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Ricerca modenese individua fattore di sviluppo della cirrosi epatica e della fibrosi polmonare idiopatica


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Uno studio condotto da una ricercatrice dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, la dott.ssa Lucia Carulli, del Dipartimento di Scienze Biomediche, Metaboliche e Neuroscienze e pubblicato sulla rivista scientifica Hepatology, giornale dell’associazione americana per gli studi sulle patologie del fegato, suggerisce un legame tra la fibrosi polmonare idiopatica (IPF) e la cirrosi epatica criptogenetica (CC), malattie croniche, progressive, difficilmente curabili e che hanno in comune i meccanismi che portano alla loro manifestazione: l’infiammazione e la fibrosi di fegato e polmoni.

L’articolo descrive, per la prima volta, il caso di una paziente affetta da entrambe le patologie e nella quale è stata individuata una mutazione genetica (errore nel DNA) a carico dei telomeri (gene TERT), piccole sequenze di DNA collocate alla fine di ogni cromosoma, che rappresentano una difesa fondamentale contro l’accorciamento che i cromosomi possono subire nella fase di divisione delle cellule e che costituiscono perciò la protezione principale contro l’invecchiamento cellulare.

Il progressivo accorciamento dei telomeri, da attribuire ad una mutazione genetica delle telomerasi, – che in condizioni normali assicurano il mantenimento della lunghezza dei telomeri stessi, impedendone un accorciamento accelerato – potrebbe essere responsabile dell’emergere di queste patologie, poiché conduce ad invecchiamento delle cellule rendendo incapaci i telomeri di favorire la rigenerazione cellulare.

La fibrosi idiopatica polmonare è una malattia per la quale era già noto lo stretto legame con l’accorciamento dei telomeri, mentre per la cirrosi epatica criptogenetica – solo di recente – gli studi avevano suggerito un possibile ruolo delle mutazioni genetiche delle telomerasi nella sua patogenesi.

“Questo è il primo lavoro – ha precisato l’autrice, la dott. ssa Lucia Carulli – che descrive in una sola paziente la coesistenza di un ampio spettro di manifestazioni della sindrome dei telomeri corti (IPF, CC, diabete e aspetto senescente), con una mutazione genetica. Inoltre, questo caso conferma la già nota associazione tra IPF e disfunzione telomerica, ma ancora di più mette in evidenza il coinvolgimento telomerico nell’evoluzione delle malattie del fegato e suggerisce un possibile legame tra steatoepatite (infiammazione del fegato da accumulo di grasso) e cirrosi criptogenetica mediante l’accorciamento telomerico”.

In pratica, stando anche ai dati offerti dallo studio, pazienti con una mutazione genetica dei telomeri potrebbero essere più esposti al rischio di sviluppare malattie di fegato, polmoni, anemie ed altre patologie, soprattutto nei casi in cui a questa base di partenza genetica si associassero obesità e fumo.

Lo studio portato avanti dalla dott.ssa Carulli potrebbe aprire il campo a screening e terapie molecolari in pazienti con mutazioni della telomerasi e candidati per programmi educativi e di sorveglianza sanitaria. Inoltre in individui con queste caratteristiche sarebbe essenziale una raccolta completa della storia personale e familiare per prendere decisioni diagnostiche e terapeutiche e per un counseling genetico.

“La lunghezza telomerica – ha concluso la ricercatrice modenese – potrebbe servire come fattore di rischio predittivo di alcune malattie, infatti una terapia anti-invecchiamento, che abbia come target il sistema telomerico sta già emergendo come nuova strategia terapeutica di alcune patologie croniche. L’interesse per questo lavoro ci è stato dimostrato anche dalla richiesta di collaborazione che ci è pervenuta da colleghi dell’Università di Chicago”.

Lucia Carulli

Laureata in Medicina nel 1994 è attualmente ricercatore presso il Dipartimento di Scienze Biomediche , Metaboliche e Neuroscienze dell’Ateneo di Modena e Reggio Emilia.

Conduce ricerche in merito a metabolismo del colesterolo e degli acidi biliari. Si dedica allo studio di determinati genetiche e metaboliche in diversi modelli di insulinoresistenza come quello della steatosi epatica non alcolica ( NAFLD). Si è occupata e si occupa di obesità. Ha condotto studi sull’approfondimento dell’interazione tra Sistema Simpatoadrenergico e Leptina nell’obesità dell’uomo. Si occupa attualmente anche di sindrome dell’accorciamento telomerico e malattia nell’uomo. Svolge attività assistenziale ed è docente di Metodologia Clinica e Medicina Interna. E’ autore di numerose pubblicazioni su riviste scientifiche nazionali e internazionali.