Home Attualita' Il sindaco di Bologna, Virginio Merola, in ricordo di Guido Fanti

Il sindaco di Bologna, Virginio Merola, in ricordo di Guido Fanti

# ora in onda #
...............




Le parole del sindaco di Bologna, Virginio Merola, ai familiari, alle autorità civili, militari e religiose, ai consigliere e consiglieri comunali provinciali regionali, ai cittadini e alle cittadine in ricordo di Guido Fanti.“Guido  Fanti  ci  ha  appena lasciato e già ci rendiamo conto di quanto sia
stridente  parlare di lui al passato. Perché Fanti vive il presente come il
tempo  dell’azione  e  dei  progetti  e  ti  fa  vivere il passato non come
rievocazione nostalgica, ma come campo di riflessione per affrontare meglio
il futuro. Ne  ho  avuto  una  recente  conferma  diretta lo scorso Natale quando sono andato  a  trovarlo  per  gli  auguri:  mi  ha  intrattenuto  a  parlare di iniziative  da  fare  in  primavera sul tema della città metropolitana e lo sviluppo  di  Bologna:  mentre parlava si rianimava e gli occhi diventavano
vivi  e  lucidi  come  se stesse ritrovando, dopo una pausa forzata, la sua
vita vera.

Quando  si  parla  con  Fanti  si  fatica  a  distinguere la differenza tra
politica e amministrazione, perchè il tema è sempre Bologna.
Bologna  prima  di tutto e quindi prima di tutto un’attività amministrativa
capace  di  interpretare  il  futuro  della  città, a partire da uno studio
approfondito  della situazione, dall’attenzione per un’analisi rigorosa dei
dati  e  dei  problemi  attuali, per delineare poi un progetto, un percorso
concreto di politiche settoriali capaci di dare una risposta d’insieme.
E  questa  attività  di  elaborazione  di  obiettivi e proposte richiede il
coinvolgimento  di  esperienze  e  finalità  diverse,  di rappresentanti di
interessi e punti di vista differenti.
Fino all’ultimo Guido Fanti ha riproposto questo metodo e questa volontà di
costruzione  di  un’idea per la nostra città, con l’insistenza sul fatto di
delineare  la  prospettiva  di un tempo lungo, almeno per i prossimi trenta
anni.
Non  era  il  suo un approccio inventato a tavolino. Poggiava su una storia
vissuta   e  praticata   nella politica e nell’amministrazione della nostra
città  a  partire dagli anni ‘60. Gli anni che lo videro tra i protagonisti
della vita politica cittadina fino a diventare nostro sindaco.
I  primi  anni  sessanta sono gli anni del rinnovamento politico, a partire
dalle vicende della più importante forza politica della sinistra bolognese,
il  PCI,  che finalmente affronta l’avvicendamento del gruppo dirigente, il
post  ottavo  congresso  e  la  destalinizzazione.  Le  ripercussioni sulla
politica   amministrativa  sono  evidenti  e  dovranno  essere  oggetto  di
riflessione e di studio .Guido Fanti, con altri dirigenti e amministratori,
è  protagonista di questa politica e la sua azione concorre ad allargare il
consenso  politico di tutte le forze del lavoro, dei ceti medi, di tutto il
mondo della produzione alla sinistra che governa la città.
E’  lui  stesso a sottolinearlo, in un’intervista rilasciata nel 2006 dove,
rievocando  le  scelte  lungimiranti di quel periodo, parla dell’importanza
del  documento  programmatico elaborato tra il 1962 e il 1963 con la giunta
di Giuseppe Dozza, documento che allora fu chiamato “ Progetto  2000”.
Insiste sul lavoro di gruppo dei trentenni di allora che  collaboravano per
costruire  un  progetto condiviso. Era una giunta con molti giovani, con la
quale  Fanti  dialogava,  ed esprimeva una forte presenza di competenze con
esponenti che oggi definiremmo della società civile.
La   generazione   di   questi   giovani,  cui  Fanti  apparteneva,  usciva
dall’esperienza della Resistenza e aveva la guida autorevole di personalità
che si erano impegnate nell’Assemblea Costituente della nostra Repubblica.
E’   stata  una  generazione  attratta   dal  vigore  intellettuale,  dalla
disciplina,  dall’integrità  morale, dal senso di giustizia del PCI, ma che
si  confrontava  con  gli alleati del PSI o gli avversari politici della DC
che pur nel conflitto anche aspro di posizioni, condividevano l’esigenza di
ricostruire  la  città   e  il  Paese, di risollevare la Patria gettata nel
fango  dai  fascisti,  di  trovare convergenze unitarie coerenti con queste
esigenze.
Erano  gli  anni  della  crescita italiana, della sicurezza di un progresso
umano e di un’ascesa il cui limite allora non era dato vedere.
Gli  anni  nei  quali  come  ricorda lo stesso Fanti, Dossetti nella nostra
città  quando faceva critiche o   proposte incalzanti si definiva minoranza
e non opposizione.
Fanti è stato un esponente di quei grandi partiti popolari, radicati tra la
gente,  contenitori  di interessi concreti, ma soprattutto di aspirazioni ,
di  crescita esistenziale, di rapporti umani. Partiti che furono, con tutti
i loro difetti, un fattore propulsivo del paese e della sua democrazia.
Oggi  che  le  forze  politiche  stentano  a  reagire all’antipolitica e al
populismo,  credo  che  ci sia da recuperare da quel passato e dall’esempio
della vita di persone come Fanti soprattutto questo:

