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Monica Donini, sulla proposta di legge ‘Riforme e riqualificazioni dei consultori familiari’


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Qualche giorno fa il Consigliere Bartolini, insieme ai Consiglieri del Gruppo del Popolo delle Libertà ha presentato all’Assemblea Legislativa dell’Emilia-Romagna una proposta di legge riguardante la “Riforma e riqualificazione dei Consultori familiari”, il testo della norma è la fotocopia di quello presentato, dalla stessa forza politica, presso il Consiglio Regionale del Lazio, cosa che già di per sé la dice lunga sull’intento tutto propagandistico e ideologico dell’iniziativa, iniziativa che non tiene conto dei diversi contesti regionali e che viene pubblicizzata all’esterno attraverso una parziale divulgazione dei dati relativi al funzionamento dei nostri Consultori, se non una vera e propria manipolazione degli stessi a partire da quello di Forlì.

Il principale scopo del provvedimento è quello di impedire l’applicazione della Legge della Repubblica 194/78, prevedendo come obbligatorie procedure che l’articolo 5 della legge 194 indica come attivabili solo se richieste dalla donna.

È evidente che tale facoltà non è nelle disponibilità delle singole Regioni così come anche il TAR della Lombardia e il Consiglio di Stato, pronunciandosi sulla legittimità delle Linee guida lombarde per l’attuazione della 194/78, hanno recentemente sentenziato, bloccando di fatto l’applicazione di norme analoghe a quelle proposte dai Consiglieri del Popolo delle libertà per l’Emilia-Romagna.

A giustificazione, però, delle ragioni di un tale intervento legislativo, il Consigliere Bartolini denuncia a gran voce una presunta situazione di emergenza che affligge la nostra Regione, dove la pratica dell’aborto, a suo dire, raggiunge la dimensione di uno “sterminio di massa”, sovrapponendo, così, l’immagine del “terzo Reich” a quella dei nostri Consultori, dipinti come veri e propri “abortifici”, viene, infatti, chiesto con indignazione: “come mai oltre il 62% dei certificati di richiesta alle nostre strutture ospedaliere pubbliche di interruzione volontaria di gravidanza, proviene dai Consultori, quando la media nazionale è di solo il 37%? “

Già, come mai?

La risposta è che in Emilia-Romagna, a differenza di altre regioni, già dal 1975, anno della Legge nazionale che ne prevedeva l’istituzione, la rete pubblica dei Consultori Familiari è cresciuta e si è diffusa in modo capillare, fino a raggiungere le attuali 212 sedi (di cui 31 spazi giovani e 17 spazi per le donne immigrate e i loro bambini). Ciò consente alle persone presenti nella nostra regione di accedere gratuitamente a tutta una serie di servizi e prestazioni, nell’ambito delle cure primarie, con particolare vocazione per l’area della salute della donna, avendo a disposizione equipe multidisciplinari (ostetrica, ginecologo, psicologo, assistente sociale ed altre figure professionali localmente individuate quali dietista, dietologo, andrologo, genetista, senologo ecc.), riducendo, quindi, il ricorso ai medici a pagamento, che ricordo, come previsto dalla 194, possono in alternativa ai Consultori, certificare la richiesta di interruzione volontaria di gravidanza.

La Regione li prevede, anche, “collegati” alla rete dei servizi sociali perché possano, fermo restando la loro gestione pubblica, la loro responsabilità sanitaria, e l’esclusiva presenza al loro interno di operatori pubblici, su richiesta della donna, grazie all’intervento di assistenti sociali, fornire informazioni sulle possibilità assistenziali offerte dagli Enti Locali e/o dalle realtà dell’associazionismo e del volontariato del territorio, in modo da consentirle una vera libertà di scelta, così come indicato dal documento di linee guida regionali, deliberato nel 2008, nel quale si inserisce con coerenza il contenuto del “protocollo forlivese”.

La funzione dei Consultori è monitorata dalla Regione che annualmente diffonde i dati sulla loro attività e questi dati smentiscono oggettivamente l’insinuazione, avanzata strumentalmente, che la loro azione sia concentrata solo a rendere “facile il ricorso all’aborto” come se questa fosse per le donne una “pratica facile” e non un dramma.

Ma veniamo ai dati nel 2008, per esempio, le/gli utenti che si sono rivolte alla rete dei Consultori sono state 475.229, il 34.2% di queste hanno fruito di prestazioni relative alla diagnosi precoce dei tumori femminili, il 23.8% si sono fatte assistere durante la gravidanza, il 18.7% hanno richiesto visite ginecologiche, il 6.7% ha chiesto e ottenuto prescrizioni per la contraccezione e il 2.3% sono state le certificazioni per l’interruzione volontaria di gravidanza.

A questo proposito considero utile riportare integralmente un passaggio contenuto nella relazione dell’Assessorato “Politiche per la Salute” sul ricorso sull’interruzione volontaria di gravidanza in Emilia-Romagna nel 2008:

“Anche dopo la forte diminuzione nei primi 15 anni successivi all’applicazione della legge 194 del 1978, le interruzioni volontarie di gravidanza confermano la tendenza alla diminuzione in valore assoluto. Fatto ancora più rilevante a fronte di una costante crescita, in particolare negli ultimi 5-6 anni, della popolazione femminile in età feconda residente in Emilia-Romagna. Il tasso di abortività regionale (IVG per 1000 donne residenti in età 15-49) conferma di conseguenza un trend in flessione, arrivando nel 2008 ad un tasso del 9.3‰ (nel 1988 era del 13.5‰ e nel 2005 era del 10.0‰). Analogamente continua il calo del rapporto di abortività (IVG per 1000 nati residenti), dovuto sia al minor numero di aborti che all’aumento del numero dei nati (il dato 2008 è pari a 215‰ con un calo di quasi il 5% rispetto all’anno precedente)” .

Nel 2009 si registra un calo di un ulteriore 2.7% rispetto al 2008.

Questo a dimostrazione dell’efficacia dell’azione svolta dai nostri Consultori come luoghi dell’integrazione socio-sanitaria, presidi pubblici per la promozione di interventi di prevenzione, anche del ricorso all’aborto, punti di riferimento per i bisogni di salute della donna, impostati al rispetto della legge 194/78, della dignità, del diritto alla riservatezza e della libertà delle donne.

(Monica Donini, Presidente Commissione Politiche per la Salute e Politiche Sociali – Assemblea Legislativa Regione Emilia-Romagna)