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Una ricerca modenese punta i riflettori su un nuovo fattore di rischio cardiovascolare nei pazienti affetti da ipertensione


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Uno studio di ricercatori modenesi dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia consentirà di migliorare nella popolazione anziana ipertesa la prevenzione di eventi cardiovascolari mortali quali ictus e infarto cardiaco.

E’ noto che un anomalo calo pressorio dopo il pasto può essere indice di disfunzione del sistema nervoso autonomo, che è implicato anche nel controllo della pressione arteriosa. Ma, è ancora più anomalo quando il calo pressorio si evidenzia nei pazienti ipertesi dopo la colazione del mattino. E’ quanto è emerso dallo studio “Variazioni della pressione arteriosa indotti dal pasto e mortalità cardiovascolare in una popolazione anziana con ipertensione arteriosa: risultati preliminari”(autori: Andrea Zanasi, Enrico Tincani, Valeria Evandri, Paolo Giovanardi, Marco Bertolotti, Giuseppe Rioli), promosso dall’ambulatorio di CardioGeriatria dell’Unità Operativa di Geriatria presso il Nuovo Ospedale S.Agostino-Estense di Baggiovara, che ha valutato questa entità clinica in anziani ambulatoriali al fine di stabilirne la prevalenza e le associazioni e di verificare nel tempo se tale condizione poteva influire sullo stato di salute.

Da gennaio 2005 ad agosto 2009 sono stati coinvolti nello studio 401 soggetti anziani ipertesi ambulatoriali, nei quali il comportamento della pressione arteriosa è stato valutato mediante il monitoraggio pressorio nelle 24 ore. I pazienti annotavano in un diario la composizione quantitativa e qualitativa dei pasti ed i farmaci antiipertensivi assunti durante la giornata. Nel corso dello studio 68 di questi anziani sono deceduti e la metà di loro per malattie cardiocircolatorie.

L’analisi dei dati raccolti ha permesso di individuare, per la prima volta nella letteratura mondiale, che, in questo gruppo di soggetti, un calo pressorio dopo la colazione è risultato essere il principale fattore di rischio per mortalità cardiovascolare: questa condizione si è rivelata molto più precisa di altri indici “scientificamente già affermati” come la pressione differenziale. E’ stata inoltre la prima volta che un gruppo di studiosi ha esteso la ricerca del calo di pressione ai tre pasti principali delle 24 ore, non limitandosi al pranzo, applicando anche un rigoroso criterio metodologico che prevede la misurazione automatica della pressione ogni 15 minuti.

La riduzione della pressione arteriosa dopo colazione è verosimilmente espressione di una grave disfunzione del sistema nervoso autonomo e può essere considerata un nuovo fattore di rischio cardiovascolare. La ricerca, oltre alla novità dei risultati, consentirà di sviluppare nuove e più efficaci strategie preventive e terapeutiche; per questo ha suscitato un immediato interesse nella comunità scientifica tanto che è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica Journal of Hypertension.

La buona notizia è che lo studio ha rivelato che i pazienti con pressione arteriosa meglio controllata dalla terapia antiipertensiva manifestano un calo di pressione inferiore dopo il pasto: questo aspetto risulta fondamentale nella cura delle sindrome ipotensive che sono nell’anziano tra le principali responsabili di cadute e fratture, nonché di eventi cerebrovascolari, fino ad ora spesso trattati nella pratica clinica con la riduzione o sospensione dei farmaci antiipertensivi.

“L’assunzione regolare di acqua prima del pasto, circa 350 ml pari a circa 2 bicchieri, – afferma il dott. Andrea Zanasi, autore insieme ad altri Colleghi dell’Unità Operativa di Geriatria – è ancora una delle strategie terapeutiche più efficaci e sicure e poco costose nel ridurre il calo di pressione postprandiale e da ipotensione ortostatica; la diagnosi ed il corretto trattamento dell’ipertensione arteriosa risultano essere il cardine nella prevenzione del danno d’organo espresso dalle disfunzioni pressorie tipiche dell’invecchiamento, tra cui l’eccessivo calo pressorio dopo i pasti”.

“La casistica di soggetti anziani è in costante aumento nei nostri reparti e nei nostri ambulatori, fenomeno ormai palese anche ai non addetti ai lavori. L’anziano – ricorda il prof. Marco Bertolotti dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia, Direttore della Unità Operativa di Geriatria – manifesta delle peculiarità, rispetto al soggetto di più giovane età, che spesso necessitano di un approccio differente e che richiedono esperienza e competenza specifiche. La gestione del rischio cardiovascolare nei pazienti di età avanzata, in particolare pone dei problemi di appropriatezza, soprattutto terapeutica, a cui la letteratura scientifica spesso non è in grado di fornire risposte adeguate. Questi dati sottolineano una volta di più l’importanza di condurre studi metodologicamente corretti in questa popolazione”.