulla necessità di affrontare questo tema, sempre di assoluta attualità, con la “massima quanto doverosa attenzione. Ribadendo infatti che le urgenze anche nel nostro territorio sono altre – dalla necessità di un forte rilancio al tessuto economico locale fino all’emergenza criminalità – sul tema, come già ribadito a più riprese, invito tutti i sostenitori del multiculturalismo a oltranza, a fare un piccolo sforzo e guardare anche oltre confine: in Gran Bretagna, Olanda, Germania, Belgio e Francia le conseguenze deleterie del buonismo che ha consentito la proliferazione di moschee, scuole coraniche, tribunali sharaitici, enti assistenziali e finanziari islamici, sono più che evidenti. Anche in Italia – ha osservato il Consigliere regionale – abbiamo esempi eclatanti, con città i cui quartieri ove è stata costruita una moschea sono stati ridotti a ghetto degradato e inavvicinabile, con le famiglie italiane costrette ad andarsene svendendo i loro appartamenti. Ma, è giusto ricordarlo, è la civiltà del multiculturalismo che è già fallita ovunque la si sia perseguita, perché si fonda sulla discriminazione degli autoctoni che elargiscono diritti e libertà senza ottenere in cambio l’ottemperanza dei doveri e il rispetto delle regole. In Italia la libertà di culto dei musulmani è ampiamente garantita, come dimostra la presenza di circa 900 luoghi di preghiera islamica.
Ciò detto, vorremmo sapere dagli oltranzisti del multiculturalismo cosa ne pensano della sharia e di certi dettami coranici: dalla legge del taglione, alla poligamia, alla pena di morte per chi è accusato di blasfemia nei confronti del profeta e alle leggi severissime in vigore in tanti paesi islamici in cui è vietata anche la sola esibizione di simboli religiosi come il crocifisso. Infine – e non è cosa di poco conto – vorremmo sapere dai musulmani residenti nel nostro territorio se per loro nella cosiddetta “gerarchia delle fonti del diritto”, prevale il Corano o la legge italiana. Si tratta di alcuni brevi quesiti che, nella loro semplicità, sono fondamentali per capire se seguiamo lo stesso indirizzo e percorso di crescita civile e culturale.
Imprescindibile punto di partenza è verificare – ha concluso Aimi – che vi sia una reale, concreta e costruttiva volontà di dialogare per una possibile integrazione, che può avvenire solo se vi è accettazione incondizionata dei valori di libertà e autodeterminazione dell’individuo di cui è permeata la civiltà occidentale. Senza timore di fraintendimenti, chiaramente pretendiamo che non vi siano distinguo e che coloro che desiderano vivere qui pacificamente accettino unanimemente leggi, tradizioni e rispettino il profondo senso religioso della maggioranza del popolo italiano”.