Grazie ai finanziamenti assegnati dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali alla Comunità Ebraica di Bologna nell’ambito della Legge 175 del 2005, che avevano precedentemente portato nel 2007 al restauro di 89 pietre tombali tra le più interessanti dal punto di vista storico e artistico, nel 2010 il nuovo accesso al Cimitero Ebraico, oggi si completano gli interventi di restauro del tempietto per i riti funebri.
Il progetto, redatto dallo studio Betarchitetti di Daniele De Paz e Giacomo Ricci insieme ad Andrea Morpurgo per gli aspetti storico architettonici, si inserisce all’interno di una strategia di valorizzazione e promozione di questo particolarissimo bene culturale fatto di architettura, scultura, natura, memorie pubbliche e private della comunità ebraica locale.
STORIA, CARATTERISTICHE ED EMERGENZE STORICO-ARTISTICHE DEL SITO
Per l’ebraismo italiano non solo la sinagoga ma anche il cimitero rappresenta uno spazio identitario molto forte, e, con il raggiungimento dei diritti civili e religiosi, una nuova forma di “visibilità”, in continuo dialogo tra questioni normativo-religiose, legate alla tradizione, e scelte stilistico-formali, che tendono a fare propri gli orientamenti architettonici e decorativi del momento.
L’attuale campo ebraico copre una vasta area di terreno di circa 7.000 mq. La sezione più antica, sorta nel 1869, ha assunto nel tempo un aspetto monumentale ed è quindi degna di considerazioni storico-artistiche rappresentando anche uno spaccato della storia della comunità dalla sua ricostruzione ai primi decenni del Novecento. Nella sezione intermedia, aggiunta attorno al 1930, scompaiono le tombe monumentali, e nell’ultimo recinto, annesso nel 1956, le sepolture sono costituite da semplici lastre di marmo.
Tra le tombe più importanti vanno ricordate quelle in stile liberty dello scultore Saverio Montaguti dedicata a Benedetto Zamorani, fondatore e direttore del “Resto del Carlino”, le tombe monumentali delle famiglie Sanguinetti, Zabban, Padoa, le tombe dei Rabbini Momigliano e Castelbolognesi, e nel campo intermedio le tombe della famiglia di Attilio Muggia, importante architetto e progettista della Sinagoga del 1928, e l’edicola Finzi, pregevole esempio di architettura modernista realizzata dall’architetto Enrico De Angeli.
RELAZIONE DESCRITTIVA LAVORI DI MANUTENZIONE ORDINARIA DEL TEMPIETTO PER RITI FUNEBRI
La riqualificazione del Tempietto dove si svolgono i riti funebri precedenti alla sepoltura presso la Certosa di Bologna si è posto l’obiettivo di garantire il necessario “decoro” ad un edificio che si trovava non adeguato alla funzione e alla “monumentalità” necessaria.
Allo scopo di conseguire questo obiettivo si è quindi proceduto alla realizzazione dei seguenti interventi:
– Rifacimento della pavimentazione;
– Sostituzione del banco mobile centrale in legno con volume in pietra fisso, recante iscrizioni in lingua ebraica sui quattro lati;
– Inserimento di una fascia in pietra di 40 cm con iscrizioni in lingua ebraica ad altezza 290 cm da terra;
– Nuove sedute perimetrali rivestite in pietra naturale;
– Posizionamento di 9 nuovi corpi illuminanti ed esecuzione in traccia degli impianti;
– Nuovo controsoffitto in cartongesso;
– Nuova tinteggiatura delle pareti interne;
– Chiusura delle ante e delle nicchie inutilizzabili;
– Restauro della porta in metallo d’accesso e della finestra lignea;
– Nuovo portale esterno in acciaio cor-ten con iscrizioni in lingua ebraica.
Dati Generali Intervento
Data inizio lavori – aprile 2011
Data fine lavori – maggio 2011
Area di intervento ed ubicazione – Cimitero Ebraico della Certosa di Bologna
Contributo Legge 175/2005 – Ministero per i Beni Culturali > € 30.000,00
Progetto architettonico e Direzione Lavori – BET ARCHITETTI (www.betarchitetti.it)
Coordinamento per la Sicurezza – ing. Andrea Gnudi
Realizzazione Opere Edili – PIENNE s.n.c – Grillanda Consandolo (FE)
Realizzazione Opere in ferro – Paolo Cocchi lavori in Ferro – Molinella (BO)
I CIMITERI EBRAICI E LA CERTOSA DI BOLOGNA
Riti, tradizione e carattere dello spazio di sepoltura ebraico. Per poter comprendere i cimiteri ebraici è necessario chiarire alcune regole della ritualità funebre e della modalità di sepoltura che, insieme al susseguirsi delle circostanze storiche e dal luogo in cui vennero osservate, hanno influito fortemente sull’immagine di questi luoghi. Nella lingua ebraica vi sono molti termini che indicano la parola cimitero: Bet ha-kevarot (casa delle tombe), Bet‘olam (casa dell’eternità), il Gut-ort, (buon posto) del rito tedesco, ma comunemente è chiamato Bet ha-chayim (casa della vita o casa dei viventi). Dalle espressioni usate per indicare il luogo, appare chiaro che il senso della morte nella concezione ebraica rappresenta la porta della vita eterna. Oltre al fatto che le salme non possono essere riesumate e devono restare per sempre nella sepoltura originale, il terreno adibito a cimitero non può più essere usato per nessun’altra destinazione. Nei cimiteri ebraici italiani si incontrano prevalentemente due tipi di tombe: la lastra tombale perpendicolare parzialmente interrata, chiamata stele, di tradizione ashkenazita, oppure la tomba costituita da una lastra orizzontale, usata abitualmente dalle famiglie d’origine sefardita.
