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Mattioli, Cgil E-R: “Italia, una bomba sociale che rischia di deflagrare da un momento all’altro”


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La situazione economico produttiva del nostro paese, le manovre depressive di questo Governo, lo stato di crisi nel quale si trovano intere filiere produttive e l’imminente conclusione per tante realtà del polmone degli ammortizzatori sociali, il continuo permeare della delinquenza organizzata nel sistema finanziario-economico-produttivo, la mancanza di ruolo della politica, la decadenza etica della rappresentanza, sono le cause di un malessere che rischia di tramutarsi in vera e propria reazione sociale alla quale nessuno sarà in grado di sottrarsi e tutti saranno chiamati a pagarne le conseguenze.

Se a questo aggiungiamo il bieco sfruttamento dei lavoratori perpetrato nelle diverse forme possibili, dalla mancata applicazione dei contratti all’attacco sistematico ai diritti fondamentali come un salario equo e dignitoso, dall’impossibilità di poter decidere sul proprio futuro alla mancanza di un posto di lavoro sul quale programmare la propria vita, dal caporalato al fatto di essere soggetti invisibili senza rispetto della dignità umana, il rischio deflagrazione è sempre più evidente.

Alle centinaia di vertenze aperte sul territorio nazionale, che vedono coinvolti circa 500.000 lavoratori in cassa integrazione di cui 50.000 in Emilia Romagna, si aggiungono in queste settimane vere e proprie rivolte dei lavoratori più sfruttati, che tutti i giorni fanno anche i conti con il fatto di non essere riconosciuti come cittadini, persone.

E’ il caso dei lavoratori immigrati che raccolgono il pomodoro nel Salento a 3,5€ a cassetta comprensivi del pizzo che devono pagare ai caporali, dei lavoratori egiziani che fanno i facchini a Piacenza con buste paga di 1,67 al mese (proprio così un euro e sessanta sette centesimi) con i caporali che decidono quando uno può lavorare, dei lavoratori indiani di Reggio Emilia che si sono rifiutati di lavorare senza l’applicazione del contratto nazionale, delle lavoratrici cinesi di Rimini che lavoravano con un salario di 4,5 all’ora.

In diversi casi l’azione del sindacato, della Cgil, ha permesso il ripristino della legalità e dell’applicazione dei contratti, ma ormai è l’intero sistema produttivo che è malato ed è parzialmente connivente con situazioni di vera e propria illegalità.

E’ ormai indispensabile, vitale per il paese, che si crei un blocco sociale, realmente alternativo a questo modello, costituito da forze sociali, istituzioni locali, rappresentanza politica, che su alcune parole d’ordine come legalità, democrazia, sviluppo eco-compatibile e socialmente sostenibile, lavoro, si mobiliti e dia la spallata a questo sistema.

A nulla servono appelli al senso di responsabilità, patti che non fanno i conti con la realtà.

Dobbiamo rilanciare, a partire dalla Cgil, un’idea di paese che tuteli realmente le fasce più deboli che in questi anni sono quelle che, da sole, stanno pagando la crisi; in caso contrario saremo di fronte ad una “rivolta” sociale i cui effetti non sono prevedibili.

(Antonio Mattioli, Segretario Regionale Cgil Emilia Romagna – Responsabile delle politiche contrattuali)