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Attentato Eni Bologna: è stata una telefonata ad incastrare il fermato


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Una telefonata giudicata “molto eloquente” e riscontrata in “un elemento documentale” che ha convinto gli inquirenti della presenza del soggetto indagato sul luogo dell’attentato. E’ questo il fattore determinante che ha spinto il Pm della Procura di Bologna, Morena Plazzi, a richiedere il fermo per gravi indizi di reato a carico di un 24enne originario di Ferrara, accusato di essere il responsabile dell’attacco esplosivo-incendiario messo a segno lo scorso 29 marzo ai danni della sede Eni di via San Donato a Bologna.

A far ritenere il giovane il presunto colpevole sarebbe anche l’esame dei tabulati da cui emergono contatti telefonici, avvenuti poco prima dell’attentato, con numerosi soggetti a lui vicini. Il fermo per l’art. 280 bis (atto di terrorismo con ordigni micidiali o esplosivi) eè contestato in concorso con persone rimaste ignote. Il giovane dovrà rispondere anche per il reato di detenzione e porto di materiale esplodente. Il provvedimento del Pm è avvenuto nell’ambito dell’inchiesta ‘Out law’ che ha portato al sequestro penale di un circolo anarchico di Bologna e a 12 misure cautelari a carico di militanti del gruppo, accusati di associazione a delinquere aggravata dalle finalità eversive.

“Un fenomeno che, specie per episodi come quello contro la sede Eni di Bologna, provoca allarme, ci preoccupa molto e sollecita l’attenzione di investigatori, forze dell’ordine e della Procura”. Così il procuratore capo di Bologna, Roberto Alfonso, commenta l’attività anarco-insurrezionalista  scoperta sotto le Due Torri. Il circolo bolognese, nato nel 2006 come stamperia, era infatti divenuto il quartier generale del gruppo operativo nel capoluogo emiliano, ma anche il centro di una rete di contatti con altri ambienti anarchici sparsi in tutta Italia.

Nel corso dell’indagine, iniziata nel 2009 sono state effettuate 60 perquisizioni in 16 città italiane che hanno coinvolto 27 attivisti. Complessivamente, la Polizia di Bologna, ha eseguito 12 misure cautelari a carico dei miltanti del circolo bolognese, tra cui 5 arresti. Si tratta di persone già note alle forze dell’ordine per reati che spaziano dal danneggiamento alla resistenza a pubblico ufficiale.

Altre 7 persone sono state colpite da provvedimenti di obbligo o divieto di dimora. L’accusa è quella di associazione a delinquere aggravata dalle finalità eversive. Lo scopo del gruppo, secondo la Procura, era dunque “turbare e mettere in pericolo l’ordine e la sicurezza pubblica, intervenendo con violente campagne di lotta, in diverse situazioni di conflittualità politiche locali e nazionali, propugnando una generalizzata rivolta contro lo Stato e i suoi strumenti di repressione”.

Per programmare gli atti eversivi, gli anarchici si servivano anche di una casella di posta elettronica, di un blog  che serviva a diffondere messaggi funzionali all’organizzazione dell’attività del gruppo, e ovviamente del Circolo, dove si tenevano riunioni organizzative e si discutevano i programmi da realizzare. Qui si effettuava anche la stampa clandestina per la pubblicizzazione dei blitz.  

Quanto alle caratteristiche dell’associazione anarchica, il Procuratore Alfonso ha sottolineato, in particolare, l’agilità della struttura, la capacità di muoversi, di organizzarsi in tempi rapidi, anche con l’utilizzo delle auto di singoli membri per poter raggiungere e aggregarsi a moltissime manifestazioni non comunicate alla Polizia e nel corso delle quali ci sono state anche azioni violente”.