Home Attualita' Acqua e referendum, Confservizi “In Emilia Romagna un modello industriale da preservare”

Acqua e referendum, Confservizi “In Emilia Romagna un modello industriale da preservare”


# ora in onda #
...............




365 milioni di metri cubi di acqua erogati e circa 250 milioni di euro investiti ogni anno per migliorare il servizio idrico, investimenti previsti dai Piani d’Ambito realizzati all’80% contro una media nazionale del 56%, perdite di rete inferiori di circa il 10% rispetto al resto d’Italia e tariffe che, pur garantendo la qualità del servizio, sono di gran lunga inferiori rispetto a quelle praticate dagli altri paesi europei.

Confservizi Emilia – Romagna difende il modello di gestione dell’acqua così come si è realizzato sul territorio che, coniugando un forte ruolo del pubblico nella determinazione di investimenti, tariffe e standard di qualità, insieme a una gestione di tipo industriale da parte delle aziende che erogano il servizio, ha permesso, fino ad ora, che tutti i cittadini e le imprese potessero avere un’acqua sicura e di qualità.

Ora però questo modello è messo a forte rischio dalla consultazione referendaria dei prossimi 12 e 13 giugno. “Confservizi ER non dà indicazioni di voto sul referendum – ha sottolineato il presidente Graziano Cremonini – ma ci preoccupa una vittoria del sì al quesito che punta a eliminare la remunerazione del capitale”.

In questo caso infatti, il costo di gestione del servizio e degli investimenti ritornerebbe completamente in capo alla fiscalità generale e questo potrà avere due conseguenze: o gli investimenti, viste le condizioni deficitarie del bilancio dello stato e degli enti locali, non verranno fatti, con inevitabile peggioramento del servizio o aumenterà la tassazione e a pagare saranno i soliti noti, cioè lavoratori pensionati e dipendenti.

“Con la vittoria del sì – continua Cremonini – servirà subito una legge nazionale che consenta ad enti locali e gestori di avere certezze sia sulle modalità di affidamento del servizio che sulla realizzazione degli investimenti, facendo riferimento all’esperienza emiliano – romagnola ma soprattutto alla normativa europea.

Le conseguenze di una mancata remunerazione del capitale, senza un’adeguamento immediato della legge nazionale, riguarderanno anche le tariffe, come ha sottolineato il responsabile del Coordinamento Risorse Idriche di Confservizi ER Eugenio Bertolini.

“Abrogata la legge nazionale infatti – ha dichiarato Bertolini – rimarrà in piedi solo quella europea che prevede la copertura completa del costo degli investimenti attraverso la tariffa. In questo caso, visto che, in Emilia – Romagna, sono previsti, da qui a 20 anni, investimenti di circa 200 milioni di euro ogni anno per acquedotto, fognature e in modo particolare per la depurazione, è ipotizzabile, nel corso di questi anni, un aumento delle tariffe compreso tra il 30 e il 50%”.

Per quanto riguarda la governance del settore, il presidente Cremonini ha sottolineato come, dopo l’istituzione di un Agenzia a livello nazionale, sia necessario rafforzare il controllo pubblico anche in Emilia – Romagna, con la costituzione di un’Agenzia/Autorità regionale.

“In Emilia – Romagna – ha concluso il vicepresidente di Federutility Mauro D’Ascenzi – è stato creato uno dei più bei sistemi di gestione del servizio idrico presenti in Italia. E’ vero che l’acqua non deve essere sottoposta alla legge del profitto ma a quella dell’efficienza sì e il profitto, che è una follia demonizzare, ne è uno degli indicatori. Se le aziende pubbliche non potranno produrre ricchezza prima o poi chiuderanno e i costi si scaricheranno sui cittadini. E le tariffe aumenteranno, non solo per pagare gli investimenti ma anche per pagare le multe già inflitte dalla comunità europea per la mancata depurazione”.