Un nuova arca, per salvare il grande patrimonio rappresentato dalle antiche varietà vegetali e razze animali della nostra terra che rischia di scomparire, ma che la Provincia di Reggio Emilia vuole assolutamente conservare, tutelare e valorizzare. Sono ben 42 le specie individuate al termine di un meticoloso lavoro di ricerca condotto negli ultimi anni, che ha portato alla pubblicazione del Catalogo della biodiversità reggiana, presentato questa mattina all’hotel Posta dall’assessore all’Agricoltura Roberta Rivi. Nel Catalogo, che resta aperto a nuove indicazioni, diverse curiosità per le nuove generazioni (e riscoperte per chi è più anziano), in ogni caso specie meritevoli di essere conservate, compito affidato ad un nucleo di “agricoltori custodi” che si affiancano ad istituzioni di ricerca e scolastiche. Tra gli animali della biodiversità agraria reggiana c’è ad esempio la notissima Vacca reggiana, ma anche il Colombo cravattato meglio noto come Reggianino (Arsaneìn), e se molti sono a conoscenza della “reggianità” del Cavallo del Ventasso, la cui origine pare legata agli allevamenti per la cavalleria guerresca dell’antica Valle dei Cavalieri, probabilmente molti meno sanno che da noi si è costituito il primo nucleo del Cavallo appenninico, ora diffuso su gran parte del territorio nazionale.
Tra i seminativi non mancano le specie che suscitano curiosità, vuoi per il nome, vuoi per la forma e l’uso: ecco allora ricomparire dal passato l’Anguria da mostarda, ma anche l’antichissimo Grano del Miracolo o il semiduro Frumento Poulard di Ciano, il Melone rospa così bitorzoluto da sembrare una zucca mentre la zucca ‘reggiana’ per eccellenza somiglia e porta il nome di Cappello da prete. La montagna dispone di diverse varietà di castagne, tra le quali la Masangaia già citata dal grande agronomo Filippo Re, la Mela pesca che deve il nome più al profumo che al colore, mentre la località di Montericco di Albinea dà il nome oltre che ad una nota varietà di Lambrusco anche ad una meno nota varietà di olive. Abbiamo anche una Pera nobile e, tra i vitigni, sono piuttosto conosciuti Fogarina e Spergola, ma nel 1840 si elencavano 108 varietà nella nostra provincia, tra le quali si cerca di salvare ad esempio la Termarina, che oltre che per il vino era soprattutto uva per fare marmellate o la mitica “saba”, mentre tra le bianche curioso è il nome della varietà Occhio di gatto.
Insomma, un campionario significativo che però non rende appieno l’idea della grande ricchezza che un tempo contrassegnava il territorio reggiano, e che questa iniziativa della Provincia cerca di riportare a galla, diffondendo una sensibilità al problema che potrà dare altri frutti in futuro.
In una Sala del Capitano gremita da oltre cento persone, questa mattina si sono alternati ad illustrare la biodiversità reggiana l’assessore provinciale all’Agricoltura Roberta Rivi, la vice presidente di Navdanya International Maria Grazia Mammuccini, il presidente della fondazione Slow Food per la biodiversità Piero Sardo, coordinati da Mirco Marconi, insegnante allo Zanelli, una delle istituzioni coinvolte nel progetto di salvaguardia della biodiversità locale. A concludere l’iniziativa è stato l’assessore regionale all’Agricoltura Tiberio Rabboni che ha sottolineato l’impegno della Regione Emilia-Romagna per la biodiversità. E’ stato ricordato come il 75% della biodiversità su scala mondiale sia già andata o rischi di andare perduto, mentre per quanto riguarda i semi oggi cinque società nel mondo controllano e determinano il mercato ed invece le varietà locali non sono protette ed anzi le stesse norme europee tendono ad ostacolarne la diffusione e lo scambio. E’ importante, è stato sottolineato, che la biodiversità sia invece libera.
Molto interessanti sono stati anche gli interventi nel dibattito, che hanno riportato le esperienze reggiane, dal recupero della Vacca rossa, al fornaio che ha ripreso ad utilizzate i grani antichi per fare il pane, ritrovando gli aromi ed i profumi che non si sentono più, alle ricerche sulla Cornella bianca, pecora del nostro Appennino, all’origine di tradizioni specifiche di alcune aree della nostra montagna.
I custodi delle specie in via d’estinzione
Questi i 42 (finora) custodi delle specie animali e vegetali reggiane a rischio estinzione, che potranno contare su un contributo grazie alla Legge regionale per la tutela della biodiversità: Luciano Catellani (Antica corte vacche rosse); Giovanni Sassi (Fattoria Canada); Matteo Catellani (Grana d’Oro); Giorgio Davoli; Stefano Benatti (Il Cantone); Ivanno Casolari; Silvio Francia; Luca Conti; Renato Zanelli; Marco Prandi; Corrado Agoletti; Delfino Gianferrari; Adriano Daolio; Claudio Grasselli; Nello Notari; Maria Cristina Cavazzoni; Leo Ganassi; Tino Sorino (Ortoflorovivaistica L’Agraria); Sara Laberenti (azienda agricola Varo); Mirco Pizzino (azienda agricola Il Pichello); Andrea Ferretti (cooperativa agricola La Collina); Pietro Ghirardini (La Lucerna sca); Natalino Scarlassara; Emiliano Bedogna; Anna Brevini (Bosco del Fracasso); Aldo Rinaldi (Bargello); Dante Pecchini; Andrea Villani (Il Castellazzo); Alcide Zambelli; Amilcare Alberici; Andrea Artoni; Maria Angela Andreoli; Luigi Artoni; Lino Baldo; Remigio Bertozzi; Giuseppe Dosi; Giulio Mori Barigazzo; Giovanna Neghini; Fabio Simonazzi; Enzo Soliani, Franco Sirocchi e Tino Sorino (Vivaio Antico Podere).