(Adnkronos Salute) – Quasi il 40% delle donne sieropositive scopre tardi di essere stato colpito dall’Hiv, spesso quando l’Aids è già malattia conclamata. Un fenomeno – tecnicamente detto dei ‘late presenter’ (persone che giungono tardivamente alla diagnosi) – in crescita e particolarmente preoccupante. Il tema ‘Donne e Hiv’ è al centro del convegno in programma oggi dalle 16 alle 19 al Senato (Sala Capitolare, Piazza della Minerva 38), alla vigilia della Giornata mondiale contro l’Aids.
Le donne, inoltre – sottolineano gli esperti – presentano condizioni biologiche che le rendono più esposte al virus: sono due volte più a rischio di contagio in un rapporto non protetto rispetto all’uomo. Da qui l’importanza della diagnosi precoce, anche rendendo più facile l’accesso al test. I ‘late presenter’ da un lato traggono minori benefici dalle terapie antiretrovirali perché il loro sistema immunitario è già compromesso, dall’altro possono assumere comportamenti a rischio e infettare altre persone senza esserne consapevoli. Paradossalmente l’estrema tutela della privacy e i vincoli burocratici fissati dalla legge 135 del 1990 (con troppi moduli di consenso informato da compilare) possono rendere ‘ostico’ il test.
“Il 70% delle donne – afferma Antonella d’Arminio Monforte, direttore della Clinica di malattie infettive del San Paolo di Milano – viene infettato da un partner stabile, mentre il 76% dei maschi contrae il virus durante un rapporto occasionale. E’ quindi l’uomo che normalmente ‘porta’ la malattia all’interno della coppia”.
“Ogni anno – aggiunge Cristina Mussini, direttrice della Clinica delle malattie infettive del Policlinico di Modena – nel nostro Paese si registrano 4.000 nuovi casi di infezione da HIV: 12 ogni giorno, uno ogni due ore. Almeno un terzo riguarda le donne”. Dopo 30 anni dall’inizio dell’epidemia sono quasi 16 milioni nel mondo le donne sieropositive, la maggior parte in età fertile. Per queste ultime il virus è diventato la principale causa di malattia e morte. In Europa è in costante aumento il numero di donne colpite: il 35% delle nuove diagnosi riguarda infatti la popolazione femminile. “Ciononostante sono sottorappresentate negli studi clinici”, evidenzia Mussini. “Sono necessari più dati, specialmente di lungo termine, per valutare la risposta al trattamento antiretrovirale nelle pazienti con Hiv e migliorare la gestione della malattia – prosegue – I farmaci utilizzati in terapia sono spesso sperimentati in giovani maschi, pertanto è difficile capire a priori come possano interferire con l’organismo femminile. Vi sono inoltre peculiarità legate allo stato di sieropositività femminile che vanno dal desiderio di maternità alla scelta del contraccettivo adatto. Ad esempio, poche sanno cosa significa avere un figlio essendo Hiv positive e che le attuali terapie antiretrovirali possono proteggere il nascituro”.
Le persone che scoprono di avere il virus hanno un’età media di 39 anni (i maschi) e di 35 (le femmine). “I dati del Sistema di sorveglianza – spiega Stefano Vella, direttore del Dipartimento del farmaco dell’Istituto superiore di sanità – sottolineano l’urgenza di avviare campagne di sensibilizzazione per incoraggiare l’adozione di comportamenti sessuali sicuri, in particolare tra i giovani e la popolazione femminile, e di effettuare il test Hiv di routine alle donne in gravidanza per ridurre il rischio di trasmissione dell’infezione sia attraverso i rapporti sessuali che da madre a bambino”. Per rispondere all’emergenza femminile “è stato attivato ‘She’ (Strong, Hiv Positive, Empowered Women) – conclude d’Arminio Monforte, membro del comitato di She – il primo programma educazionale in Europa rivolto alle sfide sempre più grandi che le donne con Hiv devono affrontare. L’iniziativa si basa sul supporto fornito dalle ‘pari’, cioè da donne nella stessa condizione clinica. Ricerche scientifiche mostrano che le informazioni provenienti dai gruppi di auto-aiuto risultano particolarmente credibili, affidabili e influenti”. Il progetto include l’Italia ed è realizzato con la collaborazione delle associazioni di pazienti.