Nuovi cimiteri post-emancipazione. Se prima dell’emancipazione è possibile trovare numerosi piccoli cimiteri ebraici autonomi in centri urbani medio-piccoli (soprattutto in Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia e Marche), dopo l’emancipazione vennero realizzati nuovi cimiteri in aree più periferiche delle città o situati nelle vicinanze dei cimiteri comunali (Trieste, Firenze, Livorno), o altrimenti si attivarono sezioni israelitiche all’interno o accanto ai grandi cimiteri cittadini (Torino, Genova, Roma, Modena). In alcuni casi, d’altra parte, l’esigenza di predisporre luoghi di sepoltura è determinata dal riformarsi di comunità ebraiche, da lungo tempo pressoché assenti da importanti città italiane (Bologna, Milano, Napoli).
I sepolcri, dalla tradizione comunitaria all’eclettismo individuale. Con l’arrivo delle armate napoleoniche, ed il conseguente miglioramento delle condizioni di vita, gli ebrei italiani cominciarono le prime infrazioni ad una consolidata e severa tradizione di sepoltura con l’introduzione di alcuni simboli fino a quel momento mai usati. Ma la situazione cambiò definitivamente nell’Ottocento allorché il processo di emancipazione, che aveva spinto gli ebrei ad adeguarsi maggiormente agli usi e costumi della popolazione circostante, si spinse anche tra le tombe. Una rinnovata iconografia funeraria ebraica si andava concretizzando in libera ricerca di linguaggi, forme e apparati decorativi mai praticati prima di allora. L’eclettica commistione di stili, soprattutto legata alle iconografie orientaliste, che fra la seconda metà del XIX secolo e i primi due decenni del Novecento contraddistinguono l’architettura delle sinagoghe, prevedeva una non banale trasposizione nell’architettura funeraria individuale. Particolarmente interessante, da questo punto di vista, fu l’intreccio tra le questioni normativo-religiose legate alla tradizione e i repertori di scelte stilistico-figurative, tese a rielaborare in termini propri gli orientamenti di cultura e gusto presenti altrove.
Il Cimitero Ebraico della Certosa di Bologna. Le prime notizie sull’istituzione di un nuovo luogo di sepoltura provengono da una fonte diretta, vale a dire dalle memorie del Rabbino Marco Momigliano che ricoprì la cattedra rabbinica bolognese dal 1866 al 1896. Al momento dell’arrivo del Rabbino Momigliano, gli ebrei a Bologna erano circa 300 e necessitavano di istituzioni sia culturali che religiose. La comunità aveva urgentemente bisogno di un luogo di sepoltura, avendo fino a quel momento utilizzato, per il seppellimento dei propri defunti, il campo dei protestanti. Nel 1869 il cimitero era già in uso e sempre Momigliano si adoperò per istituire una società di Misericordia a scopo di provvedere alle spese di trasporto dei defunti poveri.
L’attuale campo ebraico, così come é visibile ora, copre una vasta area di terreno di circa 7.000 mq. Nella sezione più antica di circa 1.000 mq con circa 384 tombe, fu costruita nel 1867 anche la camera mortuaria, attualmente consistente in un solo vano, molto semplice senza caratteristiche architettoniche, in cui si svolgono le funzioni funebri prima della sepoltura. Questa sezione ha assunto nel tempo un aspetto monumentale ed è quindi degna di considerazioni storico-artistiche rappresentando anche, attraverso le numerose lapidi, di cui molte non più leggibili in quanto deteriorate dal tempo, uno spaccato della storia della comunità dalla sua ricostruzione ai primi decenni del Novecento. Nella sezione intermedia, aggiunta attorno al 1930, scompaiono le tombe monumentali, e nell’ultimo recinto, annesso nel 1956, le sepolture sono costituite da semplici lastre di marmo.
Tra le tombe più importanti vanno ricordate quelle in stile liberty dello scultore Saverio Montaguti dedicata a Benedetto Zamorani, fondatore e direttore del “Resto del Carlino”, le tombe monumentali delle famiglie Sanguinetti, Zabban, Padoa, le tombe dei Rabbini Momigliano e Castelbolognesi, e nel campo intermedio le tombe della famiglia di Attilio Muggia, importante architetto e progettista della Sinagoga del 1928, e l’edicola Finzi, pregevole esempio di architettura modernista realizzata dall’architetto Enrico De Angeli.
Cronologia storica del Cimitero Ebraico della Certosa di Bologna
1867: apertura 1° campo 1930: apertura 2° campo 1956: apertura 3° campo