L’analisi dei sindacati del commercio Filcams/Cgil Fisascat/Cisl Uiltucs/Uil di Modena sui primi mesi di liberalizzazione degli orari commerciali. Il documento è stato presentato stamane dai segretari di categoria Marzio Govoni (Filcams/Cgil), Lilliana Castiglioni (Fisascat/Cisl) e Alberto Zanetti (Uiltucs/Uil) che hanno anche annunciato lo sciopero dei lavoratori di tutto il commercio in provincia di Modena in occasione di aperture nei giorni di Pasqua (8 aprile), Pasquetta (9 aprile), 25 Aprile, 1° Maggio, 2 Giugno.
I primi mesi di deregulation degli orari commerciali nella Provincia di Modena – analisi di Filcams CGIL, Fisascat CGIL, Uiltucs Uil
L’OCCUPAZIONE
I lavoratori dipendenti del commercio modenese sono circa 48.000
Di questi lavorano nella Grande Distribuzione (comprese le Gallerie dei Centri commerciali), circa in 15.000
Le assunzioni nel commercio ogni anno sono mediamente 6.000
Delle assunzioni solo una minima parte sono col tradizionale tempo pieno ed indeterminato, meno del 10%
Le cessazioni (dimissioni, pensionamenti, licenziamenti) sono pari alle assunzioni: quindi in un anno circa 6.000
La deregulation sugli orari ha portato un maggiore utilizzo degli impianti, in molte situazioni, di 17 ore settimanali (da 85 a 112) pari al 20% in più di ore di apertura.
In termini occupazionali le assunzioni dichiarate per rispondere alle maggiori aperture, compresi i part-time a 8 ore settimanali a tempo determinato, e le assunzioni sempre a part-time per 3 mesi, sono al momento non più di 50/60 nell’intera provincia (circa 20 tempi pieni equivalenti) pari al massimo ad uno 0,1% degli addetti del commercio e allo 0,4% degli addetti della sola Grande Distribuzione.
In sintesi un “utilizzo degli impianti” del 20% in più e una maggiore occupazione (tutta da verificare e soprattutto precaria ed a orario minimo) vicina allo zero.
GLI INCASSI
Difficile fare valutazioni in una fase recessiva come quella che attraversiamo. Vale quanto affermato da più soggetti.
Rete non alimentare: effetto zero, scarso utilizzo della estensione orari.
Rete alimentare piccola e media: incrementi tra lo zero ed il 2%, ma in arretramento progressivo dopo l’effetto novità ed incassi che non giustificano i maggiori costi. Si trasferiscono vendite dal sabato alla domenica. I risultati positivi sono in gran parte riferibili al superamento della mezza giornata di chiusura.
Ipermercati: Nordiconad ha dichiarato pubblicamente il sostanziale effetto zero, con trasferimento di vendite dal sabato e lunedì alla domenica. Non pare diversa la situazione Coop. Senza promozioni la domenica di apertura non funziona. Inoltre cresce l’effetto “cannibalismo” tra gli Iper Coop e Conad e la rete dei supermercati delle stesse insegne. Cattivi segnali col progressivo miglioramento della stagione.
Gallerie dei Centri commerciali: effetto zero, con un intollerabile aumento di costi del personale che mette a rischio chiusura diverse realtà. RISCHIO OCCUPAZIONE. CRESCONO LE DIMISSIONI ED IL LAVORO NERO E IRREGOLARE.
Commercio già in precedenza liberalizzato: dove l’apertura domenicale era già possibile e praticata sono segnalate significative minori vendite domenicali.
In sintesi: EVIDENTE L’ASSENZA O CARENZA DI RISULTATI ECONOMICI, ANNULLATI DAI MAGGIORI COSTI CHI PAGA ? CHI CI RIMETTE ?
I consumatori, sui quali si trasferisce il maggior costo sostenuto dalle imprese per il lavoro domenicale.
Aumentano i prezzi per recuperare i margini. La domenica si lavora in perdita.
I lavoratori, che hanno visto un netto peggioramento delle condizioni di lavoro e di qualità della vita.
CRESCONO LE DIMISSIONI DI LAVORATRICI, COSTRETTE AD ABBANDONARE IL LAVORO DALLA INCONCILIABILITA’ TRA QUESTO E LA VITA PERSONALE E FAMILIARE .
Crescono inoltre i segnali di sofferenza economica delle piccole imprese commerciali, dove lavorano la maggior parte degli addetti del settore.
Le Amministrazioni Locali, private di ogni potere in merito al commercio, e dove un Sindaco deve chiedere ai negozianti la cortesia di far rispettare il Natale o il 1° maggio.
Le aziende della Grande Distribuzione prigioniere del mostro “ideologico” che hanno creato.
Ha detto un operatore del settore: “Se apro ci rimetto, ma se non apro ed apre il mio concorrente ci rimetto comunque”.
COSA BISOGNA FARE ?
E’ ESSENZIALE CAMBIARE UNA LEGGE ROZZA E SBAGLIATA
Questo non vuol dire tornare alle regole precedenti.
Si può prevedere una maggiore flessibilità ed adattabilità, sulla base delle condizioni territoriali. Ma soprattutto si deve tornare a concertare in sede locale, superando la totale deregulation degli orari commerciali.
VANNO RISPETTATE SEMPRE LE DIECI FESTIVITA’ CHE LA LEGGE REGIONALE DELL’EMILIA ROMAGNA DEFINIVA NON DISPONIBILI ALLE APERTURE: 1° gennaio, Pasqua e Lunedì dell’Angelo, 25 aprile, 1° maggio, 2 giugno, 15 agosto, 1° novembre, Natale e Santo Stefano.
LA RISPOSTA SONO I CALENDARI DI APERTURA DOMENICALE A ROTAZIONE
E’ UNA RISPOSTA AL CONSUMATORE CHE NON DANNEGGIA I CONSUMATORI STESSI, I LAVORATORI E LE IMPRESE





