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Andrea e Senad: 48 ore di attesa: Cécile Kyenge sul caso dei ragazzi nati in Italia al Cie

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Nuova udienza per il caso Andrea e Senad: i due fratelli nati a Sassuolo, ma di genitori bosniaci, ora richiusi nel Cie di Modena. Su di loro pesa il prolungamento del trattenimento a 18 mesi secondo l’art 14 comma V del pacchetto sicurezza, motivato da un permesso di soggiorno emesso a Rovigo che fa fede al loro inserimento nel passaporto dei genitori, risalente al 1998, quando ancora esisteva l’attuale ex Yugoslavia. Il giudice di pace toglierà la riserva entro 48 ore pronunciandosi sull’eventuale trattenimento o sulla scarcerazione richiesta dall’avvocato Lunari che si è appellato all’incostituzionalità dello stesso. L’avvocato è inoltre intenzionato portare il caso in Cassazione.

“E’ assurdo che si motivi una limitazione della libertà personale riferendosi a uno stato attualmente inesistente per ovvie ragioni storico politiche: la Bosnia non li ha mai censiti, a differenza dell’anagrafe italiana che attesta i documenti comprovanti la loro nascita a Sassuolo – ha commentato Cécile Kyenge, responsabile regionale del forum immigrazione del Pd e portavoce nazionale della rete Primo marzo, all’uscita dal tribunale – ed è ugualmente atroce che la legislazione nazionale permetta che si prolunghino i tempi di permanenza nei Cie oltre l’anno che è il tempo massimo concesso anche ai carcerati che sono in attesa di processo per reati penali gravi. I Cie si riconfermano essere carceri etniche degne delle leggi razziste dove viene rinchiuso chiunque, anche se nato in Italia. Si deve fare chiarezza sulla tipologia della persone rinchiuse nei centri cercando di capire quanti siano gli Andrea e Senad privati dei diritti e della libertà personale. Per accertare il loro stato di apolidìa si sta attualmente interessando al caso anche l’ufficio nazionale dell’Unhcr sui rifugiati che mi ha contattata la scorsa settimana perché è un rischio che grava su altri casi”.

 (foto presidio dal Giudice di pace per Andrea e Senad)