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Alla Casa del volontariato di Carpi si è svolto ieri il secondo dei due convegni sul Fondo Regionale per la non autosufficienza


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Anche il secondo dei due incontri organizzati dalla Fondazione Casa del Volontariato di Carpi, in collaborazione con il Centro Servizi per il Volontariato, le associazioni Progetto per la Vita, Gruppo Assistenza Familiari Alzheimer, Gruppo Parkinson, Il tesoro nascosto, Unione Sportiva Handicap Carpi, Al di là del muro, con il patrocinio del Comune di Carpi e della Fondazione Cassa di Risparmio di Carpi, ha registrato una notevole partecipazione di pubblico.

L’appuntamento, svoltosi dalle 9.00 sino alle 12.30, ha registrato la presenza di circa 100 persone, tra operatori del settore, membri di associazioni, famiglie che si trovano ad aver a che fare con persone non autosufficienti ed amministratori locali.

Nella prima parte del seminario si sono confrontati Antonella Carafelli, della Regione Emilia-Romagna, Claudio Vagnigni, direttore del Distrette Sanitario di Carpi, Giuseppe D’Arienzo, responsabile del Servizio Anziani dell’AUSL di Carpi e Rossana Cattabriga, responsabile dell’Area Handicap.

La responsabile della Regione ha sottolineato come il Fondo Regionale nasca per sopperire ai sempre più frequenti tagli praticati nei trasferimenti dal Governo nazionale. “Il Fondo nasce per garantire risorse per i servizi agli anzini e ai disabili, ma nel 2011 è stato completamente azzerato a livello nazionale”. Nei suoi quattro anni di attività, dal 2007 al 2010 – infatti, pur istituito nel 2004, è divenuto operativo soltanto tre anni dopo – il Fondo ha stanziato circa 400 milioni di euro annui che andavano divisi tra tutte le regioni italiane, tra le quali all’Emilia-Romagna spettavano circa 30 milioni. “Come Regione abbiamo stanziato un importo superiore a quello nazionale: oltre 400 milioni, con un aumento per il 2011 di circa 30”.

“È altresì importante ricordare che al Fondo si accede indirettamente – ha continuato – e che la valutazione sull’erogazione dei contributi non è amministrativa, ma pensata per la persona e con la persona, perché la decisione spetta ad una pluralità di soggetti inseriti nel contesto territoriale e che dunque sono maggiormente in grado di capire quali siano gli strumenti più adatti per intervenire nei casi specifici, ognuno dei quali caratterizzato da differenze e singolarità”. Gli intenti che hanno guidato l’istutuzione del Fondo Regionale sono sostanzialmente due: promuovere un riequilibrio nell’utilizzo delle risorse, perché tutti abbiano uniformità di trattamenti, da Piacenza a Ravenna, allo stesso prezzo; favorire sempre più l’integrazione socio-sanitaria, ovvero promuovere il dialogo e la coordinazione tra gli amministratori locali, la Regione, le Aziende Sanitarie, gli operatori del settore e le famiglie coinvolte. Visto in prospettiva, dal 2007 ad oggi vi è stato un aumento progressivo di risorse del 43%, e se i nuovi beneficiari nel 2009 sono stati 1.700, nell’arco di tempo preso in esame ben 16.000 persone hanno usufruito dei benefici del Fondo. In questo contesto, precisa la dott. Carafelli:”La Provincia di Modena rappresenta una delle eccellenze”.

Esigenza, quella del dialogo, ribadita anche dal dott. Vagnini che, oltre a sottolineare il ruolo fondamentale svolto dal volontariato, aggiunge:”La popolazione anziana, grazie allo sviluppo di medicina e tecnica, è in costante crescita. Per questo il capitolo non autosuffcienza sarà sempre più delicato. Occorre far capire due cose fondamentali: come non si possa continuare ad offrire tutto a tutti in modo indiscriminato, ma vi sia invece bisogno di risposte specifiche e mirate, altrimenti le forze che abbiamo non saranno sufficienti; è poi necessario sviluppare tra i cittadini la consapevolezza che la sanità non si esaurisce nell’ambito ospedaliero, anzi le cure devono e dovranno essere sempre più distribuite sul territorio”.

