Con grande coerenza dopo la legge “Mancia” – che ha distribuito risorse pubbliche principalmente alle scuole private e paritarie, senza alcuna concertazione con gli enti locali – e seguendo logiche poco chiare e poco trasparenti, il presidente del Consiglio, in modo superficiale e preoccupante, attacca la scuola pubblica e gli insegnanti che ogni giorno svolgono con dedizione, passione e dignità il loro lavoro, in condizioni sempre più precarie e difficili a causa dei continui tagli decisi da questo governo.
Si tratta di un attacco alla nostra democrazia e alla nostra Carta Costituzionale che con gli articoli 3, 33 e 34 riconosce la scuola, gratuita e aperta a tutti, come diritto e come istituzione che tutela la libertà di pensiero e di insegnamento, dove i capaci e i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno il diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi.
Proprio in base a questi articoli, oggi le famiglie hanno già la libertà di scegliere in quale scuola mandare i propri figli, ma lo Stato deve garantire una scuola gratuita e possibile per tutti.
Qui non si tratta di strumentalizzare quanto detto da Berlusconi, ma di sollevare un problema preoccupante che mina davvero le basi della nostra democrazia.
La scuola, quale luogo educativo per eccellenza, unitamente alla famiglia, svolge un ruolo educativo e formativo fondamentale, educando i nostri giovani non solo all’acquisizione di nozioni e di competenze, ma anche di valori su cui si fonda il nostro vivere comune.
Ogni ragazzo – indipendentemente dal tipo di scuola ed anche se dovesse arrivare solo al conseguimento di una qualifica triennale – dovrebbe poter uscire dal proprio percorso scolastico con un bagaglio di competenze minime che gli permettano di inserirsi positivamente nel mondo del lavoro, ma soprattutto con un bagaglio di valori educativi e formativi che, grazie ad uno spirito critico e autonomo, gli possa permettere di diventare un cittadino consapevole, sempre in grado di scegliere e di ragionare con la propria testa.
La scuola infatti deve educare al pensiero, deve sviluppare le coscienze, deve insegnare ai nostri giovani a ragionare liberamente e democraticamente. Sarà proprio questo che infastidisce il nostro premier?
Come è possibile, inoltre, che a suo dire si fraintendano sempre le sue parole? In verità abbiamo capito quanto detto, semplicemente non siamo d’accordo e le sue affermazioni ci sembrano un grave attacco alla scuola pubblica.
A Reggio Emilia vogliamo una scuola inclusiva, che possa dare pari opportunità a tutti, ma che sappia anche premiare i talenti e i ragazzi meritevoli.
Semplice: c’è chi taglia e c’è chi investe. Noi intendiamo investire sulla scuola pubblica, per dare un futuro ad ogni ragazzo che vive nella nostra provincia. Senza un investimento serio non esiste nessun futuro, né per i ragazzi, né per la società.
Oggi la nostra società vive tante difficoltà educative, a causa di una decadenza morale, etica e civile che viviamo ogni giorno. Non diamo tutte le colpe alla scuola, non deleghiamo tutto alla scuola: i problemi sono della società tutta, oggi svuotata di tanti valori!
Se vogliamo creare le basi per una nuova alleanza educativa oggi più necessaria che mai, dobbiamo sentirci tutti responsabili a partire dai diversi protagonisti della scuola – insegnanti, collaboratori, educatori e studenti – ma senza dimenticare ovviamente le famiglie. E’ per questo che dobbiamo difendere la nostra scuola, quella che è la scuola di tutti, nella quale ognuno si senta parte di una comunità educante, sensibile e pronta ad impegnarsi per recuperare ciò che non funziona nella società e sempre pronto a tendere la mano al più debole.
Solo così sconfiggeremo l’individualismo dilagante e diventeremo cittadini migliori! E’ nella scuola – sede del pluralismo e del rispetto reciproco, oggi frequentata da studenti di tutte le classi sociali, di ogni fascia economica e di ogni religione, dove nessuno si deve sentire escluso- che costruiremo il futuro del nostro Paese.
(Ilenia Malavasi, Assessore provinciale all’Istruzione)