Ieri pomeriggio nella nostra città, a Bologna, si è verificato un gravissimo episodio, l’omicidio di una donna marocchina di 32 anni, I.A. e di suo figlio, R.P., un bambino di appena due anni. Come troppo spesso accade nel nostro Paese, a commettere questo duplice omicidio è il marito della giovane donna e padre del bambino, M.P., un uomo incapace di accettare la fine del suo matrimonio.
Tante volte in questo Consiglio abbiamo affrontato il tema della violenza sulle donne, conosciamo bene i dati drammatici (una donna uccisa ogni tre giorni dall’ex-compagno, fidanzato o marito).
Ho chiesto di intervenire anche in questa occasione per varie ragioni:
• prima di tutto perché non ci dobbiamo mai abituare a questi episodi , dobbiamo continuare ad indignarci ogni volta che una donna viene violata, minacciata, picchiata o addirittura uccisa.
• perché questa violenza colpisce la nostra città, la nostra comunità
• perché si tratta di un problema culturale e su questi problemi è fondamentale riflettere e agire perché questo è l’unico modo di fermare questo drammatico fenomeno sociale. Dobbiamo dirci che oggi sempre più spesso gli uomini non sono in grado di sopportare una separazione o un rifiuto da parte di una donna, di reagire ritrovando un proprio equilibrio, di accettare la scelta della proprio compagna, moglie o fidanzata, spesso risultato di una vita familiare piena di violenza. Ed è in quest’ottica che va vista anche la scomparsa delle due gemelline svizzere di sei anni, prelevate a Losanna dove vivono con la madre dal padre poi suicida; bambine la cui sorte da 4 giorni è ignota.
• Dobbiamo continuare a parlarne e a confrontarci per capire in che modo modificare la legge sullo stalking perché – come dissi già in un intervento del Luglio scorso- questa importante legge va modificata per essere realmente efficace.
L’episodio di ieri ne è una chiara dimostrazione. Questo efferato omicidio non è che l’epilogo di una lunga persecuzione, iniziata con la separazione del 2008, a un anno dal matrimonio e prima della nascita del figlio.
Inizia lì una persecuzione prima telefonica, poi con appostamenti sul luogo di lavoro, fatta di minacce, lesioni, violenza privata. La donna lo denuncia ben 5 volte nelle prime 3 settimane di Ottobre dello scorso anno per stalking e arriva l’arresto il 21 Ottobre 2010.
La vittima a quel punto non sporge un’ulteriore denuncia per stalking, forse perché l’ultima era di sole 48 ore prima. Per questa ragione, per un “fatto di procedura”, per un “difetto di querela”, l’arresto non è convalidato e l’uomo riceve solo un provvedimento che gli vieta di avvicinarsi all’ex-moglie.
Intanto la donna viene seguita dai servizi sociali e ospitata in una struttura protetta. Poi si arriva alla giornata di ieri, con l’omicidio di madre e figlio e il suicidio dell’uomo, ultimo testimone di quello che gli appariva come un fallimento insostenibile.
Questo è l’ennesimo caso di separazioni seguite da stalking e da delitti annunciati, i quali sono preceduti da denunce sporte dalle vittime contro i loro persecutori che quasi sempre non producono effetti immediati e che comunque non permettono la protezione loro e dei loro figli.
La legge sullo stalking – lo abbiamo detto più volte – è una legge importante, che ha consentito di raggiungere alcuni significativi risultati dando alle vittime di molestie uno strumento in più per potersi difendere da aggressori e persecutori.
Detto questo la legge sullo stalking rischia di diventare una legge inutile se non si prevedono reali misure di protezione personale per le vittime che hanno sporto denuncia.
La norma è estremamente generica e discrezionale; non fornisce parametri di riferimento precisi e omogenei.
Ecco perché alla luce di questo ultimo drammatico episodio che è costato la vita a una giovane donna e al suo bambino e che colpisce la nostra comunità, dobbiamo -spero in maniera bipartisan – impegnarci affinché legge sullo stalking sia modificata ed integrata, limitando la discrezionalità e fornendo alle procure strumenti interpretativi più univoci ed efficaci.
(Daniela Vannini)