La deriva di una gran parte del sistema cooperativo verso un turbine di proprietà fondiaria, cemento e debiti lo denunciamo da anni. Recenti crisi aziendali, molto profonde, hanno tracciato un solco nel nell’immagine pubblica di solidità, solidarietà ed efficacia dell’azione economica delle coop. La precarietà lavorativa imperante in tutti i settori, non solo quell’edilizio, ha offuscato il ruolo sociale importantissimo della cooperazione. Il guado dato dalla crisi economica, dai debiti, dalla monocoltura del cemento e dalla conseguente mancanza di alternative industriali deve allarmare non solo il mondo cooperativo, ma anche la politica.
Si va dalle conseguenze per la collettività di investimenti abnormi, frutto di scelte urbanistiche degne del secolo scorso, lasciati a metà strada con la miopia complice degli amministratori comunali. Si passa per le coop come grandi datori di lavoro, sempre più indiretti nelle catene di subappalto, che ha già avuto un contraccolpo fortissimo con la crisi di un’edilizia insostenibile. Fino ad arrivare a tutte le relazioni economiche, sociali e finanziarie che legano i cittadini e le famiglie alle cooperative.
In questo quadro ogni attore deve fare la sua parte. Gli amministratori pubblici hanno il dovere di sfavorire la vecchia speculazione edilizia e di imporre un nuovo modo di lavorare, di assecondare i nuovi bisogni virtuosi e di richiedere un’offerta industriale più flessibile, che ponga il rispetto del territorio al centro. Dall’altra parte ci devono essere passi decisi nella stessa direzione. Sono le coop che devono puntare tutto una nuova offerta, rivolta sia a soggetti pubblici che privati, conveniente e di qualità, e non barcamenarsi in un modo di costruire che risulta imbarazzante se solo confrontato con alcune realtà vicine. Parlare a Reggio di edifici in classe energetica A viene ancora presa come un’utopia, quando a 30 km da noi si realizzano e vendono solo abitazioni che hanno queste caratteristiche.
I recenti eventi sismici della nostra regione ci dicono che c’è un enorme bisogno di consolidare l’esistente e di puntare sulla sicurezza idrogeologica. I cambiamenti climatici imporranno alla nostra agricoltura importanti adeguamenti nel consumo idrico, visto che è una delle più idrovore di tutta l’Europa. L’agricoltura, abbandonata dall’interesse di gran parte della cooperazione se non quando si trattava di cementificare qualche bel riquadro di campagna, va vista di nuovo per quello che era: il pane quotidiano.
Il segnale del cambiamento lo avremo quando si chiederà di rimuovere i diritti edificatori su qualche terreno, mentre ancora assistiamo a nuove proposte di cemento, in una continua rincorsa tra debito e valore fondiario. Al momento tutto volge in senso opposto.
(Matteo Olivieri, Consigliere Comunale Lista Civica Reggio 5 Stelle Beppegrillo.it)