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Al Teatro Gonzaga ‘Ilva Ligabue’ di Bagnolo, Giulia Lazzarini in ‘Muri – prima e dopo Basaglia’

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Venerdì 13 Gennaio alle ore 21, al Teatro Gonzaga ‘Ilva Ligabue’ di Bagnolo, Produzione Teatro della Cooperativa in Coproduzione con Mittelfest, con il sostegno di Regione Lombardia-progetto Next e il sostegno della Provincia di Trieste, presentano Giulia Lazzarini in “MURI – prima e dopo Basaglia” testo e regia Renato Sarti; scene e costumi Carlo Sala; musiche Carlo Boccadoro; progetto luci Claudio De Pace.

“Camicie di forza, somministrazione in dosi massicce di psicofarmaci, lobotomia, elettroshock. Questo era il manicomio prima della grande rivoluzione attuata da Basaglia: un luogo di isolamento in cui sui ricoverati (ma sarebbe più giusto adoperare la parola ‘internati’) si perpetrava ogni tipo di violenza e di tortura.

Nel 1972 avevo appena incominciato a recitare in un piccolo gruppo teatrale a Trieste e la direzione dell’Ospedale Psichiatrico Provinciale ci concesse l’uso del teatrino situato nel comprensorio manicomiale a condizione che, durante le prove e gli spettacoli, fosse consentito l’accesso agli utenti. Per un anno mi ritrovai in un mondo di cui poco sapevo e del quale avevo solo un lontano, vago ricordo: uno zio di mio padre morto in quell’ospedale nel 1955. Durante le prove, nel teatro entravano spesso persone ricoverate. Fra queste c’era Brunetta, una ragazza lobotomizzata, che aveva marchiata sul suo volto tutta la violenza di cui le istituzioni sono capaci: pochi denti, occhi infossati, cicatrici. Insieme a una parte del cervello le avevano tolto anche la capacità di camminare diritta e l’uso della parola. Ciondolava in avanti, braccia a penzoloni, si esprimeva a mugugni, come una scimmietta. Si sedeva con noi e chiedeva solo quello che per anni le era stato negato: comprensione, rispetto, dolcezza. Ogni gesto di affetto lo ricambiava con un sorriso, seppur sdentato, meraviglioso.

Nel 1974 sono venuto a Milano a fare teatro. Brunetta non c’è più da parecchi anni, ma i suoi sguardi e la sua storia fanno indelebilmente parte della mia.

L’anno scorso, in occasione del trentennale dell’entrata in vigore della legge Basaglia, raccolsi alcune testimonianze con l’intento di ricavarne un testo che partisse dall’altra parte della barricata, dalle infermiere. L’aspetto più significativo della ricerca è stato comprendere quanto l’esperienza basagliana abbia non solo scardinato le ipocrisie e le arretratezze della società italiana, ma anche sbriciolato convinzioni che riguardavano la sfera dell’intimità e del personale.

Come diceva Saba, il dolore è eterno, ha una voce e non varia. Nel momento in cui il rispetto, la disponibilità e il dialogo prendevano il posto della prigionia e dei maltrattamenti, le lacerazioni che avevano segnato la vita dei matti facevano emergere, come in un inesorabile sistema di vasi comunicanti, le sofferenze delle persone normali, che avrebbero dovuto curarli.

La mansione principale del personale ospedaliero con l’arrivo di Basaglia non era più soltanto custodire, pulire, reprimere, ma diventava confrontarsi, dialogare, ascoltare. E allora, inevitabilmente, si metteva in moto un meccanismo, in cui il confine che separa la ‘normalità’ dalla ‘follia’ rivelava tutta la sua precarietà.

La protagonista del testo rivive la sua esperienza di tre decenni, riflette su quello che ha visto e vissuto in ospedale e lo fa con una nostalgia particolare (quela del poeta, quela che te sa tropo ben che non pol tornar), ma soprattutto con la lucidità estrema, quasi spietata, di chi si rende conto che la spinta di quegli anni si è affievolita e rischia di finire inghiottita dall’indifferenza che – in un brusio inquietante di antenne e motori – sempre più ci avvolge e ottunde”. (Renato Sarti)

Teatro Gonzaga”Ilva Ligabue” Piazza Garibaldi, 1 – Bagnolo in Piano (RE)- 334/9316533 teatroligabue@email.it