La   forza   di   scelte   lungimiranti,    anche  se  in  un  primo  tempo
controcorrente,  la  passione di vivere pienamente la politica come impegno
civile  e  democratico,  come  servizio  ai  cittadini.  Con la capacità di
aprirsi  alla partecipazione, alla condivisione degli obiettivi per il bene
comune,  con  un  rapporto  alla pari con l’associazionismo democratico e i
movimenti  sociali  e  civili.  In  fondo,  cosa  fecero queste persone che
ricostruirono  il nostro Paese e lo avviarono alla crescita moderna, se non
quello  che  oggi  invoca,  ad  esempio Daniel Cohn-Bendit quando dice: “E’
necessario   ripoliticizzare  la  società  civile  e.  allo  stesso  tempo,
civilizzare la società politica?”.

E  lo dovremo fare anche noi,  trovando la nostra strada, che non potrà più
essere  quella  della  certezza  del  progresso inscritto nelle leggi della
storia  o  la  riproposizione  di  modelli  di  partiti  come  quelli della
giovinezza di Fanti.
Ma  di  certo  sarebbe  importante  recuperare  da  quel  tempo, oltre alla
ritrovata  passione e al senso della missione del proprio impegno politico,
anche una cultura importante per la riforma democratica dei partiti attuali
e  delle nostre istituzioni: la cultura del noi.
In  questi  giorni  mi  è  tornata  in  mente  una  sua telefonata dopo una
intervista   che   avevo   rilasciato   ad  un  giornale,  mi  disse:  bene
l’intervista, ma troppi io, devi dire più spesso noi.

Su questo mi convinceva: la democrazia cresce e si allarga si rinnova tra i
cittadini  e  se  le  forze politiche ritrovano la capacità di dire noi, di
fare  insieme,  di  riscoprire  il  senso  del  limite e anche le gerarchie
necessarie  tra  le  proprie  ambizioni  personali  e  il  bene  comune. Mi
convinceva,  anche  se gli obiettavo che la politica nuova di questo secolo
deve  trovare  un  equilibrio  migliore  tra l’io e il noi, tra individuo e
collettivo  e  che  molto  il  rinnovamento   della  sinistra deve prendere
dall’idea di persona che ci ha consegnato il cattolicesimo democratico.