Il dott. D’Arienzo conferma poi, attraverso le statistiche, il ragionamento del suo collega:”Dagli anni ’70 in avanti la piramide demografica con il vertice ristretto si è trasformata: nel solo distretto carpigiano, su una popolazione di oltre 100.000 abitanti più di 20.000 sono anziani, la metà dei quali ultra settantacinquenni”. In una situazione del genere c’è dunque bisogno di risposte mirate e pertinenti. “La Regione ha puntato molto a mantenere per quanto possibile l’anziano nel proprio domicilio – continua D’Arienzo – e per questo esiste lo strumento dell’assegno di cura, ovvero un contributo economico a chi si incarica dell’aiuto alla persona non autosufficiente”. Composto di tre fasce – 22, 17 e 13 euro giornalieri – tale contributo non è un servizio a domanda, e viene formalizzato da un contratto di sei mesi rinnovabile di volta in volta. Tra gli altri aiuti elencati: 160 euro per le persone che regolarizzano una badante; i centri diurni per anziani – cinque strutture: tre a Carpi, una rispettivamente a Soliera e Novi; le dimissioni protette, per dare continuità assistenziale tra struttura sanitaria e territorio – con questo progetto sono state assistite in quattro anni 128 famiglie; le Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA), strutture destinate alla riabilitazione e al supporto – 46 nel territorio e, conferma il dott. D’Arienzo:”Ci stiamo prodigando per portarne una anche a Carpi”; le residenze definitive, dove l’anziano va a terminare il suo ciclo biologico – cinque strutture per un totale di 316 posti.

A presiedere la seconda parte dell’incontro sono stati invece l’Assessore alle Politiche Sociali del Comune di Carpi Alberto Bellelli e il responsabile del Comune per i servizi sociali Ruggero Canulli.

Prendendo l’avvio dalla presa d’atto di come crisi economica e tagli consistenti ai trasferimenti agli enti locali abbiano avuto un impatto molto significativo sulla non autosufficienza, l’Assessore ha sottolineato la necessità, nell’affrontare queste problematiche, di un approccio:”non soltanto legato alla patologia, ma che tenga anche conto delle prospettive sociali ed economiche”. In fondo, aggiunge:”Nel Fondo Regionale, per noi preziosissimo, è insita l’idea che per affrontare l’invecchiamento della popolazione e la disabilità occorra una programmazione concordata, un dialogo tra i vari soggetti preposti ad operare in questo settore”. Se le politiche d’assistenza non si fanno soltanto con il Fondo Regionale – e infatti il Comune di Carpi ha avviato, tra gli altri, un corso di formazione tecnica per assistenti familiari, attingendo ad altre risosrse – Bellelli ci tiene a sottolineare come non si debba commettere l’errore di disfare la coperta nel tentativo di allargarla:”Il nostro territorio si è sempre identificato con la qualità dei suoi servizi. La Regione, da questo punto di vista assai lungimirante, sopperisce alla mancanza di finanziamenti nazionali a patto che non vi sia un abbassamento della qualità dei servizi” e questo anche grazie ai parametri rigorosi per l’accreditamento delle strutture. Ma allora come fare ad ampliare la base dei beneficiari – aumentando anche le situazioni di bisogno – senza sminuire la qualità dell’offerta? L’Assessore su questo dà una risposta importante:”Occorre lavorare sempre di più assieme al Terzo Settore: la collaborazione con il mondo del volontariato è già avviata, tuttavia il processo deve maturare. Il rapporto non può essere basato soltanto sul tema dei trasferimenti economici, ma su quello ben più importante e complesso delle politiche da attuare”. Il volontariato va coinvolto – senza per questo scaricare oneri e responsabilità tutte sulle sue spalle – nei processi di pianificazione e gestione:”Non serve soltanto la collaborazione, pur necessaria, sui singoli progetti, ma si deve assolutamente iniziare a discutere e ragionare di politiche, che sono formate da un insieme di progetti, da un lavoro nel tempo e in prospettiva”.

Ruggero Canulli ha poi elencato i vari strumenti messi in campo dal Comune: il Rinforzo e l’Aiuto laddove gli assegni di cura ed accompagnamento non fossero sufficienti; il portierato sociale, ovvero la destinazione di un alloggio popolare alle persone anziane e non autosufficienti; i corsi di lingua e tecnica “non soltanto per badanti, ma anche per quelle famiglie che non possono permettersi una collaboratrice domestica”; le convenzioni con l’ufficio per l’impiego per favorire un incontro tra domanda e offerta; i vari rapporti convenzionati con le singole associazioni, anche per facilitare l’accreditamento di queste ultime. “La disabilità o la non autosufficienza sono problemi che spesso – e lo dico per esperienza diretta – piombano sulle famiglie in modo improvviso ed inaspettato. Perciò occorre prima di tutto unire i molti punti di vista ed esigenze differenti: quelli di famiglie, istituzioni, associaizoni, specialisti e tecnici. La continua ricerca di un punto di equilibrio sempre mobile è un compito che chiunque si occupi di questi temi deve ricercare con forza ed impegno”.