A seguire una riflessione dei volontari del Gruppo Carcere-Città in occasione e a margine dell’apertura del nuovo padiglione della Casa Circondariale S. Anna.
“Nel nuovo padiglione vengono offerti alle persone detenute più luce, più spazio, la possibilità di muoversi e socializzare con le altre persone del reparto non solo nelle ore d’aria, ma durante tutta la giornata. Anche in cella lo spazio personale è maggiore e ci sono i servizi essenziali.
Sono cose buone, perché la dignità dell’uomo è intangibile e va rispettata e protetta sempre, anche quando una persona subisce una condanna a una pena detentiva in carcere. Lì chiusa, deve avere la possibilità di condurre una vita “umana” e prepararsi a rientrare, diversa da come era prima, in so-cietà, magari usufruendo di possibilità di studio o di lavoro. Quel lavoro che, malgrado gli sforzi dell’Amministrazione Penitenziaria, le sollecitazioni ad enti pubblici e privati, complice anche la crisi economica più generale, manca negli istituti penitenziari riducendo il tempo della pena ad un tempo vuoto, tempo da trascorrere avanti e indietro in corridoi sì più ampi e luminosi, ma ancora nell’ozio, nell’apatia e nella rassegnazione.
Temiamo inoltre che il miglioramento introdotto nel carcere di Modena con l’apertura del nuovo padiglione e la graduale rimodellizzazione del vecchio sia solo parziale e transitorio, perché non so-no state affrontate, a livello legislativo, le cause strutturali del sovraffollamento, legate ad una con-cezione della pena bloccata sulla sola idea carceraria e così le celle si torneranno presto a riempire in modo disumano.
Il carcere è una struttura molto costosa. Per il “tutti in prigione” occorrerebbe essere molto ricchi. E poi i risultati sono scadenti, perché il carcere quasi mai si rivela capace di svolgere il compito che gli è richiesto di responsabilizzazione del detenuto.
Altre soluzioni, previste per reati meno gravi, come pene alternative o sostitutive al carcere, pene pecuniarie, pene interdittive o prescrittive, l’avvio a lavori socialmente utili, modalità di esecuzione ispirate a finalità riparative e restitutorie nei confronti delle vittime dei reati e della collettività, pos-sono rivelarsi molto più efficaci e già ne abbiamo conferme.
Invece di impegnare risorse faraoniche nella costruzione di nuove carceri, per rispondere al problema del sovraffollamento, della dignità della pena insieme alla sua efficacia, sarebbe quindi meglio affrontare la riforma, troppe volte rinviata, del codice penale, riscrivere la normativa sugli stupefacenti e sull’immigrazione, nonché abrogare la legge cd. Ex-Cirielli sulla recidiva, leggi che producono la più alta percentuale di persone oggi in carcere senza peraltro risolvere le questioni epocali che ne stanno a monte. Sarebbe meglio utilizzare quei soldi per costruire luoghi di accoglienza e di recupero su tutto il territorio, creare opportunità di formazione, di lavoro, di crescita personale, di incontro e confronto. Questo consentirebbe di ridurre davvero il sovraffollamento, rendendo un servizio alla collettività in termini di maggior sicurezza, ed evitando sofferenze aggiuntive alla persona detenuta e ai suoi familiari”.