Sempre   nell’intervista   che   ho   citato   Fanti   evidenziava,   come,
progressivamente,  dalla  metà degli anni settanta fino ad oggi la politica
si  è  caratterizzata  sempre  più  attorno  ad una sola persona che spesso
autoorganizza  il  proprio staff o il proprio partito o la propria corrente
come gruppo di yes man, dedito ad attuare le decisioni del capo .
Abbiamo  potuto  tutti toccare con mano, in questi ultimi anni i rischi per
la  democrazia  di un eccessivo personalismo. Guido Fanti, come altri della
sua  generazione,  è  stato  nelle  sue  diverse  esperienze  politiche  ed
istituzionali,  un  capitano  coraggioso  di  equipaggi  fantastici, che ha
saputo  esprimere  la  sua  forte  personalità nel confronto, nell’ascolto,
nella  capacità  di  mediazioni  efficaci per le loro conseguenze concrete,
senza alcuna aspirazione ad essere “un uomo solo al comando”.

La  nostra  città  governata  dal  Sindaco  Fanti  ha  saputo  fare  scelte
importanti  e lungimiranti innovando e dando attuazione ai progetti di quei
giovani trentenni:

–  il  piano  regolatore  generale  per il centro storico e la tutela della
città  antica  e  della  sua valorizzazione patrimoniale e turistica, che è
stata un esempio ammirato negli anni successivi;

–  le  varianti  urbanistiche  per  l’attuazione  del  piano per l’edilizia
economica  e  popolare  da  Borgo  Panigale  al  quartiere Fossolo  meta di
urbanisti  da tutto il mondo per molti anni;

– la salvaguardia della collina e il riconoscimento del suo valore naturale
e paesaggistico.

– il progetto del Fiera District di Kenzo Tange;

–  il  nuovo  impulso al decentramento nei quartieri come nuove istituzioni
per la partecipazione di cittadini.

–   la   collaborazione   e   il  dialogo  con  la  chiesa,  attraverso  il
riconoscimento  della  cittadinanza onoraria al Cardinale Giacomo Lercaro e
successivamente l’impegno comune per la pace in Vietnam.

Nel  luglio  del  1970  Fanti  si  dimette  da Sindaco, perchè eletto primo
presidente della Regione Emilia-Romagna.
In  tutti i successivi incarichi pubblici l’attività politica di Fanti si è
caratterizzata  come quella di un uomo di sinistra impegnato in particolare
per  le  classi  lavoratrici  e i ceti popolari più deboli. Fanti ha sempre
riservato  grande  attenzione  alla necessità di un’alleanza tra lavoratori
dipendenti  e  lavoratori  autonomi  per costruire la coesione sociale e le
scelte di innovazione.
E  in questi ultimi anni ha spesso sottolineato l’esigenza di un rilancio e
di  un rinnovamento della sinistra con un atteggiamento critico rispetto ai
partiti della sinistra attuale.
Per  lui  sinistra  è  capacità  di  combattere  le  ingiustizie  sociali e
accrescere  la possibilità di emancipazione delle persone, a cominciare dai
lavoratori.
Per  lui  la politica è impegno per cambiare in meglio la propria vita e il
mondo:  per  questo  si  prende  parte e si aderisce ad un partito, contro
l’indifferenza e la rassegnazione.
Guido  è   una  persona  di  profonde  convinzioni  ideali  e politiche, un
riformista,  convinto   che  la  vera rivoluzione è cambiare la realtà ogni
giorno  nella direzione del progresso e della libertà, dei diritti civili e
dell’eguaglianza.

Anche  per  tutti questi motivi è difficile per noi tutti prendere commiato
da lui.
Ogni persona è qualcosa di unico e di irripetibile.
Ma  ci  sono persone che non vogliamo archiviare come una storia che non si
ripete.  Perché  continuare  a  farle  vivere  non  è  solo  un  dolore,  è
soprattutto  un  conforto  che  ci  aiuta  a tenere accesa  la fiducia e la
speranza  in un mondo migliore.

Ciao Guido e grazie”.